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Sergio Fiorentino

di Joanna Irena Wrobel

Numero 245 - Novembre 2023

Volti dallo sguardo enigmatico, corpi che fluttuano nell’aria, figure che si sdoppiano ed ovunque, il blu cielo, che diventa la matrice di ogni opera pittorica


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Sergio Fiorentino (1973) catanese di nascita e cittadino di Noto per scelta e convinzione, dopo gli studi classici frequenta il corso di Design e Comunicazione Visiva presso l’Accademia Abadir di Catania. -taglio- La grande passione per il design storico lo porta ad aprire una galleria d’arte e di arredi d’epoca. In un primo momento, si occupa del restauro delle ceramiche, per poi, nel 2011, decidere di voler dedicarsi esclusivamente alla pittura, trovando a Noto una propria dimensione. La capitale del Barocco Siciliano, diventa per lui una sorta del luogo del cuore, dove nel 2012 inaugura (in un ex convento) la particolarissima casa-atelier. Nei dipinti di Sergio Fiorentino si sentono forti echi dell’arte dei grandi maestri del passato. L’artista ama profondamente l’antico, dal quale ne trae una continua ispirazione. Le sue opere, in particolar modo il ciclo “Volti”, richiama l’archetipo della bellezza classica. Grandi tele, spesso divise in dittici e trittici, realizzate con pittura ad olio e vernice acrilica per lo sfondo, si contraddistinguono per gli iconici graffi e sfaldature, che formano una sorta di trama, di reticolo, che avvolge, protegge e isola le superfici e i soggetti ritratti. La tavolozza di Fiorentino è essenziale, caratterizzata da pochi colori, spesso ereditati dai grandissimi come Antonello da Messina, Vermeer o Van Dyck. Cobalto, carminio, oro, bruno, bianco sono la sua palette distintiva, ma su tutto regna il blu, che cromaticamente, è il cielo terso di Noto. Nella concezione dell’Artista netino, il blu prediletto forma una sorta di liquido amniotico, in cui le figure (ancora in fase di metamorfosi) sono immerse e dove compiono il proprio sviluppo. Volti dagli occhi chiusi per proteggersi dall’acqua. Sguardi celati da banchi di pesci, foglie, farfalle. Figure dall’incarnato impalpabile, che è frutto di una trasposizione pittorica delle cromie della pietra di Noto. Entità, che si stagliano su fondo celeste, introspettivo, mistico, alchemico, che all’improvviso assurge al ruolo di una vera anima di ogni dipinto. La maggior parte dei soggetti sono persone reali, con nome e cognome, che sulla tela subiscono una trasposizione, diventando figure quasi idealizzate. Dice Sergio Fiorentino: -taglio2-“Provo ad immaginare i miei personaggi fuori dal tempo, da un luogo, alcune volte senza sesso. Figure così umane, ma provenienti da un altro pianeta. Esseri diversissimi tra loro che, respirando in acqua, illuminandosi di oro, diventano lentamente tutti simili, come facenti parte di un’unica grande famiglia…”. Talvolta le persone ritratte, attraverso l’utilizzo pittorico dell’oro, subiscono una sorta di “santificazione”. Fanno eccezione le opere dedicate ad alcuni santi, che spesso vengono rappresentati in un modo o in una prospettiva inconsueta, quasi come se fossero una specie di supereroi. Molti dipinti sono caratterizzati dalla presenza di figure allo specchio, immagini che si sdoppiano, ma ognuna di loro acquisisce una propria personalità, sottolineando la loro dualità e il dualismo di ciascuno di noi. Negli ultimi tempi, la poliedrica mente dell’artista siciliano lo porta alla realizzazione di particolarissimi mobili-scultura. Oggetti in edizioni limitate, creati con materiali nobili come ottone, argento, con inserti preziosi di corallo e di lapislazzuli, ispirati alle antiche arti decorative siciliane ed agli automi del XVIII secolo, diventati popolari con lo sviluppo di orologeria. I suoi “cabinet”, nascondono meccanismi, che occultano cassetti nascosti, danno vita a mobili con “segreti” che si disvelano attraverso inaspettati movimenti di alcuni elementi decorativi. L’arte di Sergio Fiorentino è elegante e senza tempo. Le calde cromie del Sud, si mescolano continuamente con le preziose architetture siciliane. I suoi corpi galleggiano nell’aria tersa, in un religioso silenzio, come se non volessero interrompere mai una metafisica, eterna attesa.





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