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Contro ogni mafia

di Silvia Giordanino

Numero 225 - Novembre 2021

Il Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro negli anni è diventato simbolo della lotta alla criminalità organizzata. Una vita sotto scorta ma “senza paura”


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Nicola Gratteri è uno dei magistrati più impegnati nella lotta alla 'Ndrangheta e vive sotto scorta dall'aprile del 1989. È una delle figure che meglio conosce i meccanismi delle tre diverse mafie che prosperano in Italia: Mafia, Camorra e 'Ndrangheta, e ha altresì coordinato importanti indagini sulla criminalità organizzata e sulle rotte internazionali del narcotraffico. -taglio-Con Antonio Nicaso, storico delle organizzazioni criminali, uno dei massimi esperti di 'Ndrangheta del mondo, ha scritto numerosi libri tra i quali “Fratelli di sangue” (Pellegrini 2006), “La malapianta” (Mondadori 2010), “L’'inganno della mafia” (Rai-Eri, 2017) e “La rete degli invisibili” (Mondadori 2019). Iniziamo subito ponendole una questione che disturba la morale pubblica, ossia i privilegi di cui godono i collaboratori di giustizia, i quali, in realtà, dati i reati efferati di cui si sono macchiati, si meriterebbero il carcere ostativo. “Qui si tratta di rispetto ortodosso della legge: questa prevede che se un pentito collabora ha diritto ad uno sconto di pena. Prendiamo il caso eclatante di Brusca che tutti voi conoscete. Noi non avremmo potuto sapere, se non tramite la sua confessione, dei 150 omicidi e della strage di Capaci. Quindi, dopo 25 anni di carcere, quest’uomo ha il diritto, non solo di uscire dal carcere, ma di uscirne in modo tutelato. Esiste una sola persona di protezione che conosce il luogo dove egli risiede; ha cambiato cognome, i suoi figli vanno a scuola con altro cognome, ovviamente in un'altra città. Prende 1200 euro al mese dallo Stato e occupa un alloggio. Comprendo perfettamente che questo possa essere discutibile da un punto di vista etico e morale, ma, in questo caso, ciò che conta è applicazione della Legge, altrimenti non esisterebbero i collaboratori di Giustizia e noi Magistrati, noi tutori della Legge, non riusciremmo a venire a capo di nulla. È chiaro che la famiglia del pentito deve cambiare completamente “giro” e noi dobbiamo tutelarli “in toto”. Ci sono stati dei casi in cui lei ha negato la protezione a un pentito? “Certamente, cito un recente caso di un presunto mafioso al quale ho dovuto rinunciare. Non mi aveva convinto: troppe lacune, troppe incongruenze. Mi denunciò 100 omicidi che erano avvenuti non soltanto in Calabria, ma in Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, insomma in tutta Italia e quindi avrei dovuto attivare qualche cosa come 10 Procure! Quest’uomo faceva i nomi degli omicidi e delle altre persone coinvolte, ma non rivelava i familiari e gli amici, nominativi che, per un sistema di protezione sono fondamentali altrimenti non si può attivare. Così lo misi alle strette più volte fino a quando negai la mia collaborazione e quindi il consenso al sistema di protezione. Egli insistette molto, ma io continuai a negare e sono convinto di aver fatto la cosa giusta in quel momento, perché chi non vuole proteggere e attivarsi per le persone vicine non vuole pentirsi e non vuole effettivamente un sistema di protezione.” *Riusciremo mai a sradicare questi gravi, gravissimi tormenti che affliggono il nostro Paese? “Posso parlare di un mio punto di partenza. Nella mia carriera a Catanzaro ho portato avanti circa 3000 casi di mafiosi e devo dire che la collaborazione che ricevo dove opero è eccezionale; prima di tutto con il mio team di Magistrati giovani attivi e preparati, poi con la Polizia giudiziaria e con la Guardia di Finanza e con tutti coloro che vengono coinvolti a livello legale. Ecco un “incipit” per me fondamentale: ogni settimana io dedico un giorno ad ascoltare le persone che devono denunciare degli atti, dei soprusi da parte della mafia. I cittadini che si presentano sono tantissimi! Questo è un grande atto di fiducia che, ovviamente, mi riempie di un sano orgoglio e trovo che questo tipo di collaborazione sia da considerarsi fondamentale. Quando ricevo, dopo aver individuato la tipologia dei reati che vengono messi in evidenza, smisto il caso alla Guarda di Finanza, alla Polizia e così via, secondo le diverse competenze. Quindi, ogni giorno dedicato ai cittadini che vogliono denunciare, riusciamo a metter insieme tre / quattro denunce di soprusi... il che è un gran risultato. Inoltre, voglio sottolineare il fatto che studio molto i processi del