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Un trio da ascoltare

di Antonino Ianniello

Numero 249 - Aprile 2024

Nuova frontiera del jazz nostrano, scopriamo insieme il mondo musicale dei Blewitt


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Blewitt, nemmeno 100 anni in tre, sono Stefano Proietti al pianoforte, Oscar Cherici al basso elettrico e Gian Marco De Nisi alla batteria: questo gruppo giovane ci offre l’opportunità per comprendere finalmente quale strada stia prendendo una parte del jazz oggi, in Italia. Alle spalle del trio, pianoforte, basso elettrico e batteria, esiste un inconfutabile tirocinio accademico… -taglio- quello maturato nei meandri dei diversi Conservatori del Lazio. Nelle loro teche vi sono già riconoscimenti ufficiali per questo precoce trio, collaborazioni ad ampio raggio fra il mondo del jazz e quello della canzone. Il loro intento è quello di coniugare la musica classica al jazz… operazione stimolante ed impegnativa, ma per chi ha coraggio e determinazione come i tre che formano i Blewitt non vi sono ostacoli. «Questo è un progetto in cui abbiamo creduto da sempre, dichiarano i tre giovani Blewitt, con sacrificio e tanto lavoro. Speriamo con questo album di trasmettere compiutamente la nostra idea ed identità musicale, basata sulla ricerca compositiva e la fusione dei linguaggi. Esplorare nuovi confini, come dichiara il titolo dell’album, è il nostro motto sin dal nostro primo incontro, un viaggio dal forte valore umano e sociale, che si pone l’obiettivo di andare oltre i confini dei generi e delle etichette e per fortuna, la musica permette tutto questo, essendo l’unico linguaggio compreso da tutti.» Poi specificano di «… volere fondere la letteratura pianistica della tradizione e con ritmi contemporanei, dal Neo Soul alla musica etnica Mediterranea, dall’avanguardia al jazz tradizionale.» Che cosa aspettarsi dal loro disco d’esordio registrato, presso i ‘Bauer Studios’ di Ludwigsburg in Germania, a seguire l’Ep ‘Overture’ nato nel 2022. Dunque: ‘Exploring New Boundaries’ (pubblicato da ‘Neuklang’ e ‘ADA Music’ (Warner Music Group), propone l’ascolto delle 12 tracce, dieci originali e due riletture: ‘Footprints’ di Wayne Shorter e ‘Passion dance’ di McCoy Tyner. È, comunque, molto più esplicativo di una formula in trio declinata con vigore creativo, grande sinergia e voglia di esplorare, come dice il titolo, confini, se non del tutto nuovi, quantomeno incrociati in modo originale. -taglio2- Le due componenti principali dell’incontro che propugnano sono l’impostazione classica ed il rigore esecutivo del pianoforte da un lato, ed il basso elettrico orientato al groove ed al ruolo solista e la propulsione ritmica molto incisiva della batteria dall’altro. Per le affinità stilistiche e per quella tendenza a scavalcare i generi, ricordano qualche altro Trio ma i ragazzi non celano le ascendenze jazz, come dimostrano le scelte delle due cover o questa versione di un classico di Chick Corea, e non mancano spunti indicativi di una identità originale in costruzione. Nell’apprezzabilissimo lavoro, la tracklist è di dodici composizioni per quasi ottanta minuti di musica dove i motivi di interesse e di apprezzamento non mancano. È il caso di ‘Verso l’Atman’ … una mini sinfonia, che parte da una introduzione giocata sulla serialità, si apre in una bella sezione swing per raggiungere, infine, nel motivo conclusivo, che richiama i toni di un bolero, armonie ed impressioni orientali. Oppure delle sferzate perentorie che in ‘Embrace your destinty’ si alternano a momenti di sereno movimento. Altri brani come ‘Red sun’, o ‘Pace nel Mediterraneo’ , si sviluppano a partire da una evidente melodia, per poi espandersi, sull’onda dei serrati fraseggi del pianoforte, in drammatici crescendo collettivi nei quali il trio sembra mettere in gioco una delle proprie caratteristiche migliori, ovvero la capacità di costruire nell’esecuzione, trovando consonanze e percorsi comuni che indirizzano i brani verso svolte inattese e territori da esplorare: accade sia nei brani citati che in ‘Bach to the future’, uno dei brani con le più marcate ascendenza classiche, che nel finale si coagula in un travolgente riff . ‘Footprints’ inizia in tono dimesso del tema di Shorter, per evolvere gradualmente, sotto la guida del basso, in una dimensione ritmicamente swing ed attraversata dalle escursioni del pianoforte … proseguendo con l’ampia sezione di piano solo, prima del vertiginoso finale. Chiude il disco una piccola versione (un minuto e mezzo) del brano di McCoy Tyner, fatta sparare a velocità impressionante dal trio Blewitt.





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