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Uno di famiglia

di Maria Paola Di Palma

Numero 207 - Febbraio 2020

Il vincitore del Festival di Sanremo Diodato si racconta sulla pagine di Albatros e ci porta nel suo fantastico mondo fatto non solo di musica


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“Fai rumore”, questo il titolo del brano che ha permesso ad Antonio Diodato di vincere la 70esima edizione di uno dei Festival di Sanremo più discussi degli ultimi tempi. In un’edizione in cui è stato detto e visto tanto, tantissimo, Diodato con la sua faccia pulita e la sua voce incredibile ha fatto innamorare praticamente tutti: pubblico e critica non erano mai stati così in sintonia, ma d’altronde quando una cosa è oggettivamente bella diventa complicato poter dimostrare il contrario. -taglio- Diodato è parte di un cantautorato nuovo, che si lascia influenzare dalle diversità della musica: il pop, il soul, e perché no, anche l’elettronica, creando così un sound degno di nota che difficilmente si può dimenticare. Inoltre, a rendere Diodato ancora più amato, è il fatto che è uno come noi: un ragazzo che di gavetta ne ha fatta tanta, ha preso batoste, ma non per questo ha mollato. È un po' l’amico che tutti abbiamo, ci sembra di conoscerlo da una vita e forse per questo condividiamo la sua gioia per la vittoria inaspettata. Il suo ultimo album, “Che vita meravigliosa” è diventato già un cult, ma ce l’aspettavamo perché Diodato è bravo. Punto.

È inutile negare che nel giro di pochi mesi la tua vita ha subito qualche stravolgimento importante, quindi la domanda è d’obbligo: come stai? “Grazie per averlo chiesto, sto bene… molto bene. Diciamo che sto vivendo un periodo molto sereno e non parlo solo dal punto di vista professionale. In linea di massima, però, è doveroso ammettere che il Festival mi ha praticamente catapultato in una dimensione parallela; improvvisamente le persone mi riconoscono, cantano la mia canzone e mi chiedono una foto. Se me l’avessero detto qualche anno fa, non ci avrei creduto, anche perché avevo approcciato Sanremo come un’esperienza, sai di quelle che si devono fare nella vita… della serie ‘come va, va’. Poi però è successo qualcosa… davvero non mi aspettavo minimamente di riuscire a raggiungere un risultato simile, porterò quell’emozione con me per tutta la mia vita.”

Diciamo che di “Rumore” nei hai fatto un bel po', come nasce il brano?

“Ho definito più volte ‘Fai rumore’ come un atto di ribellione più che una canzone. Si tratta di un voler urlare, però a modo mio; penso sia palese che sono una persona molto ponderata e tranquilla… avevo bisogno di qualcosa che gridasse al mio posto. Essere riuscito ad arrivare a tutti è la vera vittoria per me, volevo spiegare l’amore nella maniera più ampia possibile così da poter far riconoscere chiunque nelle mie parole.”

Quanto c’è di autobiografico nella tua musica?

“Tutto nella mia musica è autobiografico. Non sono uno di quegli artisti in grado di scrivere un brano a tavolino. Le cose che racconto devo averle vissute, altrimenti non saprei neanche che parole usare. La scrittura, inoltre, mi ha sempre aiutato molto anche nel mio privato… spesso ha rappresentato, e rappresenta, una terapia: quando scrivo mi sfogo e posso essere me stesso senza nessuna paura.” -taglio2- Ritornando al Festival, questa è stata un’edizione decisamente “movimentata”, cosa pensi della direzione artistica di Amdeus?

“Ne ho lette e sentite di ogni, ma come artista posso dire che Amadeus è stato straordinario; ha trattato tutti noi con i guanti, quasi come fossimo dei figli e ci ha protetto contro chiunque. Questo è quello che fa un direttore artistico, Amadeus non ha voluto essere la star della situazione, ed ha dimostrato molta umanità e professionalità. È vero, le polemiche sono state tantissime sulla sua persona, ma ha fatto scelte precise ed ha avuto il coraggio di osare, questo per me è avere carattere.”

Passiamo al tuo nuovo album “Che vita meravigliosa” uscito lo scorso 14 febbraio ed attualmente nella classifica dei dischi più venduti. Che lavoro è stato fatto?

“Si tratta di un album che rispecchia molto il mio stato d’animo degli ultimi tempi, a prescindere dalla vittoria del Festival. D’altronde, già il titolo penso dimostri la mia enorme positività, ed in questo lavoro ho voluto mettere al centro la vita in tutte le sue mille sfumature. In ogni singolo brano del disco racconto il mio vissuto e il mio sguardo sulla società, su ciò che mi circonda. Forse tra i pezzi che sento più ‘miei’ ci sono ‘Fai rumore e ‘Fino a farci scomparire’.”

Nell’album, c’è un mix di genere e forse la componente che stupisce di più è quella elettronica…

“Probabile! – ride ndr. Mi piacciono i Radiohead, quel loro gusto per un’elettronica un po’ malinconica e crepuscolare fa parte delle mie influenze musicali, unita alle mie radici più calde e mediterranee. In generale, amo mescolare i generi, sono cresciuto con artisti come i Beatles che affrontavano qualsiasi stile musicale, all'insegna della massima eterogeneità.”

Ci sarà quindi un tour?

“Sì, per ora posso annunciare solo due date incredibili: a Milano all'Alcatraz il 22 aprile, e a Roma il 29 aprile all'Atlantico. Il live è una cosa che adoro; il contatto con il pubblico, le reazioni spontanee e i cori… non vedo l’ora di poter imbracciare la mia chitarra e tornare sul palco.”

Un’ultima domanda: che dici ce la facciamo all’Eurovision?

“Oddio, non ci sto pensando. Una cosa per volta, non datemi troppe responsabilità! Sono felice comunque di poterci andare per rappresentare l'Italia e farò certamente del mio meglio!”





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