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Un mondo fantastico

di Angelo Luongo

Numero 199 - Maggio 2019

Ilenya Lucisano ci presenta il suo nuovo album e ci racconta della sua vita ricca di esperienze e soprattutto di musica


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Un po’ sognatrice, a tratti irriverente, Ilenya Lucisano, cantautrice calabrese, si presenta con il suo nuovo album di inediti “Punta da un chiodo in un campo di papaveri”. Storie della sua vita a tratti surreali e spesso complicate, suggestioni e immagini psichedeliche, racconti fantastici. Innamorata sin da piccola della musica, ha saputo negli anni conquistarsi il suo posto nello scenario del cantautorato italiano, calcando i palchi più importanti come quello di Area Sanremo, del Primo Maggio, vincendo addirittura il prestigioso Premio Lunezia. Oggi ci racconta il suo nuovo progetto, ed un po’ del suo mondo.

Il tuo singolo si chiama “Non mi pento” qui tu racconti di sensi di colpa e di errori fatti. Quanto c’è di autobiografico in questo brano?

“In realtà nella canzone dico proprio che non me ne porto dietro, nel senso che molto spesso valutiamo errori e pentimenti che abbiamo fatto ma che in realtà avevamo voglia di fare, quindi perché bisogna pentirsi di qualcosa che in quel momento ci ha reso felici, e per esserlo bisogna mettere a volte da parte i sensi di colpa.” -taglio- Sei stata sul palco del Concerto del Primo Maggio a Roma…

“Sì, ci ero già stata nel 2015 presentando uno dei brani del mio primo disco, ‘Movt movt’, cantato in dialetto calabrese. Sono salita su quel palco piena delle mie origini, per portare lì un po' della mia terra. È stata una bellissima esperienza, andarci per la seconda volta è stato come fosse la prima, è passato un po' di tempo, sono successe tante cose, soprattutto sono andata lì con un progetto nuovo in un contesto molto diverso. L’emozione è stata maggiore anche perché ora ho più coscienza di quello che succederà.”

Che rapporto hai con la tua terra di origine?

“È un rapporto di odio e amore, come tutte le persone che sono costrette a trasferirsi dal sud al nord e in altre parti del mondo per realizzare i propri sogni. La amo perché mi dà sempre l’ispirazione, perché per me è un rifugio, perché lì c’è la mia famiglia, la mia infanzia, dall’altra parte ‘odio’ il fatto che probabilmente se fossi rimasta in Calabria non avrei avuto il futuro musicale che ho avuto e che voglio.”

Il tuo esordio discografico risale al 2013, quando è nata invece in te la passione per la musica?

“Credo di averlo capito pian piano, non c’è stato un motivo scatenante né un momento particolare, quando mi sono trovata davanti alle difficoltà, alle cadute e comunque riuscivo a rialzarmi, a trovare le forze di credere in me stessa allora lì ho capito che dovevo continuare e -taglio2- che questa era la mia strada, la cosa che mi rendeva felice. Ho iniziato da piccolina e credevo fosse più che altro un gioco, mai avrei immaginato che potesse, un giorno, diventare il mio mestiere, nonostante io faccia un altro lavoro per mantenermi.”

Nel tuo album “Punta da un chiodo in un campo di papaveri” sono presenti molte storie surreali, un po' complicate, ti senti un po' Alice nel Paese delle Meraviglie?

“Sì, perché quando hai i piedi per terra è più facile poter sognare, perché trovi lo slancio per saltare più in alto. In fondo io sono una sognatrice, ho i miei rifugi mentali, parto dalla realtà per poter trovare dei mondi paralleli, che mi ispirano di più rispetto a quello reale. Se nelle canzoni parlassimo tutti della quotidianità, di cose comuni, la musica non ci aiuterebbe a sognare.”

Hai avuto l’onore di aprire il concerto di un mito della musica italiana: Francesco De Gregori. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

“Mi ha lasciato elettrizzata, perché io amo il Principe, sin da quando ero piccola. Questa è la terza volta che apro un suo concerto, ma è come se fosse sempre la prima, perché prendi sempre più coscienza di quello che vai a fare e quindi ti responsabilizzi sempre di più, e così dai ogni volta il meglio. Per me De Gregori è sempre stato un idolo, dal punto di vista autorale, e poter aprire un suo concerto è il massimo che posso raggiungere da fan.”





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