logo-editoriali

Debiti e debitori

di Adriano Fiore

Numero 189 - Giugno 2018

“Padre nostro che se nei cieli”, almeno questa parte è così tradotta un po’ in tutte le lingue nel mondo.


albatros-debiti-e-debitori

“Padre nostro che se nei cieli”, almeno questa parte è così tradotta un po’ in tutte le lingue nel mondo. Il resto, invece, è spesso frutto di variazioni sul tema che provocano un’inevitabile lost in translation, con sinonimi che poco rendono fede al significato originario, soprattutto data l’accezione che quei termini hanno assunto con il passare dei secoli. Un passaggio cruciale recita “rimetti a noi i nostri debiti”, che tuttavia in altre versioni come quella tedesca o spagnola vede sostituita la parola “debiti” con “colpe”.-taglio- La religione cristiana, la più diffusa in Europa e comunque sicuramente quella più influente, ha alla base una stretta correlazione – derivante dall’Antica Grecia – fra tali due concetti, arrivando addirittura nella principale invocazione al Signore ad utilizzarli l’uno in sostituzione dell’altro: chi è debitore è altresì colpevole, e dovrà rispondere nei confronti dell’Altissimo. Traslando tale riflessione al mondo del capitalismo e dell’odierna società del consumo, è proprio grazie al “senso di colpa” di chi contraeva una qualsiasi forma di debito che alcune economie – su tutte quella americana – hanno fondato il loro prosperare negli ultimi secoli. Chi non paga i debiti è al pari di un peccatore, e tale obbligo morale per molti istituti di credito negli States è risultato sufficiente per elargire prestiti a chi non dava alcuna garanzia su come saldare gli stessi, causando la crisi esplosa qualche anno fa e di cui ancora soffriamo gli effetti. Purtroppo oggi la cosa accade di nuovo, ma stavolta siamo in Italia, il tempio del Cristianesimo, ed a livello sistemico: il Governo del Cambiamento, fra i proclami degli scorsi mesi miranti ad un endorsment popolare che alla fine in parte c’è stato, ha aggiunto anche la possibilità di “riconsiderare” i nostri debiti nei confronti dell’Unione Europea. Così, come se fossero giocattoli da non voler restituire, quasi come se l’Italia non fosse che una casella di un grande Monopoli internazionale ed i soldi quelli colorati di carta velina. È vero, c’è il precedente della Grecia, che effettivamente fa ben sperare dato che dopo anni ancora non riescono a riprendersi e ci sono stati svariati giorni di sommosse popolari e panico incontrollato. È da imprudenti poter anche solo prospettare un voltafaccia del nostro paese nei confronti degli impegni presi a livello internazionale, significherebbe tradire la fiducia accordataci – sebbene con tante riserve che ora si dimostrano inevitabilmente fondate – ed al tempo stesso condannerebbe -taglio2- l’Italia e gli italiani ad un vortice senza fine, fatto di svalutazioni, impoverimento, privatizzazioni e tante altre cose brutte quanto difficili da spiegare. Forse il problema è proprio questo: gli europeisti così come le persone che si schierano davvero in difesa di tutti per il bene comune – e potremmo allargare il discorso al fenomeno migranti o alla condizione dei lavoratori – parlano in maniera difficile. Troppo difficile. Quando invece Salvini dice “Per gli immigrati è finita la pacchia” è comprensibile. Quando Di Maio proclama “Basta con l’Europa” diventa paladino di tutti quelli che stupidamente pensano che il problema sia l’Unione in sé e non le modalità attraverso le quali i nostri sciagurati politici hanno deciso di entrarvi. Per far sì che la cosiddetta pancia del paese, coalizzatasi dietro un mucchio di nemici da combattere senza però uno straccio di idea sul cosa fare dopo, torni a seguire chi prende delle posizioni serie ed in difesa dei diritti e del benessere di tutti sul medio-lungo periodo, si deve parlare chiaro. “Non pagare i debiti è da peccatori”, “Senza l’Europa perderemo i nostri risparmi”, o anche “Le tasse vanno abbassate più ai poveri che ai ricchi”, “I migranti sono come gli italiani degli anni ’50 e ‘70”: è vero, sono slogan al limite del semplicismo e potrebbero fomentare allarmismo ed un dibattito su chi non la pensa così, ma almeno che se ne parli. Sarebbe il momento che chi governa iniziasse a dimostrare la fondatezza di quello che dice, o che finisca di far finta di non vedere i problemi, di non capire, di essere semplice megafono di quella pancia di cui sopra. Il corpo umano è fatto di tante parti, ed oltre al ventre c’è anche un cervello, che dovrebbe essere quello da cui partono le decisioni. Se si decide di cambiare anche questo allora le cose non potranno che mettersi male, e magari dalla pancia per far partorire scelte e decisioni, si finirà per andare sempre più giù.





Booking.com

Booking.com