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Sulla stessa barca

di Pasquale Matrone

Numero 216 - Dicembre 2020 Gennaio 2021

Incapaci di capirsi e di stabilire tra loro la giusta relazione, gli esseri umani diventano, gli uni per gli altri, l’inferno.


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Nessuno accetta l’altro per quello che è. Lo vede e lo vuole, invece, così come il suo sguardo egoista lo percepisce… Lo afferma Sartre, nel dramma ‘A porte chiuse’, i cui protagonisti, invitati in un albergo lussuoso da uno sconosciuto, -taglio-finiscono col rimanere intrappolati per sempre nella stessa camera: bloccati da muri, eretti in maniera rapida e a loro insaputa; vittime di un disegno incomprensibile che li trascinerà in un conflitto perpetuo e feroce. Estranei, avvezzi a parlare linguaggi diversi, si ritrovano dannati a stare insieme, in uno spazio angusto. Non sono stati loro a decidere la meta, qualcuno li ha convocati, per il gusto perverso di farli soffrire. Frustrati, si tormentano a vicenda, si scambiano accuse, si contendono la poca aria disponibile, si azzuffano, urlano, si disperano…

La visione di Sartre è, però, confutabile. Ognuno, infatti, per gli altri, può scegliere di farsi generoso compagno di viaggio, partendo dal presupposto che tutti gli esseri umani attraversano lo stesso mare sulla stessa fragile barca. Basteranno: il desiderio sincero di rinnovarsi; la fede tenace nella giustizia; una sete intensa di pace e di bellezza; un’esperienza, infine, vissuta nella concretezza dei piccoli e dei grandi eventi di cui si è protagonisti e spettatori. Si può, dunque, -taglio2-dare una nuova direzione alla propria vita, passando dalla coscienza, all’autocoscienza; e da quest’ultima alla ragione e alla compassione. Il livore delle ideologie, le abiezioni, la logica del profitto, il progressivo degrado del pianeta e le aggressioni sempre più infide e frequenti alla dignità e alla libertà della persona possono trasformarsi in una risorsa, diventare materiale prezioso per riflettere e capire. Ci si può, dunque, avvicinare alla Verità; invaghirsene; e, di conseguenza, avvertire nell’anima il bisogno e il dovere di farne partecipi gli altri.

Il cammino, comunque, è difficile. Gratifica e, tuttavia, non sempre risulta comprensibile a coloro che ne sentono il racconto. Tanto che spesso si è costretti a sperimentare in prima persona il significato del mito narrato da Platone, quello del prigioniero che, liberatosi dalle catene e dal buio, torna nella caverna per svelare anche agli altri il segreto della luce… Gli antichi compagni, avvezzi alle tenebre, non gli crederanno; e, ritenendolo folle e nemico, faranno di lui scempio.





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