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Leggere è anche fantasticare

di Alfredo Salucci

Numero 246 - Dicembre-Gennaio 2024

Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime


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Si legge poco. Oltre il 60% degli italiani non legge neppure un libro in un anno. In pratica appena il 40% degli italiani dell’età tra i sei anni in su legge almeno un libro all’anno.-taglio- Mentre solo il 6% della popolazione leggerebbe un libro al mese. Veramente poco se confrontiamo questi dati con quelli di altri Paesi. L’India risulta al primo posto con una media di circa 11 ore la settimana dedicate alla lettura. Seguono la Tailandia con oltre 9 ore, la Cina con 8 ore, via via fino all’Italia che risulta al ventiquattresimo posto con una media settimanale di 5 ore e mezza circa. Questa situazione non sembra migliorare con le nuove leve che già da piccoli si incollano allo smartphone o al tablet in modo quasi irreversibile. E questa cosa capita già con bambini e bambine di appena tre anni, capaci di smanettare a una velocità incredibile alla ricerca di video di cartoni animati, tanto che nemmeno un adulto esperto riuscirebbe a fare. Ma l’interesse per questi oggetti, che restano ancora misteriosi, tocca anche gli adulti che passano ore sul loro smartphone, sempre a portata di mano. E la lettura? Purtroppo anche questi oggetti hanno contribuito a distogliere dalla lettura, ma non è solo colpa loro. Noi italiani siamo sempre stati un po’ restii a leggere, e le ragioni portate a discolpa sono il tempo, non c’è tempo per leggere, il costo dei libri, alcuni libri in realtà costano troppo, ecc. Ma tra le cause effettive la primaria è la mancanza di abitudine a leggere. Molti di quelli che non leggono, avvertono la lettura come un peso, quasi una sofferenza. Sono quelli che sin da piccoli non sono stati abituati a tenere un libro in mano che non fosse quello scolastico. A tutte queste ragioni vanno aggiunti i social media e la televisione, che contribuiscono ulteriormente a distrarre dalla lettura. Eppure fra leggere e guardare qualcosa c’è una differenza enorme. Fateci caso: la lettura stimola la fantasia, il guardare la televisione o altro no, la soffoca. Lo sguardo è un qualcosa di passivo, si guarda ciò che è stato confezionato da altri, cosa che non impegna per niente la nostra fantasia, tanto che possiamo rispondere anche al cellulare mentre guardiamo la televisione, azione impossibile mentre leggiamo un libro.-taglio2- La lettura non tollera distrazioni, il lettore deve sempre restare vigile, perché è parte attiva, non può e non deve distrarsi per evitare che improvvisamente ambiente e personaggi svaniscano nel nulla. Proprio così. Leggere, poi, coinvolge, prende il lettore. Infatti, l’ambientazione di un romanzo per quanto particolareggiata possa essere lascia sempre spazio all’immaginazione di chi legge. E questo vale a maggior ragione per i personaggi. In questo caso è il lettore con la sua fantasia a definirli esteticamente e spesso anche nella loro intimità. In pratica completa il lavoro dello scrittore, facendo diventare un determinato personaggio il suo personaggio. È quanto ha affermato anche Marcel Proust: “Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto uno strumento ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Ma fantasticare è anche sognare ad occhi aperti come ha scritto Michel Foucault: “Per sognare non bisogna chiudere gli occhi, bisogna leggere”. È proprio così. Leggere è sognare, fantasticare, immaginare, e questo ci aiuta a mantenere attiva la nostra mente, e ci fa ritornare un po’ bambini quando fantasticare era una cosa normale e la meraviglia traspariva dai nostri occhi spalancati.
Sempre a proposito della lettura Umberto Eco ha scritto: “Non ce ne rendiamo conto, ma la nostra ricchezza rispetto all’analfabeta (o di chi, alfabeta, non legge) è che lui sta vivendo e vivrà solo la sua vita e noi ne abbiamo vissuto moltissime. Ricordiamo, insieme ai nostri giochi d’infanzia, quelli di Proust, abbiamo spasimato per il nostro amore ma anche per quello di Piramo e Tisbe, abbiamo assimilato qualcosa della saggezza di Solone, abbiamo rabbrividito per certe notti di vento a Sant’Elena e ci ripetiamo, insieme alla fiaba che ci ha raccontato la nonna, quella che aveva raccontato Sheherazade”.





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