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Una nuova luce

di Maresa Galli

Numero 252 - Luglio-Agosto 2024

Il drammaturgo e regista Emanuele D’Errico racconta l’impegno di Puteca Celidonia che ridà lustro e speranza al Rione Sanità di Napoli


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Putéca Celidonia nasce nel 2018 da un gruppo di ex allievi della scuola del Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, e prende in gestione due beni confiscati alla camorra nel Rione Sanità. Due luoghi trasformati in sedi di attività socioculturali, in osmosi con il territorio, per offrire corsi di teatro e scenografia. E non solo.-taglio- Putéca Celidonia è un gruppo fondato da sei artisti: Emanuele D’Errico, Dario Rea, Clara Bocchino, Marialuisa Bosso, Teresa Raiano, Umberto Salvato. Oggi siete una affermata realtà teatrale e seguite più finalità, laboratori al quartiere Sanità, collaborazioni… “Si, siamo aumentati. Nel corso degli anni il numero dei soci è cresciuto. Si sono aggiunti costumisti, musicisti, l’ufficio stampa…Ci muoviamo seguendo tre percorsi: formazione, territorio e produzione. Oltre ai laboratori teatrali nei beni confiscati partecipiamo al progetto della Scuola Elementare del Teatro di Davide Iodice al Teatro Trianon. Collaboriamo con la Fondazione Grimaldi a Montesanto e con il carcere minorile di Nisida. I laboratori teatrali si svolgono in Campania. Siamo stati nel quartiere di Barra, a Nisida, a Forcella, nel Cilento”… Dal 27 al 30 marzo 2025 lo spettacolo “Felicissima Jurnata” di cui firmi drammaturgia e regia, sarà in scena al Teatro Nuovo di Napoli. Il lavoro si avvale di una grande attrice, Antonella Morea… “Si tratta di un lavoro che ha avuto una lunga gestazione, tre anni di preparazione, con tante residenze artistiche. Lo abbiamo portato, dopo il debutto alla “Primavera dei Teatri” di Castrovillari, a “La Corte Ospitale” di Reggio Emilia, all’ “Elfo Puccini” di Milano, al “Teatro Vascello” di Roma e al “Crampi Festival” di Roma, al Ridotto del Mercadante di Napoli: tutte date sold out! È liberamente ispirato a “Giorni felici” di Beckett. Ho messo insieme il teatro dell’assurdo del celebre drammaturgo e il Rione Sanità, l’assenza di vita reale che unisce sul filo della solitudine il basso napoletano e i protagonisti della pièce beckettiana. Siamo entrati nelle case del Rione Sanità, intervistando gli abitanti. Vedi cose che difficilmente si possono credere. -taglio2-Dalle loro storie nasce questo testo. La parte principale è stata affidata ad una grande attrice, Antonella Morea, con la quale avevamo fatto un workshop su “La Gatta Cenerentola” alla scuola dello Stabile. Un incontro incredibile, Antonella è perfetta! Si è messa molto in gioco, ed io sono un giovane regista…Un’esperienza importante per me. Con lei in scena Dario Rea e le voci degli abitanti del Rione Sanità”. Tra i progetti di Putéca Celidonia c’è “A voce d’ ‘o Vico”, format al quale partecipa tutto il quartiere, una grande festa… “Si, è un format immaginato pre-Covid, utilizzando gli spazi fuori i balconi. Sono intervenuti tanti artisti, da Eugenio Bennato a Eduardo e Maria Scarpetta, Lucio Allocca…All’inizio era “Settembre d’ ‘o vico”, poi è diventata una festa più strutturata, un vero e proprio spettacolo. Le donne che hanno seguito il corso di costumiste preparano i costumi a mano, le musiche sono di Antonio Sinagra: una follia kolossal. Il tema del primo anno è stato la semina, quest’anno la fioritura cui seguirà la raccolta. C’è una triennalità anche grazie al FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo) che da due anni ci finanzia”. Tra i sogni della compagnia c’è quello di creare una sartoria teatrale… “Si, una sartoria, l’apoteosi del lavoro artistico e teatrale, per creare anche opportunità di lavoro in un quartiere povero. Ormai ce ne sono davvero poche. Il corso di sartoria funziona da tre anni. Il laboratorio è aperto a tutti: al momento vi partecipano dodici donne attivissime che hanno realizzato i bei costumi delle marionette giganti della “Lisistrata”. Costruiamo anche il futuro, con residenze, incroci di persone di tutte le età, con un lavoro faticoso e anacronistico, non facile, specie per dei giovani. Dobbiamo trovare spazio e tempo, un tempo che la vita non ci consente di avere. È una lotta, ma è la nostra politica e poetica”.





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