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Il manifesto del “Free-Pop”

di Gian Marco Tessier

Numero 211 - Giugno 2020

Col suo terzo album “Namastereo” Yosonu ci racconta di un nuovo modo di fare musica, libero e ricco di contaminazioni


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Il primo aprile è uscito in digitale “Namastereo”, La Lumaca Dischi, il terzo album di Giuseppe Costa, in arte Yosonu. In questo nuovo e sorprendente album ha suonato batterie elettroniche, percussioni, kalimba, beatbox, marranzano vietnamita, body percussion, bidoni e altri numerosi oggetti che rappresentano il manifesto del suo nuovo sound, il “free-pop”.-taglio- Un album in cui il musicista si è avvalso anche della collaborazione di Enrico Gabrielli che arriva “a sorpresa” con ben 6 clarinetti bassi nell’incredibile brano “Cucumanda”. Yosonu è il nome d’arte di Giuseppe Costa, batterista e amante delle percussioni. Ha suonato in diverse formazioni (Adriano Modica, Carmine Torchia, Marvanza, Teresa Mascianà e altri) ed è docente di body percussion e di propedeutica musicale per bambini e adulti, oltre ad esercitare anche la professione di architetto. Com’è stato, anzitutto, il tuo approccio alla musica e come sei arrivato alle sonorità di oggi? “Prima di arrivare alla musica di tipo sperimentale, sono sempre stato e sono un batterista rock e metal. Nel corso del tempo ho iniziato anche a cantare. Ho collaborato con tanti gruppi e fatto tante esperienze che mi hanno insegnato tanto. Dopo ho sentito l’esigenza di fare qualcosa di mio, di unire quello che avevo imparato a quello che sono.” Il primo Aprile è uscito “Namastereo”, il tuo terzo album. Da dove deriva il nome? “Prima di iniziare a registrare e a scrivere, ho bisogno di un nome, di un contenitore, per racchiudere i miei progetti. Stavo andando ad un concerto in macchina e mi è venuta in mente la parola “Namastè”. Una parola che esprime salute, profondità, calma e ho aggiunto anche la parola stereo, per dargli un’impronta musicale. Volevo proporre un’atmosfera intima, delicata e introspettiva e il nome “Namastereo”, secondo me, racchiude tutto questo.” Raccontaci com’è andata dalla progettazione fino alla realizzazione finale. “Nonostante sia un progetto one-man, non ho mai lavorato da solo. Credo ancora in un certo tipo di condivisione e quindi mi piace rendere partecipe le persone che hanno un orecchio fine, attento alla musica. È un lavoro cominciato nel 2018 e ultimato ad inizio 2020, quindi ha coinvolto tante persone. Devo ringraziare tutti quelli che hanno contribuito agli arrangiamenti, al suono,-taglio2- alla produzione. È stato un lavoro molto intenso, difficile ma incredibilmente stimolante e creativo.” Come definiresti il tuo genere musicale? “Il mio genere è il free-pop. ‘Free’ perché è libero da categorizzazioni, canoni o appartenente ad un genere specifico. ‘Pop’ perché le tematiche affrontate sono popolari e il mio genere è influenzato dalla musica anni ‘80 e ‘90. Ho voluto aggiungere anche un sottotitolo al disco. Sotto il nome dell’album, c’è scritto ‘manifesto del free-pop’. Volevo creare e proporre qualcosa di diverso, un sorta di manifesto per una nuova corrente artistica.” Da dove nasce la tua ispirazione? “L’ispirazione nasce dalle sensazioni. Il disco viene fatto per salvarsi da qualcosa, per scattare un’istantanea, prendere qualcosa e tirarlo fuori. ‘This jouney’, uno dei brani dell’album, parla della possibilità di scegliere la vita che vogliamo. Nonostante il brano non nasca da un avvenimento specifico, nasce da dentro e tirarlo fuori con la musica, di qualsiasi genere, è catartico per chi canta e può aiutare chi ascolta.” Potremmo definire la tua musica “poliedrica”, mille sfaccettature ma tutte importanti. Come si mettono insieme così tanti suoni diversi? “A seconda della persona che ascolta, può arrivare un messaggio diverso, un ascolto diverso. Tutti i brani di questo album sono molto diversi l’uno dall’altro, nessuno spicca su un altro. Come dici tu, sono tutti importanti, tutti sullo stesso livello. Mettere tutto insieme è difficile, è un lavoro mentale e fisico. Bisogna studiare ed essere creativi.” Quali sono i tuoi progetti futuri? “Nonostante la situazione attuale, ho deciso di pubblicare l’album, perché sentivo il bisogno di farlo subito. Ora mi trovo in una sorta di limbo artistico, fatto anche di solitudine. Sono in una fase di rigetto di questo periodo. Spero di trovare l’ispirazione anche da questo. Io voglio tornare a suonare live, è la cosa che più mi manca e spero di farlo presto.”





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