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Il delivery del clean

di Claudia Minichino

Numero 248 - Marzo 2024

“Contro lo spreco di acqua e di tempo”: come ci rivela il suo CEO Stefano Mercaldo è questo il motto della start up campana con un processo e una linea di business che guarda al futuro


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Cleanery è una start up casertana nata dall’idea di fornire un servizio in delivery di lavaggio d’auto, casa e tappezzeria. Una chat bot che si apre dal sito su Whatsapp, si digita l’orario e il luogo in cui si desidera avere il servizio e via, -taglio- una persona verrà a pulirti l’auto mentre stai lavorando, sei a casa con i bambini o impegnato in qualsiasi altra attività della vita quotidiana. Ma l’idea non mira solo alla comodità. Il mercato tradizionale del lavaggio d’auto usa di media 3.000 lt d’acqua al giorno e 10 lt di sapone non biodegradabile per ogni auto che viene lavata, senza considerare la benzina impiegata per recarsi in loco, la relativa emissione di CO2 e il tempo annesso all’azione. L’idea del CEO, Stefano Mercaldo, e della compagine societaria è quella di fornire un servizio che possa semplificare la vita delle persone ma che possa anche educarli ad una scelta consapevole, ad una responsabilità climatica e a dare valore al tempo, al lavoro manuale e all’impatto che le nostre scelte hanno non solo sulla nostra vita ma sul futuro dell’intero pianeta. Con Stefano abbiamo chiacchierato degli inizi, del business model, di sogni e di difficoltà che senz’altro non mancano quando si sceglie di fare impresa al Sud e non nella canonica Milano… Stefano, partiamo da com’è nata Cleanery. "Cleanery è nata in un momento della nostra vita in cui io ero tornato a Caserta, stavo prendendo l’abilitazione da Dottore Commercialista e mi occupavo di finanza agevolata. In questa cornice, Sebastiano Parrillo, ad oggi CFO della start up, stava anch’egli tornando a Caserta dalla Francia, dopo aver preso l’abilitazione da consulente finanziario. Ci legava questa che era un’amicizia importante, d’infanzia. Non conoscevo il mercato del lavaggio d’auto, ma facendo delle ricerche ne scoprii le carenze in termini di sostenibilità, così gliene parlai. Le migliori storie nascono così: un’idea e qualcuno con cui condividerla.” Quando siete nati, avevate dei competitors sul mercato? “Più o meno nello stesso periodo in cui iniziavamo a buttare giù una linea di business, venni a conoscenza di una start up nata a Milano, che aveva un business model difatti identico al nostro. -taglio2- Ad oggi sono stati acquisiti da Telepass. Io sono sempre stato dell’idea << copia e fai meglio>>.” E qui arriviamo alle prevedibili differenze tra Nord e Sud, tra territori ormai “digitali” e territori con ancora delle reticenze sul tema. Quali sono state le più ostiche difficoltà da dover superare? “Sicuramente la prassi burocratica italiana e la non educazione delle persone del sud al digitale e a riconoscere il valore del lavoro manuale e della sostenibilità (che ha naturalmente un costo). Abbiamo dovuto aspettare un anno e mezzo prima che Invitalia ci facesse arrivare i primi fondi. Il secondo punto è chiaro: il servizio del lavaggio d’auto tradizionale può essere svenduto perché sostenuto da materiali a basso costo ma ad alto impatto ambientale. Questa non sembra essere una narrazione particolarmente interessante per il consumatore target. È il processo che vorremmo convertire.” Quali sono i piani di sviluppo futuro? “Nel B2B, specialmente su concessionarie, c’è poca marginalità ma un potenziale di crescita su partnership sicuramente interessante. Per il B2C, proprio in questo momento stiamo pensando di strutturare un punto fisico. Se anche una sola persona ci sceglie, sapremo che solo lei avrà risparmiato 150 lt d’acqua, 10 lt di sapone e tempo prezioso. Questo ci piace, ci dà uno scopo. Anche perché chi ci usa, dopo ci richiama. L’auto viene lavata molto meglio, di questo vi metto la mano sul fuoco.” Abbiamo parlato di numeri e di business. Dimmi qualcosa di romantico: qual è il sogno? “Siamo due ragazzi che lavorano per primarie multinazionali, che hanno studiato in importanti università d’Italia, ma non vogliamo scegliere la strada più comoda. Vogliamo fare impresa e vorremmo farla qui, senza sentirci dire che l’innovazione viene sempre importata dal Nord. Creare posti di lavoro, aiutare l’impatto ambientale e, dai esagero, bussare alla porta di Borsa Italiana perché ci siamo quotati.”





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