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Guy Savoy

di Michela Secci

Numero 225 - Novembre 2021

Intervista esclusiva al grande chef che ci racconta di come nascono le sue intuizioni culinarie, in un universo gastronomico che deve, necessariamente, “difendere le proprie origini”


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Da sei anni il ristorante di Guy Savoy ha spalancato le sue porte, per accogliere i suoi clienti, al primo piano dell'Hôtel de la Monnaie, di fronte alla Senna e sul Pont Neuf. Una cornice suggestiva per questo tempio dell'alta gastronomia francese. Un susseguirsi di sale accoglienti, progettate da Jean-Michel Villemotte, -taglio-decorate in modo sobrio e raffinato, ognuna arricchita da opere d'arte. Numerosi i riconoscimenti nazionali e internazionali che si annoverano nel suo curriculum, fra queste tre stelle nella guida Michelin. Professionalità, passione e alta qualità denotano le sue caratteristiche che lo contraddistinguono. La cucina di Guy Savoy esprime innanzitutto la sua sensibilità e la sua passione. Per lo chef è importante valorizzare i sapori dei prodotti di qualità per offrire sapori unici e genuini ai palati più esigenti. La gastronomia è sempre una ragione per venire a visitare la Francia, fa parte delle tre maggiori attrazioni dopo i paesaggi e la cultura. Da quanti anni fa questo mestiere ? “Faccio questo mestiere da 52 anni e non ho ancora voglia di andare in pensione.” Come evolve, per lei, la cucina in Francia e nel mondo ? “Assistiamo a una evoluzione planetaria e viviamo un'epoca straordinaria intorno alla cucina. Ci sono stati dei cambiamenti importanti in questi ultimi vent'anni più che nei duemila anni passati. Non parlo della Francia, dell'Italia o della Cina che hanno una cultura culinaria ancestrale. Parlo dell’interesse culinario dei Paesi scandinavi, del nord e sud America, Inghilterra… Attualmente troviamo dei ristoranti che difendono la cucina locale grazie a quello che hanno imparato altrove e che hanno importato da loro. In Francia non ci sono mai stati tanti ristoranti così efficienti e di qualità. Siamo il Paese della gastronomia ma oggi tutti i Paesi hanno una gastronomia. La Francia ha mostrato la via. Oggi ci sono ristoranti buoni in tutti i Paesi del mondo.” Qual è, per lei, il posto della cucina italiana? “Ho parlato dell’evoluzione della cucina nel mondo, la cucina italiana esiste da tanto tempo e ha la singolarità di aver preservato la cucina familiare autentica. Possiamo arrivare nei piccoli ristoranti e avere questa cucina familiare autentica, sempre nella qualità. Tutto è cucinato con il cuore. Questa è la firma dell'Italia. Quali sono gli chef italiani che apprezza di più? “Ce ne sono tanti. Fra i primi che mi hanno sedotto c'è Gualtiero Marchesi. Oggi apprezzo molto la cucina di Nadia Santini, la cheffe del ristorante « Dal Pescatore », tutti gli ingredienti sono eccellenti. -taglio2-Cucina e atmosfera sono al top. Poi lo chef Massimo Bottura che rappresenta l’evoluzione e l’avanguardia… la base della tradizione che ha scatturito l’evoluzione.” Tra gli chef c'è rivalità ? “No, non c'è rivalità… c'è dell’emulazione.” Come ha vissuto i mesi di chiusura dovuti alla situazione sanitaria? “La situazione non è stata facile, abbiamo sofferto tutti. È stato triste e non ero abituato a vedere le sale del nostro ristorante vuote e senza animazione, normalmente sono piene di vita.” Com’è stata la ripresa e l’accoglienza dei vostri clienti? “Gestiamo tutto con grande rigore. Dobbiamo continuare a rispettare le misure sanitarie e i gesti barriera perché i nostri clienti siano accolti in modo confortevole e sicuro. Io sono ottimista e sarà sempre un piacere vedere questi spazi pieni di convivi sorridenti e felici di aver trascorso un bel momento qui. Questa pandemia ci ha fatto prendere coscienza di come sono importanti i legami sociali e i rapporti umani. Si era persa l’anima della vita socievole e quotidiana. La gente ha bisogno di ritrovarsi attorno a una bella tavola e soprattutto devono trovare un’atmosfera speciale. Un ristorante apporta un modo di socialità.” Come ha gestito la sua brigata durante i mesi di chiusura? “La mia brigata è sempre motivata e ha continuato a lavorare. Abbiamo concretizzato nuove ricette. Le novità sono tante, all’incirca sei piatti nuovi, sempre nello stesso spirito. Naturalmente non mancano i piatti faro della casa, come « la soupe aux artichauts à la truffe noire » o le « huîtres en nage glacée ». I nostri clienti hanno bisogno di sorprese e siamo « condannati » a far sempre meglio e continueremo a farlo.” Qual è la sua più grande soddisfazione? “La mia più grande soddisfazione è accogliere i clienti e vederli soddisfatti di avere trascorso un momento piacevole di « bien être » anzi di « mieux être ». La convivialità e la condivisione fa parte del nostro DNA.”





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