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L’ottimo è nemico del buono

di Francesca Esposito

Numero 190 - Luglio-Agosto 2018

“Di fronte ad un nuovo lavoro emerge in me un forte impulso a voler che tutto sia svolto alla perfezione”, “La mia ambizione è arrivare prima degli altri!”...


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“Di fronte ad un nuovo lavoro emerge in me un forte impulso a voler che tutto sia svolto alla perfezione”, “La mia ambizione è arrivare prima degli altri!”, “Devo essere la migliore madre per mio figlio” “Se non prendo il massimo dei voti sono un cretino”… Vi sarà capitato frequentemente di ascoltare queste affermazioni e qualcuno si sarà domandato se chi le dice viva un disagio o sia semplicemente una persona ambiziosa. Naturalmente sarebbe interessante approfondire ciascuna storia, per poi scoprire che esiste una sottile linea di confine tra un sano bisogno di eccellere e un perfezionismo patologico. Per quanto la sindrome del perfezionismo non sia classificata nei manuali di psichiatria, è negli ultimi anni oggetto di interesse scientifico a causa della sua incidenza in particolar modo nella popolazione giovanile. Pur non essendoci una definizione univoca del perfezionismo patologico è interessante rintracciare delle caratteristiche comuni ai “perfezionisti”. -taglio- Imporsi standard personali di comportamento irragionevolmente elevati, eccessivo timore delle critiche, dipendenza dalle ricompense e dall’approvazione degli altri, paura incontrollabile del fallimento. Tutto ciò determina una scarsa ricerca delle novità e parallelamente costituisce un vincolo all’azione. Le origini del perfezionismo sono da ricercarsi nell’infanzia, senza voler puntare il dito contro genitori, che provano a fare il meglio per i propri figli, mi sembra utile evidenziare dei modelli educativi che favoriscono lo sviluppo del perfezionismo nel bambino. Il modello delle aspettative sociali, lo ritroviamo in quei genitori che hanno vissuto esperienze di vita difficili e vorrebbero che la propria prole si realizzasse ad ogni costo, esercitando numerose pressioni affinché siano raggiunti standard elevati di comportamento. Il modello dell’apprendimento sociale, mostra quanto ci sia una maggiore tendenza al perfezionismo nei figli di genitori a loro volta perfezionisti. Il modello della reazione sociale è presente in famiglie con gravi difficoltà (malattia di un genitore, handicap di un fratello, relazioni parentali conflittuali), all’interno delle quali il bambino adotterebbe una condotta perfezionista per evitare di arrecare ulteriori problemi ai genitori. Nel modello dell’educazione ansiosa ritroviamo, infine, genitori ipercritici e convinti che per realizzarsi sia necessario un rigido controllo in ogni circostanza ed evitare qualsiasi errore. Mi preme sottolineare come non ci sia una netta consequenzialità tra questi modelli educativi e l’insorgere di forme patologiche di perfezionismo e, come è noto ai più, anche la scuola, rappresenta un contesto predisponente allo sviluppo di una forma patologica di perfezionismo. Oltre ad una -taglio2- genesi ontologica trovo interessante evidenziare, all’origine del perfezionismo e del bisogno di onnipotenza dell’essere umano, due ideologie che per quanto diverse negano il senso del limite. Da un lato il Cristianesimo che chiede alle creature di essere perfette come lo è il loro Dio e che non nega la probabilità di raggiungere lo stato eccelso della santità. Dall’altro il capitalismo che identifica nello sfruttamento delle proprie capacità, nella parsimonia, nello sviluppo illimitato della ricchezza, la strada per l’autorealizzazione. Il perfezionista è come un levriero che insegue ciecamente la lepre meccanica che non raggiungerà mai” (Anepeta) Pur avendo un quadro generale riguardo le origini e gli sviluppi della personalità del perfezionista, non è immediato far sì che un perfezionista smetta di essere tale. Sono dell’idea che si possano attivare forme di prevenzione, attraverso un sostegno alla genitorialità, affinché i figli vengano educati ad un sano bisogno di eccellere e a tollerare i propri limiti. Non c’è dubbio che per un genitore è più importante crescere un figlio felice che un figlio “perfetto” In età adulta la “cura” parte da una centratura su di sé, cominciando col porsi obiettivi realistici e per questo realizzabili, identificando le proprie aspettative che, se esageratamente elevate, limitano le nostre azioni. In queste ultime righe ritengo utile puntualizzare che la mia non vuole essere una disamina contro ogni forma di perfezionismo, in quanto ho conferme teoriche e cliniche del fatto che un sano perfezionismo abbia un peso determinante nel processo creativo degli esseri umani e che, se accompagnato da un sentimento di soddisfazione personale per i risultati conseguiti, contribuisce ad un maggiore benessere psicologico





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