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LUCIANO SPALLETTI

di Laura Fiore

Numero 237 - Febbraio 2023

Un’annata bellissima quella del tecnico toscano alla guida del Napoli, stiamo assistendo a quello che potrebbe diventare un sogno e tutto questo grazie a lui


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Da anni ormai è considerato uno degli allenatori migliori del mondo e, quest’anno, Luciano Spalletti sembra non voler sbagliare un colpo con il suo Napoli. Quella con la città partenopea è una storia d’amore fatta di alti e bassi, ma che alla fine sta dando i suoi frutti… e che frutti aggiungerei. Attorno alla sua figura ci sono tantissime storie e una delle cose che emerge è sempre la stessa: -tagglio- Spalletti o lo ami o lo odi, è una persona che non conosce mezze misure o bianco o nero, si è sempre dimostrato onesto e sincero ma con la dovuta gentilezza. Il calcio è una presenza costante nella sua vita fin da quando era piccolissimo, ma nel corso degli anni ha lasciato spazio anche ad un’altra passione: quella per il vino, infatti, Mister Spalletti da anni è proprietario di alcuni vigneti in Toscana ed è proprio lì che immagina il suo futuro. Noi di Albatros l’abbiamo incontrato per un’intervista esclusiva, nella quale proveremo a farci dire il segreto del suo successo professionale e non! È inevitabile non partire parlando dell’anno stupendo del suo Napoli, si aspettava una stagione sportiva come questa? “Certo! E con questa risposta non voglio risultare presuntuoso, semplicemente riconosco il grande valore di questo gruppo e di ogni singolo giocatore, sapevo che potevamo costruire qualcosa di grande, dovevamo trovare solo il modo giusto di canalizzare tutto questo enorme potenziale. Allenare e giocare per una squadra come il Napoli non è così semplice, perché qui il calcio viene prima di tutto e basta un semplice passo falso per sentirsi dire di aver ‘deluso’ la città. Non è stato così scontato trasmettere ai tifosi la grande fiducia che riponevo nei ragazzi quest’anno, specialmente dopo una sconfitta, ma alla fine le persone hanno capito l’impegno e il valore enorme che ognuno di noi da a questa maglia.” A proposito di gruppo squadra, ha più volte sottolineato l’importanza dell’aspetto mentale alle gare. In che modo prepara i suoi giocatori? “Sì, credo sia il pezzo del puzzle che può fare la differenza, non solo con il Napoli, ma ingenerale in ambito sportivo l’aspetto emotivo e psicologico è ormai fondamentale. Su questo mi reputo abbastanza pignolo, nel senso che pretendo da ogni persona dello staff che ci sia concentrazione, amo lavorare però su piccoli obiettivi… non mi è mai piaciuto fare progetti in là, penso sempre partita dopo partita e voglio che anche il mio staff ragioni in questo modo. Sono consapevole che a volte capita che io venga considerato ‘esagerato’ per l’importanza che do ad ogni singolo match, anche quello che può sembrare meno significativo, ma se si vuole raggiungere un risultato non ci si può permettere di essere distratti. Con questo non voglio dire che quando ci sono delle sconfitte allora do di matto, ma ci sono modi e modi di perdere una partita e fino a quando vedo la mia squadra che da il massimo va bene. Poi, se l’avversario è stato più bravo di noi, gli stringiamo la mano e pensiamo già a cosa possiamo migliorare.” Lei ha avuto a che fare con tantissimi campioni, come è riuscito a trovare la chiave per essere un buon allenatore non solo dal punto di vista tecnico-tattico ma anche umano?-taglio2- “La risposta a questa domanda dovremmo chiederla ai giocatori! – ride ndr. Diciamo che essere un allenatore non è mai semplice, poiché non dobbiamo dimenticare di essere delle persone con storici diversi, caratteri diversi e che quindi non sempre hanno la stessa visione delle cose. La differenza sta nella volontà di voler trovare un punto d’incontro, io uso un po' il buon classico metodo bastone-carota, ma è necessario sempre contestualizzare il gruppo squadra: da quando sono a Napoli ho a che fare con ragazzi molto giovani quindi ho dovuto modificare il mio modo, per esempio, nel momento ‘cazziatone’ perché mi rendo conto che la loro percezione è completamente diversa rispetto a quella di un giocatore che ha alle spalle già anni e anni di carriera. In generale posso dire di aver dovuto affrontare ‘pochi’ problemi con i miei giocatori se li relazioni agli anni che sono in panchina; detto questo ho la coscienza pulita in quanto so di essere sempre stato sincero, rispettoso, ma sincero.” Nel suo tempo libero si dedica ai suoi vigneti, com’è nata questa passione? “Sì, ed è lì che passerò il mio tempo quando deciderò di smettere di allenare. Anzi, già ora quando ho la possibilità corro in Toscana per vedere come stanno andando le cose, poiché mi piace lavorare in prima persona sulla produzione del mio vino: da quando sono state piantate le vigne, passando per la raccolta e seguendo tutto il processo di produzione che porta alla realizzazione del prodotto. Questa passione me l’ha trasmessa la mia famiglia, quando ero ragazzo partecipavo sempre alla raccolta e davo una mano dove serviva. Mi piace vivere a contatto con la natura, quando vado lì passo giornate intere nei campi e nonostante la stanchezza fisica mi sento totalmente svuotato mentalmente.” Parlando di tempo da dedicare a cose che non siano il calcio, come ha trovato il giusto equilibrio tra vita privata e vita professionale? “Sbagliando! – ride ndr. Ammetto di non essere stato sempre perfetto e non sarò mai abbastanza grato a mia moglie per l’estrema pazienza che ha dimostrato nel corso degli anni. È lei la vera forza della famiglia, e soprattutto ha sempre creduto in me non facendomi mai sentire il ‘peso’ della mia assenza, ma non sono stupido e so di essere stato manchevole di qualcosa in alcune occasioni. La cosa bella del nostro rapporto, però, è il confronto. Stiamo insieme da tantissimi anni e penso che abbiamo litigato massimo una decina di volte; quando abbiamo qualche problema ne parliamo, cerchiamo di capire le nostre posizioni a vicenda e troviamo una soluzione insieme. Per quanto riguarda i miei figli, ormai sono grandi quindi hanno le loro cose, la loro vita… però ci sentiamo tutti i giorni, mi piace sentirli parlare di quello che fanno e di cosa gli capita. Posso dire che siamo una buona squadra!”





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