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Antonella Ferrari

di Paola Ratti

Numero 246 - Dicembre-Gennaio 2024

Interessante ed arricchente il secondo libro dell'attrice e scrittrice Antonella Ferrari dal titolo “Comunque mamma. Storia di una ferita ancora aperta”


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Ci sono dei libri che nascono dal cuore (a volte ferito) e riescono non solo ad emozionare, ma anche a scuotere il lettore, tanto da portarlo ad avere una empatia immediata con coloro che li hanno scritti. -taglio-In questa preziosa categoria troviamo “Comunque mamma. Storia di una ferita ancora aperta” di Antonella Ferrari (edito da HarperCollins Italia e nelle librerie dallo scorso 27 ottobre). Antonella è un volto molto noto ed amato dal grande pubblico: attrice di talento, ha recitato in varie serie tv tra cui “Centrovetrine” a “Un matrimonio”, oltre ad aver ricoperto diversi ruoli tra cinema e teatro, lavorando con registi del calibro di Pupi Avati. E non è finita qui: dal 2010 tiene una seguitissima rubrica sul settimanale “Chi”, dove risponde alle lettere di chi vive la sofferenza in prima persona, come lei. Tra l'altro ha raccontato la sua lotta con la sclerosi multipla nel memoir “Più forte del destino” (Mondadori, 2012), vincitore del Premio Albori, diventato anche uno spettacolo teatrale di grande successo. Molto impegnata nel sociale, Antonella è Cavaliere al merito della Repubblica Italiana e nel dicembre del 2022 è stata insignita dell’Ambrogino d’Oro. “Comunque mamma. Storia di una ferita ancora aperta” è il suo secondo libro e, come il precedente, ha una forte componente autobiografica: Antonella racconta infatti di come, essendo lei affetta da sclerosi multipla, si sia trovata praticamente sbarrate tutte le strade per diventare madre, dalla fecondazione assistita all'adozione. Così lei ha cercato, con l’energia positiva e l’entusiasmo contagioso che la contraddistinguono, altri modi per considerarsi mamma. Attraverso la realizzazione artistica, l’amore per chi le sta più vicino, il contatto prezioso e unico con Grisù, il suo inseparabile “bambino peloso”. Partendo dalla necessità di venire a patti con il dolore, Antonella Ferrari ha deciso di mettersi a nudo e raccontarsi senza far mancare mai l’ironia e la leggerezza. Un racconto che parte come personale per poi farsi universale, perché come lei stessa ci ha spiegato nel corso di questa intervista, sono molte le donne (e non solo) che si sono ritrovate nella sua storia e nella sua ferita. Una ferita che, come dice il titolo del libro, continua a rimanere aperta e a far male anche perché purtroppo la società fa ben poco per curarla. Com'è nato il libro “Comunque mamma. Storia di una ferita ancora aperta”? Qual è stato il momento preciso in cui ha deciso di scriverlo? «Era da anni che volevo scrivere questo libro. Dopo il grande successo del primo, “Più Forte del Destino”, ho capito che per me scrivere è terapeutico. Durante la pandemia mi sono decisa. È stato molto doloroso lavorarci, ricordo che mi dovevo fermare spesso perché mi ritrovavo a piangere, ma mi auguro che anche questo libro riesca a curare le mie ferite come il precedente». È stato doloroso per lei mettere nero su bianco il suo percorso per cercare di diventare madre, con tutto il relativo carico emotivo? «Tantissimo. Ripercorrere quegli anni è stato molto doloroso. Con il primo libro ho fatto pace con i ricordi dolorosi proprio grazie alla scrittura quindi mi auguro sia così anche in questo caso». Quali sono le frasi degli altri che le hanno fatto più male in questi anni?-taglio2- «Ho conosciuto tante donne ignoranti e cattive. Spesso mi sono sentita dire: “Tu non puoi capire perché non hai figli”, oppure ho scoperto che molti davano per scontato che io, con la sclerosi multipla, non potessi avere figli. Una donna con sclerosi multipla può tranquillamente diventare madre e la malattia non c’entra. A me un figlio non è arrivato, punto. Perché dare sempre la colpa a qualcuno?». Il libro racconta una vicenda personale, in cui però molte donne si possono ritrovare. Uno dei suoi obiettivi è far riflettere e aprire un dibattito, anche sulle difficoltà dell'adozione in Italia? «Si io spero che molte donne non mamme si riconoscano nel mio racconto e possano trovarne giovamento. Spero anche che le istituzioni ascoltino il mio grido e mettano mano alla legge sull’adozione ma, soprattutto, alle linee guida perchè è assurdo che una donna malata non possa adottare un bambino. Chi l’ha detto che un bimbo non possa crescere nell’amore anche con una mamma imperfetta come me?» Quali sono stati i primi feedback avuti da chi ha letto il libro? Cosa le dicono i suoi fan, che sappiamo essere numerosi? «Sto ricevendo tantissimi complimenti, tantissimi commenti positivi. Molte mi dicono che si riconoscono nelle mie parole e molti uomini dicono di aver capito di più delle loro mogli. Tutti dicono che il libro scorre veloce e che è molto vero ed emozionante. Sono proprio contenta!» “Comunque mamma. Storia di una ferita ancora aperta” sarà anche un audiolibro? «Si sto registrando proprio in questi giorni l’audiolibro che dovrebbe uscire a dicembre». Vorrebbe portare questo secondo libro a teatro come era già successo con "Più forte del destino”? «Questa volta sogno di trasformare questo libro in un film. Molti addetti ai lavori che l’hanno letto mi hanno detto che sembra già una sceneggiatura di un film quindi spero che qualche regista si faccia avanti. Io lo aspetto a braccia aperte». Quali sono i suoi prossimi progetti? «Il film appunto. È un sogno che ho nel cassetto da anni e spero che finalmente, con l’uscita del libro, si possa realizzare. Per il resto continuo a tenere la mia rubrica sul settimanale Chi e aspetto nuove proposte dalla tv. Ora sono ferma ma spero che presto arrivino belle notizie». Invece ha ancora dei sogni nel cassetto che riguardano la sua carriera? «Sogno di lavorare di più, di tornare sul set perché fare l’attrice è quello che mi piace di più. Negli ultimi anni ho fatto molta tv, l’anno scorso ero inviata nel programma “O Anche No” su Rai tre, ma il cinema, la fiction e il teatro rimangono i miei amori più grandi. Sogno semplicemente di lavorare, cosa che spesso i pregiudizi mi impediscono di fare».





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