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Le speranze "moderate"

di Pasquale Matrone

Numero 209 - Aprile 2020

L’attaccamento ai beni materiali è figlio di una visione egoistica e distorta della vita. Ed è, nello stesso tempo, padre ottuso di avidità, avarizia e violenza. Ottuso, perché non giova a chi ne è portatore, ma, al contrario, ne avvelena i giorni


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Nulla, infatti, può essere posseduto per sempre, sia perché corruttibile, sia perché destinato a passare, prima o poi e fatalmente, in mani altrui. Il desiderio di accumulare e di possedere deriva dall’incapacità di comprendere il senso e la brevità dell’esistenza; -taglio-ed è anche l’effetto di un rapporto sbagliato con le proprie passioni, che, prive di controllo, prendono il sopravvento, fiaccano la ragione e la sottomettono all’istinto e alle emozioni più sfrenate. Chi si lascia travolgere dalle passioni vaga per il mondo senza una direzione precisa, esita, insicuro, a decidere. L’irresolutezza dell’uomo è il tallone d’Achille che il potere può manipolare con facilità, sino a farne strumento di asservimento. Chi accumula beni, preoccupandosi di una malaugurata futura povertà, sbaglia. Più che la miseria, infatti, bisogna temere disperazione e smarrimento, i soli nemici della concentrazione su sé stessi e sulle proprie capacità di interagire con il presente. Nessuna ricchezza è inespugnabile: patrimoni, gloria e benessere non sfuggono ai ritmi del mutamento, che governa fatti, cose, uomini, eventi e, con essi, tutto ciò che è destinato a corrompersi e a disperdersi, senza lasciare traccia. -taglio2-Anche la speranza, se sproporzionata, produce danno, crea aspettative destinate a essere deluse. Bisogna, quindi, aprirsi ad essa con prudenza e misura, con lo sguardo rivolto all’orizzonte e calcolando lo scarto che la separa dal punto di partenza. Lo afferma Fromm, nel saggio “La rivoluzione della speranza”, sottolineando che, senza sperare, è impossibile la conquista della libertà e il recupero della dimensione umana, in una società dell’avere sempre più sfrontata. Ma, nel contempo, tiene anche a precisare che, per essere fruttifere, le speranze devono risultare moderate, legate, cioè, alle reali possibilità e potenzialità di cui si dispone, non deliranti o temerarie come certe utopie che, in nome di valori fumosi e folli, hanno generato nel mondo schiavitù, terrore e morte. Occorre, dunque, rivedere il rapporto tra avere ed essere, ristabilendo il primato morale di quest’ultimo e, insieme, sorvegliandone e garantendone l’ equilibrio allo scopo di rendere più felice il breve e unico soggiorno sulla terra concesso a tutti i viventi.





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