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Coltivare l’esistenza

di Alfredo Salucci

Numero 179 - Luglio-Agosto 2017

Organizzato dall’Università degli studi di Salerno un importante Convegno sui giardini storici e sulla loro attuale condizione, tutta da valorizzare


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Il 23 maggio 2017 (organizzato dal Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale dell’Università degli studi di Salerno, in collaborazione con il Laboratorio di Filosofia e Linguaggi dell’Immagine, la Associazione Parchi e Giardini d’Italia e la Associazione Anna De Sio), si è svolto un Convegno sui giardini storici per riflettere, in generale, sull’oblio del giardino nel nostro tempo e, in particolare, sullo stato di abbandono e di degrado in cui versano molti giardini storici della regione Campania. Il Convegno ha visto la partecipazione di diversi studiosi italiani: filosofi (Massimo Venturi Ferriolo e Enzo Cocco), architetti e paesaggisti (Vincenzo Cazzato, Mariella Zoppi, Maria Luisa Margiotta), storici dell’arte (Giovanna Alberta Campitelli) che si sono misurati con le problematiche che i giardini storici pongono, sia a livello di conoscenza che di tutela, per conservare e valorizzare un bene (tale è il giardino) la cui materia principale è fatta di desideri, di sogni, di quella inclinazione naturale dell’uomo che lo spinge a cercare un eu-topos: quel luogo felice che, per dirla con lo Shakespeare del Riccardo III, ognuno cerca come l’estate gloriosa da contrapporre all’inverno del nostro scontento. -taglio- Nella sua introduzione al Convegno, Enzo Cocco (responsabile scientifico di un progetto dipartimentale che, tra le altre finalità, ha quelle di censire e schedare i giardini storici della Campania, a partire da quelli delle province di Salerno e Avellino) ha ricordato come il giardino, opera d’arte tra le più fragili, sia legato al tempo e alla pazienza. Il tempo del giardino è il tempo della storia che trascorre sulle cose, mutandone l’aspetto e i colori, è il passo delle stagioni che porta via le foglie del rimpianto e ravviva le gemme della speranza. La pazienza nel giardino è, poi, il lavoro e la cura, la mano che interviene leggera e l’attesa che lascia essere. Questo concetto ha rappresentato il filo rosso che ha legato i vari interventi. Massimo Venturi Ferriolo ha ricordato il profondo significato del curare la terra. Curandola, noi coltiviamo di fatto la nostra esistenza. Perché questo sia possibile, però, bisogna ripartire da un’etica della -taglio2- responsabilità, che coinvolga gli individui singoli e i poteri pubblici. Alberta Campitelli (con il racconto del recupero e del successivo abbandono dei giardini di Villa Borghese), Vincenzo Cazzato (con la dimostrazione di quanta scarsa conoscenza vi sia dei giardini storici d’Italia), Mariella Zoppi (portando a testimonianza le difficoltà del recupero dei giardini di Monet a Giverny), Maria Luisa Margiotta (con un’analisi precisa della storia e delle tipologie del giardino campano) hanno mostrato come, in assenza di un’etica della responsabilità nei confronti del luogo del nostro abitare, paesaggio e giardino siano destinati a non avere né un presente e né un futuro. Alla fine del Convegno, si è compreso più chiaramente che interrogarsi sul destino dei giardini storici “significa domandarsi cosa ne sarà dell’umanità, tanto intimo è il legame tra giardino e uomo”.





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