logo-spettacolo

Vite segnate

di Maresa Galli

Numero 187 - Aprile 2018

La storia di una Napoli appena uscita dalla guerra, quest’ultima protagonista invisibile delle vite dei personaggi di “ordinaria violenza”


albatros-vite-segnate

“Cravattari” che affronta il tema dell’usura, “Lontana la Città” il racket, “Maddalena” la Legge 180, e tanti altri lavori teatrali collocano, di diritto, Fortunato Calvino tra i drammaturghi attenti al sociale, con i suoi testi di fine psicologia che mai scadono nel facile sociologismo. Con la sua trilogia composta da “La statua”, “Ordinaria violenza”, “Vico Sirene”, l’autore, per dirla con Mariano D’Amora che ha prefato il suo libro (Bulzoni editore) lascia che “l’elemento poetico sia costantemente aggredito da violente schegge di realtà. (…) Il suo teatro mira, come fine ultimo, alla consapevolezza critica dello spettatore nel suo essere anello chiave di una comunicazione osmotica fra scena e società. Una visione nella quale non sembra essere contemplata la Napoli borghese di Eduardo ma principalmente quella della passione, della miseria, umana e culturale (quella di Viviani)”. -taglio- Al Teatro La Giostra/Speranzella81 di Napoli, Calvino mette in scena “Ordinaria violenza”, prima parte della sua trilogia, spettacolo presentato in collaborazione con l’associazione “Donne a testa alta”. Siamo a Napoli negli anni ’50, in un dopoguerra amaro di eduardiana memoria, e il nucleo familiare di Anna e Mario rispecchia la violenza, la brutalità di un uomo frustrato che si consuma tra le mura domestiche, vittima la moglie che lo assolve e giustifica ai propri occhi e con i familiari. Anna, costretta a vendersi per mantenere anche il marito, è vittima consapevole di stupro, di botte, di insulti, di violenza fisica e psicologica e, come tutti i “sottomessi” pensa di meritare le punizioni che il carnefice le infligge. Quando il figlio le chiederà spiegazioni: “Mà? Pecchè papà è accussì?”, lei risponderà:- “’A guerra è la causa, l’ha cagniàto”. Il male maggiore (ma esiste un livello nell’abiezione?) sarà la “vendita” del figlio più piccolo alla sorella Elena che non può averne. Elena, benestante e amata dal marito, che sempre cerca di fare ragionare Anna sulla brutalità e sul degrado morale di Mario, Elena che, in fondo, secondo Anna non sa nulla dell’amore. La scena essenziale, -taglio2- fortemente simbolica, mostra un letto al centro della sala, con lenzuola rosso sangue, un coltello caduto di mano al marito-padrone, un tavolo, quasi un simulacro di normalità familiare per rimembrare giorni felici. Si susseguono flashback di ricordi di giorni migliori, flashback o forse visioni allucinatorie di una mente stanca che ha “rimosso” ferite insanabili per tutta la vita. Molto bravi e, come sempre, “in parte” e in sintonia col regista gli attori Roberta Serrano, Luigi Credendino, Laura Borrelli e Antonio Clemente. Un ottimo team al lavoro: Pina Strazzullo, assistente alla regia, Renato Clemente, disegno luci e foto di scena, Renato Lori e Gilda Cerullo, scenografi, i ragazzi dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. “Scrivere di una condizione così diffusa, perché la violenza sulle donne è ormai all’ordine del giorno – afferma Calvino - mi sembrava opportuno e necessario, un atto di giustizia verso le vittime di tanti maltrattamenti”. La sua scrittura, dolorosa, profonda, colpisce e fa riflettere ed è rivolta in particolare ai giovani, agli studenti, è una lezione di teatro quale riflessione e crescita per la collettività.





Booking.com

Booking.com