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L’autodeterminazione del malato

di Alfredo Salucci

Numero 249 - Aprile 2024

Con il principio di autonomia al malato compete l’autodeterminazione, ossia scegliere che cosa fare o non fare al proprio corpo; come disposto peraltro dalla Costituzione italiana con l’art. 32 che stabilisce: “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, in accordo con l’art. 13 sul principio di “inviolabilità della libertà personale”


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Il medico di pochi decenni fa, quello familiare e disponibile in qualsiasi momento, non esiste più. Quel dottore oggi è un personaggio che si incontra solo nei romanzi del passato. Allora c’era il cosiddetto paternalismo ippocratico, nel senso che era il medico la persona che faceva le scelte e decideva per il bene del malato. -taglio- Quel tipo di rapporto, il modello paternalista, è completamente cambiato. Oggi si parla di modello contrattualista, ora è il paziente a decidere, e le sue scelte vanno accettate e rispettate. Il malato così si è appropriato, legittimamente, del proprio corpo, cosa che non era mai avvenuta prima.
Attualmente vige il principio di autonomia del paziente. Secondo questo principio il malato è autonomo nelle sue scelte, dopo che medici e infermieri lo hanno informato correttamente e diffusamente sulla sua malattia, sulle proprie condizioni e sulla terapia. Circa la terapia vanno comunicati i farmaci che potranno essere impiegati e i loro effetti collaterali anche a distanza di tempo. Inoltre, nel caso siano necessarie ulteriori indagini i sanitari hanno l’obbligo di riferire in che cosa consistono, come saranno eseguite e i rischi che potrebbero comportare. Nella eventualità si preveda un intervento chirurgico bisogna informare sulle modalità dell’intervento, sui rischi potenziali e sui benefici attesi. I sanitari hanno anche il dovere di dare esaurienti indicazioni su eventuali terapie in alternativa al trattamento consigliato. Infine, il paziente va informato sulle conseguenze che potrebbero derivare dal rifiuto della terapia o dal rifiuto di praticare ulteriori esami. È da sottolineare che il tempo della comunicazione tra medico e paziente è considerato tempo di cura. Edotto dettagliatamente, il paziente potrà decidere che cosa fare o non fare, ossia se dare il suo Consenso Informato a quanto proposto dai sanitari circa le eventuali ulteriori indagini e circa la terapia, oppure negarlo.-taglio2- La decisione presa dal malato, in ogni caso, non va mai considerata come definitiva, in quanto il paziente può rivederla in qualsiasi momento. Per i minori e gli incapaci la legge ha previsto le figure che potranno dare o meno il Consenso Informato. Sempre sulla base del principio di autonomia, i sanitari devono far sì che il paziente decida autonomamente su come affrontare la propria malattia, evitando che possa essere influenzato da altre persone. Questo significa che devono essere rispettate attentamente tutte le norme sulla riservatezza onde evitare che altri soggetti vengano a conoscenza dello stato di salute del paziente, la qual cosa potrebbe danneggiarlo. Con il principio di autonomia al malato compete l’autodeterminazione, ossia scegliere che cosa fare o non fare al proprio corpo; come disposto peraltro dalla Costituzione italiana con l’art. 32 che stabilisce: “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”, in accordo con l’art. 13 sul principio di “inviolabilità della libertà personale”. Va ricordato che ora esiste anche il Testamento Biologico: un documento in cui il soggetto lascia le sue disposizioni sul modo di regolarsi per la sua salute nella eventualità dovesse trovarsi nella condizione di incoscienza. Tutti i medici sono perfettamente consapevoli di questi cambiamenti e osservano con il massimo scrupolo la normativa vigente: è il paziente a decidere del proprio corpo, non altri. Cambieranno ancora le cose in futuro? Seneca nell’opera I benefici rappresenta il medico come un amico, una persona di famiglia a cui affidare la propria salute con la massima fiducia. In pratica il medico di Seneca era il medico paternalista ippocratico. Con questi opportuni e legittimi cambiamenti il medico non sarà più inteso come amico o persona di famiglia come lo è stato in passato, ma resterà sempre un professionista umano, disponibile e altruista, sentimenti questi legati indissolubilmente da sempre alla sua professione.





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