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Un rinnovato Don Giovanni

di Maresa Galli

Numero 248 - Marzo 2024

Torna in scena al Teatro di San Carlo, dopo ventidue anni, l’opera mozartiana con la regia di Mario Martone


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Al Teatro di San Carlo è andato in scena, dal 16 al 27 febbraio, “Don Giovanni” (titolo originale, “Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni”), di Wolfgang Amadeus Mozart, dramma giocoso in due atti con libretto di Lorenzo Da Ponte, da Tirso de Molina e Molière, composta nel 1787. -taglio- Il sovrintendente Lissner ha sottolineato la presenza appassionata di Martone, il grande lavoro del regista per una ripresa che lo ha coinvolto nel profondo, dopo ventidue anni dalla prima messa in scena. Con “Don Giovanni” il regista di “Nostalgia” e altri preziosi film conclude la trilogia dopo “Cosi fan tutte” e le “Nozze di Figaro”. “È un’opera che non riesco a staccare dalla mente, tenevo molto a rifarla a Napoli – afferma Martone - Tutto è costruito sull'azione dei cantanti, che sono stupendi. Lo spettacolo resta lo stesso, con costumi d'epoca e un solo elemento scenico, una tribuna, ma sto modificando qualche cosa soprattutto nel secondo atto. Voglio mettere a fuoco le figure femminili in una maniera attenta. Come in una arena, un tribunale, si scontrano il maschile e il femminile. Spero che lo spettacolo parli, divida sui temi. Su Don Giovanni e non solo”. Tutto nasce proprio da un memorabile “Don Giovanni” di Peter Brook con Claudio Abbado visto ad Aix en Provece, nel ’98, quando Stèphane Lissner era direttore del festival francese. “In scena non c’era nulla – spiega Martone - capì allora che si poteva lavorare in libertà con i cantanti. Opera misteriosissima – afferma il regista - Il libretto di Da Ponte è più una sceneggiatura cinematografica che un testo teatrale del suo tempo. Se le Figaro è bello scandito, Don Giovanni scappa da tutte le parti. Inafferrabile. E c’è pure l’aspetto criminale, quest’opera è anche un thriller di cui non conosciamo il finale, ponendoci tante domande.-taglio2- “Il teatro interroga il tempo in cui viene messo in scena”, e nell’epoca dei femminicidi molto è cambiato. “Allora e più ancora oggi ho puntato ad assicurare fluidità all’azione, che ritengo sia propria del teatro mozartiano come di quello di Shakespeare e di Molière, in più, in un dramma giocoso ricco di preziose indefinitezze, sull’età del protagonista e sull’arco temporale in cui si sviluppa l’azione, del tutto estraneo all’unicità aristotelica, la musica costituisce un imprescindibile motore unificante”. Sul podio dirige l’Orchestra del Lirico Constantin Trinks, specialista di Wagner e Strauss; Don Giovanni è Andrzej Filończyk, il Commendatore è Antonio Di Matteo, Donna Anna è l’intensa Roberta Mantegna, Don Ottavio è Bekhzod Davronon, Donna Elvira è Selene Zanetti, Krzysztof Bączyk è ottimo, espressivo Leporello, Zerlina è Valentina Naforniţa, Pablo Ruiz è un credibile e bravo Masetto. Prezioso il gioco di luci disegnato Pasquale Mari. Buona prova del Coro diretto da Fabrizio Cassi. “Don Giovanni” ha un meccanismo teatrale perfetto, moderno, nell’emozionante regia di Martone. Belle le scene come la tribuna disegnata da Sergio Tramonti che ha curato anche gli eleganti costumi. I giudici sono fantocci e le vittime del seduttore sono bambole. La figura del protagonista si eleva da un costume settecentesco a mito, anticipando temi del romanticismo e interpretazioni eterne. E si apprezzano altre innovazioni formali, come la concatenazione degli ensembles, già adoperata da Mozart nel “Figaro”, e la “scena della statua”, nella quale i musicisti dodecafonici hanno letto elementi della loro tecnica. Modernità di Mozart, perfettamente letta nella sapiente regia di Martone che ha colto la nuova sensibilità dei tempi. Tanti, meritati applausi alla prima.





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