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Revocare l’amministratore di condominio

di Giovanni Tramontano

Numero 190 - Luglio-Agosto 2018

Un argomento particolarmente problematico ma, al tempo stesso, interessante è quello della revoca dell’amministratore di condominio


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L’articolo 1129 del codice civile, all’undicesimo comma, prevede che “la revoca dell’amministratore può essere deliberata in ogni tempo dall’assemblea”. Ciò posto, la legge consente la sostituzione dell’amministratore con uno nuovo in qualsiasi momento, sia nel caso in cui costui abbia commesso degli errori, sia ove stia svolgendo diligentemente il proprio mandato, anche laddove il mandato non sia ancora scaduto. Una prima ipotesi nella quale è possibile cambiare amministratore è, banalmente, quella in cui si attenda la scadenza dell’incarico. In proposito, nel codice civile, la durata è indicata in un anno anche se, alla scadenza, il mandato si rinnova per un ulteriore anno. In termini pratici, salvo che alla fine del primo anno sia intervenuta la revoca della figura de qua, solo alla fine del secondo anno spetta all’amministratore la convocazione dell’assemblea nella quale si decida in relazione alla rinnovazione del mandato o alla sua revoca. -taglio- Nel caso in cui non la convochi, egli è automaticamente decaduto e obbligato, inoltre, al compimento dei soli atti urgenti senza alcun diritto ad ulteriori compensi. Un’altra ipotesi di revoca del mandato concerne i casi in cui l’amministratore abbia posto in essere gravi irregolarità, abbia causato danni al condominio, si sia trovato in situazioni di conflitto d’interesse o si sia disinteressato delle istanze dei condomini. In tali circostanze trattasi della cosiddetta revoca per giusta causa. Diametralmente opposta è, invece, l’ipotesi di revoca senza giusta causa che ricorre ove nessuno dei comportamenti integranti l’altra ipotesi precedentemente indicata siano stati integrati e, ciononostante, l’assemblea decida di sostituire l’amministratore che abbia sempre svolto diligentemente il proprio mandato. In assemblea sono necessari due quorum: uno costitutivo ed uno deliberativo che variano a seconda che si tratti di deliberazione in prima o in seconda convocazione. In prima convocazione, caso piuttosto raro nella pratica, il quorum costitutivo richiesto per la validità della costituzione dell’assemblea è pari alla presenza di tanti condomini che rappresentino almeno i due terzi dei millesimi dell’intero edificio e la maggioranza dei condomini. Il quorum deliberativo richiesto è, invece, -taglio2- pari alla maggioranza degli intervenuti in assemblea e ad almeno la metà dei millesimi dell’edificio. In seconda convocazione, il quorum costitutivo coincide con almeno un terzo dei millesimi dell’intero edificio ed un terzo dei condomini; il quorum deliberativo richiesto deve essere pari alla maggioranza degli intervenuti in assemblea e ad almeno un terzo dei millesimi dell’edificio. Di contro, nel diverso caso di revoca per giusta causa, nelle ipotesi tipizzate dalla legge e soprariportate, è ugualmente necessaria la votazione in assemblea e le maggioranze richieste sono le medesime previste per la revoca senza giusta causa. Nei peculiari casi nei quali l’assemblea non riesca a riunirsi o non si raggiunga mai il numero minimo per votare è attribuita dall’ordinamento la facoltà, per ciascuno dei condomini, di rivolgersi al tribunale al fine di ottenere un provvedimento di revoca. Nei casi nei quali, poi, il comportamento dell’amministratore integri gli estremi di un reato, ogni singolo condomino o una pluralità di essi può presentare denuncia alla Procura della Repubblica, ai carabinieri o alla polizia e, successivamente, costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento dei danni.





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