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Arvo Pärt

di Maresa Galli

Numero 190 - Luglio-Agosto 2018

E' uno dei più celebri compositori al mondo, tra i più eseguiti tra i viventi. Nato a Paide, in Estonia, nel ’35, (repubblica indipendente, occupata dal ’39 al ’91 dall’Urss) nel suo primo periodo è un maestro della dodecafonia, compositore d’avanguardia.


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Arvo Pärt è uno dei più celebri compositori al mondo, tra i più eseguiti tra i viventi. Nato a Paide, in Estonia, nel ’35, (repubblica indipendente, occupata dal ’39 al ’91 dall’Urss) nel suo primo periodo è un maestro della dodecafonia, compositore d’avanguardia. Diplomatosi al conservatorio di Tallinn, dalle iniziali influenze di Prokof´ev e Šostakovič si è poi orientato verso la musica seriale e le tecniche collagistiche. Dopo la composizione di “Pro et contra”, per violoncello e orchestra (1966), “Credo” (1968, criticato in Unione Sovietica per il suo contenuto religioso) e la cantata “Laul armastatule” (1973), Pärt si dedica allo studio e alla ricerca del silenzio. Nel ’68 abbandona la dodecafonia dedicandosi al canto sacro, principalmente al canto gregoriano e alla musica antica. -taglio- Nel ’76 presenta al mondo il suo nuovo stile che chiama “Tintinnabuli” (dal latino “campanelli”), basato su triadi e scale tonali, nel quale la voce umana è di primaria importanza, componendo partiture quali “Für Alinae”, “Tabula rasa”, “Fratres”, “Cantus in memoriam Benjamin Britten”. “Le mie melodie sono peccati, le voci tintinnabuli il perdono dei peccati”, spiega Pärt. Nell’ ’80 abbandona l’Estonia per evitare la censura sovietica e si trasferisce a Vienna, città nella quale viene ospitato e aiutato da suoi estimatori fra i quali il direttore della ECM Manfred Eicher. Viene scritturato da istituzioni ed enti musicali. Nell’ ’84 incide “Tabula rasa”, il suo primo disco “occidentale” al quale partecipano Gidon Kremer, Keith Jarrett, Tatiana Gridenko e Alfred Schnittke. Dopo tanti anni vissuti a Berlino torna con l’inseparabile moglie Nora in Estonia, dove nel 2010 fonda alla Paide l’Arvo Pärt Centre, centro culturale che fa da archivio e produttore di eventi musicali. La scrittura di Pärt parla dell’uomo e di Dio con semplicità, contribuendo a definire la vocalità e la religiosità contemporanee - “La vita umana è il più perfetto strumento che ci sia”, afferma. Autore di oltre cinquanta musiche per film, tra le quali ricordiamo “My heart’s in the Highlands”, nella colonna sonora de “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino, nella celebre sequenza nella quale il protagonista Jep Gambardella, -taglio2-affacciandosi dal terrazzo della casa con vista sul Colosseo, malinconicamente guarda una giovane suora che gioca con alcuni bambini. Suoi brani sono anche nella colonna sonora di “Mia madre” di Nanni Moretti. Piace e ispira musicisti pop rock e di area elettronica, come Björk che gli dice: “Mi piace la tua musica perché crei uno spazio per gli ascoltatori che possono entrarci e viverci dentro”. E Pärt conferma, spiegando che cerca luoghi con acustiche particolari, con un’eco che prolunghi il suono, ritrovando questa caratteristica nelle chiese. Omaggiato per i suoi 80 anni con festival in diverse città europee, è stato insignito del dottorato honoris causa in musica sacra dal Pontificio Istituto di Musica Sacra. Premiato come “Composer of the Year” ai Classic Brit Awards alla Royal Albert Hall di Londra nel 2011, lo stesso anno è nominato da Benedetto XVI membro del Pontificio Consiglio della Cultura. Nel 2017 riceve il “Premio Ratzinger”. La sua musica è frutto di un grande lavoro di scavo, di ricerca dell’essenziale, di liberazione dalle sovrastrutture ideologico-musicali del proprio tempo. Per lui “le parole scrivono la musica”, e i testi fondamentali sono le Sacre Scritture, “per me – spiega – sempre attuali”. Più si sottrae il superfluo più viene fuori la purezza, la bellezza, l’interezza del suono. Una ricerca di una vita intera che ha prodotto magnifici frutti.





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