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Una riforma per ripartire

di Gaetano Magliano

Numero 230 - Maggio 2022

La FIP ha da poco dichiarato che vuole riformare i campionati dalla stagione 23/24. Un passo in avanti?


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Parliamo di basket, cosa rara in Italia, e parliamo di un argomento ancora meno battuto dai media: la pianificazione federale per il prossimo futuro. Dietro, difatti, partite, vittorie, scudetti, coppe europee e Nazionale, c'è chi si occupa di tutto questo ricercando una visione d'insieme che possa mettere d'accordo tutti e, soprattutto, rivelarsi sostenibile quantomeno per il breve-medio termine.-taglio- Cosa si è pensato, quindi, per questo prossimo triennio? Una vera e propria rivoluzione, con cambiamenti radicali pensati, per quel che sembra, al fine di andare incontro alle sempre più profonde esigenze delle società sportive, soprattutto dal punto di vista economico. Il basket non è il calcio, almeno nel nostro paese, con i lati positivi che questo può significare in termini di "nobiltà" della disciplina, ma con quelli negativi ben più impattanti di non muovere una mole di interesse tale capace di giustificare investimenti, iniezioni di capitali, figure manageriali di spicco e, di conseguenza, campionati con squadre che possano quantomeno paragonarsi alle big d'Europa (dato che per almeno tanti altri anni l'America è meglio lasciarla là dove sta). E quindi che si fa? Come sempre il possibile, si procede per piccole modifiche, innovazioni coi piedi di piombo e riforme non strutturali per evitare che un sistema già in bilico possa, purtroppo, autocondannarsi al tracollo. Per gli ultimi dieci anni almeno è sempre andata così. Sempre. Ma non questa volta, non nell'immediato futuro. Cosa accadrà? Una mini rivoluzione, cadenzata su due annate sportive: dal campionato 2023-2024 verrà infatti introdotto un nuovo campionato, che dovrebbe chiamarsi DNA, inserito subito dopo la LegaDue e prima, in ordine di categoria, della Serie B. Chi giocherà questo campionato? Quattro squadre retrocesse dalla LegaDue e le migliori 20 squadre dell'attuale Serie B. La riforma, quindi, verrà completata nell'annata successiva, quando altre 4 compagini del secondo campionato si aggiungeranno alle 24 della neonata DNA, per formare un campionato a 28, con probabilmente 2 gironi da 14. Come mai questa modifica? Si ipotizza che dietro tale decisione ci siano le lamentele e le difficoltà di molte società di LegaDue, impossibilitate ad affrontare un campionato molto oneroso rispetto ad introiti e visibilità di cui attualmente gode il movimento un po' in tutta Italia. Molti Presidenti avrebbero "minacciato" di lasciare, non vedendo un futuro nel loro investimento, e pertanto la FIP ha pensato di utilizzare l'escamotage del campionato intermedio, che ha comunque una A nel nome, ma con spese che dovrebbero quantomeno essere dimezzate. -taglio2-Un passo indietro? In realtà non è così, poiché si tratta più che altro di un ritorno al passato, considerando che proprio un decennio fa si fece più o meno la stessa cosa, introducendo la DNC come primo campionato nazionale, cui seguivano la DNB e, appunto, la DNA, dando alle società la possibilità di districarsi su tre campionati di buon livello prima del "salto" in LegaDue. Questo schema, per l'esiguità del numero di squadre, nel tempo si è poi estinto, arrivando alla situazione attuale, ma in base alla riforma strutturata è probabile che sia nuovamente cresciuto il numero di pretendenti ai campionati nazionali, che può quindi essere visto come un importante segnale di ripresa. D'altro canto, c'è anche da considerare che tali innesti verranno "dall'alto", con ben 8 retrocessioni, e non dal basso, dove vero è che ci saranno almeno una ventina di promozioni dalle Serie C regionali all'attuale Serie B, ma quest'ultima non sarà più il primo campionato nazionale, ma sarà gestito in maniera interregionale dai rispettivi comitati. Riassumendo, quindi, l'aspetto positivo è che ci sarà nuovamente una categoria "preparatoria" alla LegaDue in termini tecnici ed economici, cosa che prima mancava dato l'enorme divario tra quest'ultima e la Serie B. Resta tuttavia da sottolineare quanto questa svolta al ribasso rappresenti l'ennesimo segnale preoccupante per la pallacanestro italiana, che reduce dalle ultime insoddisfacenti prove a livello internazionale, continua a non guardare a modifiche strutturali con un lungimiranza di almeno 5-10 anni, optando che delle soluzioni "di comodo" in grado sicuramente di tamponare le necessità del momento, ma che non risolvono i tanti problemi programmatici che appaiono abbastanza evidenti nell'orizzonte della palla a spicchi.





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