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Non è una priorità

di Adriano Fiore

Numero 250 - Maggio 2024

Col diritto di parola a tutti i livelli che ci illudiamo di avere, pensiamo che chi ci governa davvero ascolti "la pancia del Paese". In parte magari è vero, ma più che la pancia tout court, la politica preferisce selezionarsi di volta in volta l'organo preferito, in base ovviamente alle proprie convenienze


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Il dibattito politico e culturale, ogni giorno, attinge dalla società e dai media le notizie su cui focalizzarsi ed esprimere pareri, posizioni ed eventuali iniziative. Chi seleziona i temi? È proprio questa la domanda più importante dei nostri giorni, che dovremmo sempre tenere bene a mente. In passato, -taglio- l'agenda era inequivocabilmente dettata dalla politica, inframmezzata dai principali episodi di cronaca che non potevano non destare scalpore e, conseguentemente, entrare (per qualche giorno e non di più) tra gli argomenti improrogabili su cui spendere pensieri, riflessioni, proposte e soluzioni. Il carattere di "urgenza", fino orientativamente all'avvento del web e dei Social, era qualcosa di facilmente gestito dal potere e pilotato a seconda delle necessità del momento. Il mondo che è arrivato dopo, ed in cui viviamo oggi, ha pensato invece che il sovvertimento di tale "egemonia tematica" fosse possibile: scrivendo la mia opinione su notizie considerate non di mainstream, facendo citizen journalism e mettendo in luce cose che tanti giornali non riescono o non vogliono raccontare, così come mettendo in piazza (virtuale) la mia esperienza diretta, ciò che è capitato a me o ai miei familiari che ritengo clamoroso ed ingiusto, in tutti questi modi ed in mille altri si pensava, si credeva, si sognava (sigh!) di sovvertire un ordine probabilmente secolare. Ciò che non si era considerato in tale moto rivoluzionario era il fenomeno dell'over-data: troppe informazioni, troppo dialogo, troppi pareri, molta confusione. E soprattutto poca attenzione. Se l'agenda globale sui grandi temi che il mondo dovrebbe affrontare per un futuro migliore si mescola al "perché ai giardini pubblici di via Roma si può entrare con i gatti e con i cani no?", diventa difficile, molto difficile. Ed inesorabilmente si ritorna (Tomasi di Lampedusa docet) al pieno stile ancien regime. O peggio. Perché col diritto di parola a tutti i livelli che ci illudiamo di avere, pensiamo che chi ci governa davvero ascolti "la pancia del Paese". In parte magari è vero, ma più che la pancia tout court, la politica preferisce selezionarsi di volta in volta l'organo preferito, in base ovviamente alle proprie convenienze. Sono mesi che la sinistra, giustamente sia chiaro, evidenzia l'urgenza e grida allo scandalo per la situazione di Ilaria Salis. Se questo fosse parte (minima parte) di un tutto ben più articolato, la discussione finirebbe qui. Ma il problema è che non lo è. La Salis diventa l'argomento unico, da affrontare prima di qualsiasi altra cosa e su cui mettere il Governo di fronte alle proprie responsabilità. E qui bisogna allora fermarsi un attimo: prima di Ilaria e purtroppo anche dopo, più di 2.000 cittadini italiani sono stati arrestati all'estero, e molto probabilmente molti di questi non verseranno in condizioni carcerarie migliori di quelle cui è sottoposta lei. -taglio2- Di questi, prima e dopo, chi ne ha parlato? Cosa stiamo facendo? Quanto è stato messa sotto accusa la maggioranza tutta e l'assenza di provvedimenti al riguardo, magari buttandoci dentro anche lo stato attuale dei centri di detenzione italiani? Almeno personalmente, mi sembra di aver letto ben poco, o forse proprio nulla al riguardo. E allora perché la Salis? Perché è stata ritratta con le catene e le immagini sono diventate virali? Perché ha attaccato dei neonazisti ed abbiamo un Governo che strizza l'occhio al Fascismo? Perché è detenuta in un Paese "amico" della destra? Si sta facendo quindi opposizione sulla pelle di Ilaria o la si vuole davvero aiutare? In molti diranno "entrambe le cose", ma è proprio questo che non va bene: selezionare i temi in base alla mediaticità e poi strumentalizzarli per tirare la giacchetta a chi sta al potere non significa fare il bene del Paese, né delle persone coinvolte in tale bailamme. La scaletta delle priorità, della maggioranza come dell'opposizione, deve essere imbastita guardando al paese, alle sue grida d'aiuto da nord a sud, a ciò che potrebbe renderlo migliore sul medio-lungo periodo. Anche perché il tempo è poco, lo spazio di dibattito non è così ampio come sembra, e lo è ancora meno quello di manovra per una politica che deve star sempre attenta ai conti e all'Europa. Il Made in Italy non conta più nulla; il mercato interno ed i suoi prodotti non hanno protezione alcuna; la tassazione che colpisce la maggior parte dei professionisti va dal 23% al 43%, una follia; gli asili costano troppo e madri e padri che lavorano non sanno come dividersi (e se conviene lavorare); gli statali guadagnano troppo poco; gli operai peggio ancora con mille rischi; il sistema sanitario del Centro-Sud continua ad essere da brividi; eccetera, eccetera, eccetera. Però si parla di una e solo una donna detenuta e, peggio ancora, si arriva a parlare dei Ferragnez, di Sinner, del Ramadan o degli spaghetti nello spazio. Roba da matti, direte voi, ma purtroppo sono i pazzi cui abbiamo scelto di affidare le nostre vite, il nostro domani, la nostra economia ed i nostri figli. Senza che riescano nemmeno a capire cosa è urgente e cosa non lo è, con il coraggio magari di dire, dinanzi ad un trending topic di X, la frase oggi più rivoluzionaria: "Non è una priorità".





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