passato e stimolo i giovani magistrati che lavorano con me a fare altrettanto, perché proprio attraverso lo studio di ciò che è accaduto noi possiamo continuare il percorso iniziato.” Dopo una sua prima candidatura alla Procura di Milano ora si profila quella alla Procura Nazionale. Quali le motivazioni? “Tra tre anni finisce il mio mandato di procura a Catanzaro, mi stavo già guardando intorno quando si è liberata la sede di Milano. Teniamo presente che la Lombardia e il Piemonte sono tra le principali zone coinvolte dalla 'Ndrangheta,-taglio2- perché proprio in queste regioni girano più soldi e quindi ne è facilitato il riciclaggio. La ricchezza si mimetizza meglio al Nord, piuttosto che al Sud poiché proprio si tratta di un territorio più ricco (pensiamo ad alberghi, ristoranti pizzerie) che, se sorgono nel Sud, essendo più povero, danno immediatamente nell’occhio. Nel Nord meno e in questi luoghi sono possibili falsi scontrini perché tramite i contanti realizzati può essere agevolato lo spaccio della droga. Non dimentichiamoci delle zone agricole che usufruiscono dei fondi Europei, del campo dell’edilizia, dove lo smaltimento dei rifiuti non avviene spesso in discarica autorizzata, ma per strada. Poi, come è noto, del posto a Milano non se ne è fatto nulla, ma rimane il ruolo del Procuratore Nazionale Antimafia. Bisogna rilevare che questo è particolarmente interessante ed utile alla società, perché riesce a riordinare informazioni sui diversi paesi nei quali la malavita provoca danni notevoli alla società: parlo dei produttori principali di cocaina: Bolivia, Columbia, Perù. Le mafie sono cambiate, certo è innegabile che uccidono di meno perché non hanno più bisogno di incendiare l'auto del consigliere comunale, ma questo perché, in qualche modo, anche noi tutti siamo collaboratori della Mafia. Siamo inquinati perché, per non rinunciare alla settimana bianca, al SUV da 80 mila euro, al vestito firmato da 800 euro, veniamo comprati per cui il collaboratore di giustizia che ci racconta com'è riuscito a corrompere un sindaco, un parlamentare, fornisce dati molto utili per l’indagine. Questo non significa che noi siamo arrivati ad identificare i vertici delle mafie. Quanto sopra ci fa capire come il lavoro da svolgere è sempre tanto e in continuo cambiamento.” Falcone diceva: “segui la via del denaro e troverai i vertici della mafia”. Come commenta quest'affermazione? “Questo non risponde più alla realtà, perché il riciclaggio messo in atto in questo momento confonde abbastanza le acque. Ci sono diversi paradisi fiscali quali Austria, Regno Unito (Londra), Olanda, Stati Uniti ed altri. Faccio un esempio: se io vado alle Isole Cayman portando dei contanti, e apro un conto poi mi reco a NY o a Washington e apro un fido di 500mila dollari, sempre presso la stessa banca, effettivamente riciclo del denaro pur non spostando di fatto il contante. Ci sono state delle grandi indagini negli USA che non hanno portato a risultati soddisfacenti: “tanto rumore per nulla”. Parliamo ora dell'Europa (intendo Europa economica e bancaria), dove la truffa è possibile per mancanza di un valido interesse politico su tali problemi, per cui questa istituzione non può avere la forza di imporsi. Voglio sottolineare il fatto che sono assolutamente pro UE, ma la procura e il sistema giudiziario europeo non funzionano come dovrebbero. In Italia abbiamo la migliore legislazione antimafia al mondo, ma non riusciamo a svolgere bene le indagini internazionali perché ci sono paesi in Europa che non collaborano assolutamente con la nostra giustizia come l ‘Austria e soprattutto la Germania che è il paese occidentale con la più alta densità di 'Ndrangheta! Questo comporta che il PM a livello nazionale italiano antimafia debba avere un fiuto particolare per superare queste difficoltà: deve “annusare la presenza” della 'Ndrangheta e poiché io mi occupo di questo problema dal 1986 penso di essere utile a dare un contributo in questo senso. Io ci provo e pongo la mia candidatura e la mia disponibilità a ricoprire un ruolo di Procuratore Nazionale.” Per concludere: perché il suo ultimo libro si intitola “Non chiamateli eroi”?** “Falcone non si sentiva un eroe, lo ha sempre detto: i tutori della Legge sono persone che danno tutti se stessi. Se fanno il proprio lavoro e portano avanti la loro professione con dignità e impegno, di sicuro non si sentono superuomini. Invece ritengo che l’essere persone comuni che hanno un grande senso del dovere, ma nella normalità, avvicini la gente talmente tanto che incarnano esempi da imitare.”





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