Intervista esclusiva al grande chef che ci racconta di come nascono le sue intuizioni culinarie, in un universo gastronomico che deve, necessariamente, “difendere le proprie origini”
Da sei anni il ristorante di Guy Savoy ha spalancato le sue porte, per accogliere i suoi clienti, al primo piano dell'Hôtel de la Monnaie, di fronte alla Senna e sul Pont Neuf. Una cornice suggestiva per questo tempio dell'alta gastronomia francese. Un susseguirsi di sale accoglienti, progettate da Jean-Michel Villemotte, -taglio-decorate in modo sobrio e raffinato, ognuna arricchita da opere d'arte. Numerosi i riconoscimenti nazionali e internazionali che si annoverano nel suo curriculum, fra queste tre stelle nella guida Michelin. Professionalità, passione e alta qualità denotano le sue caratteristiche che lo contraddistinguono. La cucina di Guy Savoy esprime innanzitutto la sua sensibilità e la sua passione. Per lo chef è importante valorizzare i sapori dei prodotti di qualità per offrire sapori unici e genuini ai palati più esigenti. La gastronomia è sempre una ragione per venire a visitare la Francia, fa parte delle tre maggiori attrazioni dopo i paesaggi e la cultura. Da quanti anni fa questo mestiere ? “Faccio questo mestiere da 52 anni e non ho ancora voglia di andare in pensione.” Come evolve, per lei, la cucina in Francia e nel mondo ? “Assistiamo a una evoluzione planetaria e viviamo un'epoca straordinaria intorno alla cucina. Ci sono stati dei cambiamenti importanti in questi ultimi vent'anni più che nei duemila anni passati. Non parlo della Francia, dell'Italia o della Cina che hanno una cultura culinaria ancestrale. Parlo dell’interesse culinario dei Paesi scandinavi, del nord e sud America, Inghilterra… Attualmente troviamo dei ristoranti che difendono la cucina locale grazie a quello che hanno imparato altrove e che hanno importato da loro. In Francia non ci sono mai stati tanti ristoranti così efficienti e di qualità. Siamo il Paese della gastronomia ma oggi tutti i Paesi hanno una gastronomia. La Francia ha mostrato la via. Oggi ci sono ristoranti buoni in tutti i Paesi del mondo.” Qual è, per lei, il posto della cucina italiana? “Ho parlato dell’evoluzione della cucina nel mondo, la cucina italiana esiste da tanto tempo e ha la singolarità di aver preservato la cucina familiare autentica. Possiamo arrivare nei piccoli ristoranti e avere questa cucina familiare autentica, sempre nella qualità. Tutto è cucinato con il cuore. Questa è la firma dell'Italia. Quali sono gli chef italiani che apprezza di più? “Ce ne sono tanti. Fra i primi che mi hanno sedotto c'è Gualtiero Marchesi. Oggi apprezzo molto la cucina di Nadia Santini, la cheffe del ristorante « Dal Pescatore », tutti gli ingredienti sono eccellenti. -taglio2-Cucina e atmosfera sono al top. Poi lo chef Massimo Bottura che rappresenta l’evoluzione e l’avanguardia… la base della tradizione che ha scatturito l’evoluzione.” Tra gli chef c'è rivalità ? “No, non c'è rivalità… c'è dell’emulazione.” Come ha vissuto i mesi di chiusura dovuti alla situazione sanitaria? “La situazione non è stata facile, abbiamo sofferto tutti. È stato triste e non ero abituato a vedere le sale del nostro ristorante vuote e senza animazione, normalmente sono piene di vita.” Com’è stata la ripresa e l’accoglienza dei vostri clienti? “Gestiamo tutto con grande rigore. Dobbiamo continuare a rispettare le misure sanitarie e i gesti barriera perché i nostri clienti siano accolti in modo confortevole e sicuro. Io sono ottimista e sarà sempre un piacere vedere questi spazi pieni di convivi sorridenti e felici di aver trascorso un bel momento qui. Questa pandemia ci ha fatto prendere coscienza di come sono importanti i legami sociali e i rapporti umani. Si era persa l’anima della vita socievole e quotidiana. La gente ha bisogno di ritrovarsi attorno a una bella tavola e soprattutto devono trovare un’atmosfera speciale. Un ristorante apporta un modo di socialità.” Come ha gestito la sua brigata durante i mesi di chiusura? “La mia brigata è sempre motivata e ha continuato a lavorare. Abbiamo concretizzato nuove ricette. Le novità sono tante, all’incirca sei piatti nuovi, sempre nello stesso spirito. Naturalmente non mancano i piatti faro della casa, come « la soupe aux artichauts à la truffe noire » o le « huîtres en nage glacée ». I nostri clienti hanno bisogno di sorprese e siamo « condannati » a far sempre meglio e continueremo a farlo.” Qual è la sua più grande soddisfazione? “La mia più grande soddisfazione è accogliere i clienti e vederli soddisfatti di avere trascorso un momento piacevole di « bien être » anzi di « mieux être ». La convivialità e la condivisione fa parte del nostro DNA.”