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Nel segno della Turandot

di Maresa Galli

Numero 247 - Febbraio 2024

Una favola in chiave dark rende omaggio a Puccini presso il Teatro San Carlo di Napoli


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Il Teatro di San Carlo apre la Stagione d’Opera e Balletto 2023/2024 con “Turandot”, l’ultimo capolavoro di Puccini a un secolo dalla morte. Lo spettacolo è dedicato anche a Maria Callas che si esibì per la prima volta al Lirico nel 1949 nel ruolo del titolo per tre rappresentazioni. “Turandot”, nuova produzione del San Carlo,-taglio- in scena per la regia di Vasily Barkhatov al suo debutto sancarliano, è diretta da Dan Ettinger. L’opera, in tre atti e cinque quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, che mancava dal Massimo dal 2015, è andata in scena nella versione con il finale di Franco Alfano. Firma le scene Zinovy Margolin, i costumi Galaya Solodovnikova, le luci Alexander Sivaev. Il cast è composto da star del calibro di Sondra Radvanovsky, il grande soprano statunitense, una delle più belle voci del panorama lirico mondiale, nel ruolo di Turandot. “La principessa – spiega Radvanovsky – avverte il peso dell’ava uccisa da un marito violento e per questo odia tutti gli uomini. Ricorda Elisabetta I d’Inghilterra, ha un destino segnato: quello di regnare. Turandot cerca intensamente l’amore, che per lei è un sentimento nuovo; ne ha paura, come una bimba”. Yusif Eyvazov, celebre tenore azero, è il principe Calaf. Eyvazov non accetta il comportamento del principe Calaf, un eroe che permette che sia uccisa una fanciulla innocente per poi vivere il suo amore per Turandot. In questa lettura, però, Liù non appare tanto vittima innocente. Rosa Feola, talentuoso soprano italiano, è Liù, a lungo applaudita dal pubblico per l’eccellente interpretazione. In alternanza con il cast principale Oksana Dyka (Turandot), Seok Jong Baek (Calaf), Amina Edris (Liù). Completano il cast vocale Nicola Martinucci (l’Imperatore Altoum), Alexander Tsymbalyuk (Timur), Alessio Arduini (Ping), Gregory Bonfatti (Pang), Francesco Pittari (Pong), Sergio Vitale (Un mandarino); Valeria Attianese (Prima ancella), Linda Airoldi (Seconda ancella), Vasco Maria Vagnoli (Il Principino di Persia). Maestro del Coro, come sempre ben preparato, Piero Monti. -taglio2- Altrettanto notevoli le Voci Bianche preparate da Stefania Rinaldi. Apre lo spettacolo un filmato, girato nella Basilica di San Lorenzo Maggiore di Napoli, con il funerale del padre di Calaf, il vecchio Timur, re spodestato dei Tartari. I due innamorati litigano in auto subendo uno spaventoso incidente. Dominano la scena l’auto incidentata, la sala operatoria, lo scambio continuo tra vita e morte, realtà e sogno. Se le voci della favola dark immaginata dal visionario regista russo convincono il pubblico, l’eccessiva modernizzazione della storia non ha convinto i melomani. Regista cinematografico, sceneggiatore, videomaker, Barkhatov, classe 1983, è tra i giovani registi più ambiti e innovatori. Ha firmato, tra l’altro, la regia di “Simon Boccanegra” di Verdi alla Deutsche Oper Berlin e “Le Grand Macabre” di Ligeti all’Opera di Francoforte. “Ho preservato la bellezza del trionfo dell’amore che sembra un super happy end. Calaf e Turandot sono come Romeo e Giulietta, Otello e Desdemona. Volevo offrire più livelli, a loro e alla storia, e allo stesso tempo conservare la bellezza della fiaba”, afferma il regista che cala la grande storia d’amore in un’atmosfera surreale e fantasmagorica, sottraendo le “incrostazioni” di rosso e oro delle decorazioni cinesi che hanno prevalso in tutte le sfarzose rappresentazioni dell’opera. Grandi comprimari, l’ultraottantenne Nicola Martinucci, nel ruolo di Altoum, così come Alexander Tsymbalyuk nel ruolo di Timur. Lunghi applausi per le tre superstar, Rosa Feola, Sondra Radvanovsky e Yusif Eyvazov, per l’Orchestra egregiamente diretta da Ettinger. In “Turandot” si avverte l’eco de “Le sacre du printemps” di Stravinskij, l’esplorazione di altri luoghi e culture, con innesti di suoni orientali con percussioni, inserendo un solo strumento cinese autentico, il gong. Grazie a questi e a tecnica e orchestrazione riesce a creare qualcosa di nuovo che non si era mai sentito prima. L’incantevole opera incompiuta pucciniana è geniale, nella definizione di Ettinger che plaude, dopo tanto verismo, ad una favola nella quale si avvertono i venti di guerra e di terrore in Europa, ieri come oggi. Un’opera attuale che continua ad emozionare e far discutere.





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