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Nuovi linguaggi

di Paolo Carotenuto

Numero 183 - Dicembre 2017

Abbiamo incontrato la Prof.ssa Clementina Gily Reda, che nel suo ultimo lavoro letterario fornisce la possibilità di inserire una nuova figura professionale all’interno della scuola italiana


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Nata e cresciuta nella città di Napoli, Clementina Gily Reda è docente dell’Università di Napoli Federico II dal 1975. Autrice di monografie su Guido de Ruggiero, Ugo Spirito, Remo Cantoni; di scritti su Collingwood, Croce, Gentile, Paci, Eleonora Pimentel Fonseca; di saggi in riviste come “Filosofia”, “Giornale critico della filosofia italiana”, “Itinerari”, “Scheria”, su argomenti che vanno da Kant a Giordano Bruno alla teoria dell’immagine e del gioco. La Gily è, inoltre, giornalista pubblicista ed ha collaborato a “Il Mattino”, “Corriere di Napoli”, “Nord e Sud”, “Roma”; ed attualmente è direttore della rivista “Bollettino flegreo” di Pozzuoli, e del quindicinale www.giornalewolf.it. Tra le tante attività svolte, Clementina Gily ha fondato ed è nella direzione di OSCOM, Osservatorio di comunicazione formativa, Dipartimento di Filosofia, Università di Napoli Federico II, che si occupa della formazione alle nuove tecnologie con programmi e Laboratori Dewey per le scuole e la formazione straordinaria di ludodidattica, tecnologia umanistica, educazione estetica all’immagine, esquisses, laboratory di ecfrastica. Quest’anno ha pubblicato due nuove opere letterarie, di cui ci ha parlato in questa intervista.

Partiamo subito da una delle sue ultime pubblicazioni, “Coaching didattico”, che tratta di un modo terapeutico di affrontare i disagi in campo scolastico, ci spieghi meglio... -taglio- “Beh, come dice il nome non si tratta di intervento terapeutico vero e proprio, bisogna piuttosto pensare alla figura del coach delle squadre di calcio che rappresenta sicuramente un tecnico conoscitore della situazione in cui si vuole operare, nel nostro caso una classe. In questo lavoro è tenuto da un lato a tener presente le prestazioni, quindi la capacità effettiva dei personaggi di giocare ruoli e quindi in un certo modo anche a giudicare l’operato; dall’altro lato deve valutare anche la capacità del singolo di lavorare in gruppo, perché anche in una classe si possono creare attriti. Il coach, quindi, è una persona che valuta: non è un terapeuta, non è un medico, uno psicologo, uno psichiatra. Inoltre, non riesce in questo scopo se non porta nuove soluzioni sia a livello concreto sia dal punto di vista del rapporto con gli altri. Il coach è propriamente un ‘accompagnatore’.”

In che condizioni versa, secondo lei, attualmente la scuola italiana e, più in generale, l’istruzione in Italia?

“Io credo, appunto, che nelle scuole italiane ci sia bisogno del coaching; nel senso che si sono sviluppate una serie di autonomie sia dal punto di vista amministrativo che dal punto di vista dei singoli insegnamenti che perdono un po’ il carattere unitario e di conseguenza non hanno più la capacità di accompagnare gli allievi. Il coach è quella possibilità di restituire al team una sua unità, ed il team non si realizza mettendo 5 nomi insieme, è una forma di accompagnamento che ha delle regole ed una sua -taglio2- professionalità. Il coaching in questo senso è la mia proposta, ma l’importante è che ci si renda conto che per creare dei team di lavoro in classe non basta parlare di laboratori, c’è sicuramente molto altro…”

È inoltre una delle autrici dell’opera “Il segno del sacro”, cosa l’ha spinta a creare questo progetto?

“La volontà era quella di creare questa tavola rotonda di personaggi illustri, che in diverso modo si sono occupati del sacro. In particolare, l’occasione è stata quella di una peculiare ricorrenza: i 40 anni dalla morte di Sergio Quinzio. È questo un argomento davvero importante, ho ritenuto fosse un tema opportuno da poter discutere in un opera letteraria, ed il risultato mi sembra molto soddisfacente.”

Ha fondato ed è nella direzione di OSCOM, di cosa si tratta?

“Questa è un’iniziativa dell’università Federico II di Napoli che va avanti dal 1997, è principalmente concentrata sullo studio dei media, prima della pubblicità, poi il digitale, per passare successivamente all’arte. A Tal proposito è nato nel 2011 un concorso ‘Docarte’, che premia il miglior documentario realizzato dalle scuole OSCOM. Un progetto nato dalla convinzione che quello dei media è un linguaggio a sé stante, non basta la letteratura italiana, non basta la musica, non basta l’arte. Si tratta di un linguaggio nuovo, e come tale bisogna studiarlo e imparare a parlarlo!”





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