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Un fiume in piena

di Laura Fiore

Numero 187 - Aprile 2018

Furia è una cantautrice che ha davvero molto da raccontare e lo fa attraverso le note, le parole e le immagini. Noi di Albatros l’abbiamo incontrata per conoscerla meglio…


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“Cantastorie” è questo il titolo del primo lavoro discografico di Furia. L’album contiene tredici brani, che rappresentano il viaggio dell’artista nella vita quotidiana. Lei stessa definisce il disco come una sorta di contenitore di storie vere narrate come cronache poetiche, alcune di un passato glorioso, altre di ferite antiche che ancora si aprono nel presente. La sua musica è senza ombra di dubbio incentrata su temi importanti per la società moderna, come ad esempio il femminicidio. Inoltre Furia riflette sulla frattura necessaria e naturale che si è formata nei rapporti tra uomo e donna, e di come il ribaltamento dei ruoli e del potere nella coppia porti a conseguenze non sempre prevedibili. Una donna che sa perfettamente cosa vuole, e che ha scoperto di riuscire a trasmettere attraverso la musica il suo punto di vista. Furia è una moderna cantastorie che supporta le sue parole e la sua musica con narrazioni visive che sono spaccati di realtà in cui lei è la voce narrante, un “Io” che osserva da vicino l’accaduto, restituendoci una cronaca poetica dei fatti, delle gesta e dei sentimenti della generazione di oggi e del passato.

È uscito da pochi giorni il tuo disco d’esordio, qual è stato il primo riscontro del pubblico? -taglio- “È stato bello perché ho avuto riscontri positivi sia dalle donne che dagli uomini. Sottolineo quest’ultima cosa, perché trattando il mio disco argomenti prettamente al femminile, magari la gente può pensare sia rivolto solo al gentil sesso. Tuttavia racconta storie vere, che credo facciano parte un po’ della vita di tutti. Inoltre, il feedback è stato concreto anche sui social, in particolare su Facebook e nei paesi latini dove ho superato le settecentomila visualizzazioni col singolo ‘Tu sei mio’, che tratta appunto del tema del machismo.”

Ti definisci una cantastorie, unendo parole, musica e narrazioni visive… come mai hai deciso di prendere questa direzione?

“Avessi dovuto fare quello che ormai ascoltiamo da alcuni anni, mi sarei persa nel fiume dell’omologazione. Tutto è nato da uno degli ultimi casi di femminicidio che ho letto sul giornale: ero col mio produttore Luigi Albertelli - famoso paroliere italiano che qualche anno fa si è generosamente offerto di farmi da maestro tirando fuori questa mia qualità che io nemmeno lontanamente immaginavo di possedere – e lui, da buon maestro, ha saputo aiutarmi a mettere nero su bianco le mie idee. Mi definisco cantastorie perché credo che al di là di tutto le canzoni debbano unire le persone e far condividere dei sentimenti e delle emozioni, ma la caratteristica che ho ‘rubato’ ai cantastorie è quella di accompagnare al cantato le immagini, nel mio caso non disegni ma videoclip.”

La speranza è al centro della tua musica, spiegaci meglio...

“La speranza che le cose cambino, che ci sia un po’ più di sensibilità nel rispetto delle persone, delle donne, degli uomini, dei bambini… Sono stata molto shockata da quello che da anni ormai succede ogni due giorni: ovvero che una donna viene uccisa. Anche il fatto che si sia -taglio2- mosso questo grosso movimento partito dall’America è un segnale positivo: la speranza va in questa direzione, riuscire ad avere un mondo in cui non ci siano più queste situazioni insopportabili. Sarà difficile cambiare perché bisogna partire dalle basi, ma la speranza è che si vada nella direzione di una maggiore sensibilità.”

Nei tuoi brani parli della realtà odierna, racconti di vita vissuta, quale delle canzoni dell’album ti rappresenta maggiormente?

“Io sono una facile alla commozione: se guardo una pubblicità, un film o mi raccontano una storia scoppio a piangere. Detto ciò, sono legata ad ogni brano, anche perché è stato tutto un crescendo della mia formazione che mi ha portato ad essere cantautrice. Quando canto ‘Canzone a un bambino mai nato’, che ho scritto di getto subito dopo aver letto ‘Lettera ad un bambino mai nato’ della Fallaci, faccio fatica a finirla perché mi emoziona. Sostanzialmente ogni brano lo sento come una mia creatura, ognuno di essi ha una parte emozionale anche perché al contrario non si riuscirebbe a scrivere un testo che abbia un senso…”

Quali sono i tuoi prossimi progetti?

“Stiamo organizzando dei concerti per la bella stagione, stiamo concordando le varie date e devo farmi un po’ di pubblico, cercherò di farmi conoscere il più possibile perché ho bisogno di stare sul palco, che avverto come mio habitat naturale.”

Come ti vedi tra dieci anni?

“Spero meno incazzata di adesso (ride, ndr) perché ora come ora sono una donna molto irruente. Spero in generale di avere successo, non necessariamente economico – che certamente non fa mai male! - ma intendo arrivare alla gente e riuscire a raggiungere i miei obiettivi.”





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