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Il sapere non è contemplazione

di Pasquale Matrone

Numero 232 - Luglio-Agosto 2022

Non è più necessario sottolinearlo: il sapere non è contemplazione. Ma non è stato sempre così


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Non è più necessario sottolinearlo: il sapere non è contemplazione. Ma non è stato sempre così. Nell’antichità e nel medioevo la distinzione tra arti liberali e arti meccaniche era netta. Pur comprendendo che queste ultime erano necessarie al sapere superiore, le classi dominanti le consideravano tipologie secondarie di conoscenza, perché fondate su lavoro manuale, fatica fisica e pratica.-taglio- Le arti del trivio (grammatica, retorica e dialettica) e quelle del quadrivio (aritmetica, geometria, musica e astronomia) venivano definite liberali proprio in quanto destinate a essere esercitate da uomini liberi, considerati, a torto, individui più intelligenti e sensibili. Gli appartenenti alla classe dominante erano, infatti, ritenuti i soli dotati di attitudini e capacità fondamentali e imprescindibili per gli studi teorici e, soprattutto, per la contemplazione. Ciò era, naturalmente, in piena sintonia con ideologie e paradigmi socioculturali di periodi storici caratterizzati da una severa cesura tra classe dirigente e classe subalterna nonché segnati da rigidi dualismi: anima-corpo, cielo-terra, spirito-materia, nobile-schiavo, padrone-servo… Una prima rivalutazione delle arti meccaniche, vede la luce nell’età moderna. Figura emblematica di questo inizio di metamorfosi è stato Leonardo da Vinci che, pur avendo appreso la sua arte con la frequentazione di botteghe dove ancora vigeva una formazione artigianale fondata sulla manualità, non si ferma ad essa. -taglio2- mentre, infatti, realizza le prime opere, approfondisce le sue conoscenze teoriche, analizzando la realtà con metodo e genialità. Tuttavia, onde evitare anacronismi e forzature, va sottolineato che le sue “macchine” non nascono per alleviare il lavoro umano, bensì con l’intento di offrire svago ai sovrani, allietandone le feste. Molto di più, invece, incide sul cambiamento l’opera di Bacone, vero profeta dell’età industriale. Il suo motto “Sapere è potere” coniuga teoria e prassi, allo scopo di migliorare il rapporto uomo-natura e di ribadire che la conoscenza delle cose e delle leggi che le governano allarga il potere umano sul mondo nonché sugli strumenti da lui stesso inventati. Contemplare e agire. Le due dimensioni sono complementari e dotate di pari dignità, come sostiene Simone Weil, filosofa che, per affermare questa verità sacrosanta scelse di lavorare in fabbrica. Testimoniò così, concretamente, che il sapere non è contemplazione, ma necessaria propedeutica a un’azione consapevole; non appannaggio di privilegiati restii a sporcarsi le mani, ma un diritto-dovere di tutti, commisurato alle capacità dei singoli, a prescindere da ceto e censo.





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