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MIRKOEILCANE

Pentagramma sociale

di Laura Fiore

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Cantautore romano, per la prima sul palco dell’Ariston, ha incantato critica e pubblico con la sua musica ricca di significati e di ironia


Il grande pubblico ha avuto modo di conoscere Mirkoeilcane in questi giorni, attraverso il solenne palco del Festival di Sanremo. I più appassionati, però, avevano già avuto modo di ascoltare quest’artista grazie al singolo “Epurestestate”, uscito qualche mese fa per celebrare la fine della “bella stagione”. Attualmente, invece, è disponibile su tutte le piattaforme online “Per Fortuna”, il singolo che ha portato Mirkoeilcane a vincere Musicultura 2017. Un nome d’arte che si dimentica difficilmente, Mirko Mancini nasce il 6 maggio 1986. Cantautore romano che negli anni ha lavorato come chitarrista in studio e suona dal vivo con diversi artisti. Mirkoeilcane ha composto diverse colonne sonore, come quella della web serie “Forse sono io”, dei corti “Memories”, “Il lato oscuro” e “Quattro battiti” e del film “I peggiori”. Impegnato nella scrittura di testi e musica per altri artisti, nel 2016 decide di avviare una carriera musicale da solista, che viene consacrata con l’uscita del suo primo disco omonimo a gennaio. Nello stesso anno, Mirkoeilcane vince il Premio Bindi, il Premio Incanto, miglior testo e migliore interpretazione di cover al Premio Musica Controcorrente e il suo album figura tra le cinquanta opere prime candidate al Premio Tenco. Le tematiche sociali e i rapporti affettivi, figurano spesso al centro delle sue canzoni.

Ti abbiamo visto sul palco dell’Ariston nella categoria “Nuove Proposte”, come ti sei prepato all’avventura sanremese?

“Beh... innanzitutto ho dovuto imparare a gestire l’emozione, che si è fatta decisamente sentire sul palco. Ovviamente, ho cercato di prepararmi al meglio anche per quello che riguardava la parte musicale, l’interpretazione e tutto quello che comprendeva il cantare, che alla fine è l’aspetto che fa la differenza. Non bisogna lasciare nulla al caso!”-taglio-

Cosa hai provato quando hai saputo che il tuo brano aveva passato le selezioni?

“Un qualcosa a cavallo tra l’incredulità e l’orgoglio. Un insieme di emozioni miste, perché il Festival di Sanremo, per chi fa musica e vive di musica, visto da lontano sembra qualcosa di inarrivabile. Tuttavia, considerare la prospettiva che io stesso sarei dovuto salire su quel palco mi ha fatto un certo effetto...”

Il brano che hai presentato è intitolato “Stiamo tutti bene”, qual è il messaggio di questo singolo?

“Il brano è nato in seguito ad un periodo in cui non ricordo bene perché, ma ero vicino alla causa dell’immigrazione; ero rimasto forse colpito da qualche servizio e frequentando persone impegnate in quell’ambito, casualmente ebbi occasione di parlare con un ragazzo che spontaneamente si mise a raccontare la sua vita. Mi colpì tantissimo il modo in cui parlava delle atrocità vissute nella sua terra, tuttavia con un sorriso disarmante, colmo di gioia per essere ancora vivo e camminare sulle sue gambe. La scintilla è nata da lì, l’argomento, seppur velato, è l’immigrazione. In questo brano ho cercato di parlare di qualcosa ‘senza parlarne’.”

Sei da svariati anni nel mondo della musica, ed il tuo primo disco risale al 2016, come si è evoluta la tua musica in questo periodo?

“Si è evoluta sì, ma non di troppo in realtà. Personalmente, sono legato ad una certa tradizione da cantautore e cerco di allontanarmene il meno possibile. Faccio poca fede a tutto quello che è la moda del momento, ma non per snobismo, semplicemente perché tutto quello che mi riesce meglio è preoccuparmi di mettere in fila delle parole sensate e che possano far riflettere qualcuno. Dal primo disco, al secondo, che uscirà subito dopo Sanremo c’è una piccola differenza, tuttavia è soltanto una questione di esperienze e di anni che passano.”

Sei un cantautore, quando capisci che un brano è pronto per essere presentato al pubblico?

“Immagino sempre un brano quando scrivo, e lo considero ‘pronto’ nel momento in cui mi rendo conto che il mio lavoro potrebbe essere effettivamente apprezzato. Sicuramente immagino come potrebbe essere il live: la realtà che più sento mia e la reazione del pubblico. Rifletto su quello che scrivo e mi chiedo se questo può arrivare subito o ha bisogno di ragionamento e se, insomma, può avere o meno un impatto immediato. Cerco di fare sì che le canzoni abbiano sempre un senso, lungi da me comporre il classico tormentone estivo!”

Quando hai capito che la musica sarebbe stata la tua strada? Avevi un piano b?

“Assolutamente sì, l’ho anche attuato più di una volta! Avevo un piano b, c e d (ride, ndr). Scherzi a parte, ho lavorato un po’ ovunque, adesso da qualche anno faccio esclusivamente il cantautore perché mi occupa tanto tempo e mi permette di sopravvivere, ma nella vita ho fatto dall’autista, all’operatore di call center, al barista, al portiere di notte. Quindi, il piano b ad oggi, sarebbe ‘ritornare’ in un certo senso alla mia vita normale, detto ciò mi sento molto fortunato per quello che faccio.”

Che consiglio senti di dare a chi, come te, vuole vivere di musica?

“Fino a qualche tempo fa ho insegnato chitarra nelle scuole di musica, per cui questa domanda mi è stata posta più di una volta… La tentazione è quella quasi di dire ‘non è proprio il momento’, nonostante ciò credo fermamente che insistendo si raggiungano gli obiettivi prefissati. Ciò che reputo maggiormente necessario nella musica non è quello che ormai sanno fare tutti, ovvero cantare benissimo inediti e cover, ma si deve imparare a saper dire la propria, non per forza cantando, ma anche con gli strumenti, perché se la maggioranza si appassiona a quello che dici è più facile arrivare ai piani alti!”

Un sogno nel cassetto?

“Beh, un sogno nel cassetto molto banalmente è far conoscere la mia musica, le mie canzoni e il mio pensiero a quante più persone possibile, sarebbe il mio più grande risultato!”

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