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Siamo il mondo

di Antonio Morabito

Numero 197 - Marzo 2019

Il recente editoriale “Solidarietà”, (1) non è passato inosservato ad alcuni lettori, in primis Daniele Caridi, che ringrazio. Vari sono i motivi.


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Il recente editoriale “Solidarietà”, (1) non è passato inosservato ad alcuni lettori, in primis Daniele Caridi, che ringrazio. Vari sono i motivi. La citazione del film “Bohemian Rhapsody” diretto da Bryan Singer, che ripercorre la storia dei “Queen” e che culmina con le immagini indimenticabili del concerto rock “Live Aid for Africa”, del 13 luglio 1985, è risultata una felice coincidenza. Il film, oltre ad aver dominato la classifica, ha accumulato tre statuine Oscar. Il finale chiude con l’apoteosi delle immagini di uno più grandi eventi rock della storia, che ha segnato gli anni ottanta. Il “Live Aid for Africa”, organizzato da Bob Geldof dei Boomtown Rats e Midge Ure degli Ultravoxa, lancia attraverso la musica e lo spettacolo un messaggio umanitario e solidale per sensibilizzare il pianeta ai grandi temi della fame e della miseria di una parte dell’umanità. Quel messaggio, mi hanno ricordato i lettori, non poteva essere postato da solo. Merita di essere accomunato ad altre straordinarie operazioni musicali. Primo tra queste la canzone che ha fatto storia: “We are the World “di “USA for Africa”. Si tratta di un inno mondiale che vede protagonisti Michael Jackson e Lionel Richie (prodotti da Quincy Jones) con la partecipazione dei più grandi cantanti del momento: Ray Charles, Bob Dylan, Al Jarreau, Billy Joel, Cyndi Lauper, Willie Nelson, Kenny Rogers, Diana Ross, Paul Simon, Tina Turner, Stevie Wonder e Bruce Springsteen, solo per citarne alcuni. La canzone diventa un tormentone tra i più famosi al mondo, vince 4 Grammy e diventa il leit motiv di ogni rassegna culturale scolastica e musicale in tutto il pianeta. Fa incetta di premi e di record anche la canzone natalizia lanciata dal britannico Bob Geldof con la Band Aid, con un brano benefico contro la fame in Africa, e contro la carestia che in Africa negli anni 1983 e 1984 falcia un milione di persone. Il pezzo è “Do They Know It's Christmas?”, un grandissimo successo che frutta diversi milioni di sterline di beneficenza. L’esempio è seguito in tutti i continenti. A cominciare da casa nostra con un super gruppo per l'Africa con Fabrizio De Andrè, Vasco Rossi e Lucio Dalla. -taglio- “MusicaItalia per l'Etiopia”, da una idea di David Zard, che riesce nell'impresa di far cantare insieme molti big della musica italiana, con una versione tratta da “Nel blu dipinto di blu". Anche se l’operazione non ha avuto il successo sperato, va sottolineata la volontà italiana di unirsi al coro dei messaggi mondiali che richiamano a fare qualcosa per l’Africa e per chi ha bisogno. Il successo travolgente lo mantiene “We are the World” che raccoglie le voci più popolari e famose al mondo di allora, con una straordinaria e grande regia musicale e fotografica con un testo commovente e coinvolgente. Quelle note sono rimaste per sempre vive sia grazie a quella aria musicale orecchiabile a tutti, sia per le parole, che raccoglievano il meglio della sensibilità umanitaria del momento. Provo allora a commentare ed attualizzare il testo di quella canzone cosi planetaria, che grazie ad internet resta attuale nella versione live. I cantanti, ad uno ad uno, scandiscono parole e messaggi: “Arriva un momento in cui abbiamo bisogno di una determinata chiamata. Quando il mondo deve stare insieme come uno”. È questo l’incipit della canzone che constata che il mondo non può andare verso uno squilibrio in cui chi ha più dimentica coloro che non hanno niente. I cantanti continuano a scandire parole forti: “Ci sono le persone che muoiono… è ora di dare una mano alla vita. Il più grande dono di tutti. Non possiamo continuare a fingere giorno per giorno”. Ad attualizzare questo richiamo, che appare quasi superato a non “continuare a fingere”, può servire il recente allarme delle Agenzie dell’ONU che offre i dati statistici che evidenziano una dura realtà: la lotta alla fame nel mondo continua a restare un’emergenza. Secondo l’ONU la fame è tornata a crescere per il terzo anno consecutivo, toccando oggi 821 milioni di persone. Troppi per un mondo che predica la globalizzazione come valore. Nel 2017, sono stati registrati oltre 150 milioni di bambini sotto i 5 anni (22%) malnutriti, e una donna su tre in età riproduttiva anemica. Al contrario nelle società che vivono nel benessere, aumentano le persone in sovrappeso, stimate in due miliardi. E allora, quella canzone degli anni ’80, che appare così lontana, continua a esaltare che “Quel qualcuno farà presto un cambiamento. Facciamo tutti parte della grande famiglia di Dio. Il vero amore è tutto di cui abbiamo bisogno”. È quasi l’inno di un mondo idilliaco che fa apparire tutti più buoni e tutti più generosi. Ma uno sguardo allo scenario delle attualità del pianeta appare -taglio2- meno ottimista. Il mondo sta vivendo oggi cambiamenti epocali che toccano la vita di individui e di intere popolazione. Secondo i più recenti Rapporti delle Agenzie dell’ONU si registrano oggi “i livelli più elevati di migrazione, senza precedenti: sono 258 milioni le persone in tutto il mondo costrette a lasciare il proprio Paese. (il doppio di vent’anni fa) di cui 26 milioni rifugiati in cerca di asilo. Sono una massa di persone che vivono le conseguenze di conflitti, povertà, malattie endemiche, discriminazioni, disastri ambientali e calamità, soprusi personali e collettivi: Le conseguenze più gravi sono spesso migrazioni di massa e l’abbandono della propria terra alla ricerca di migliori condizioni di vita e salute. Allora quel messaggio di pace di fratellanza che la canzone emanava ammaliando il pubblico mondiale potrebbe ancora emozionare: “Noi siamo il mondo, noi siamo i bambini, Siamo quelli che faranno un giorno più luminoso. Quindi cominciamo a dare e faremo un giorno migliore”. Sembrano passati secoli da quegli anni di grande sensibilizzazione mondiale che passava attraverso la musica, il cinema, l’arte e le giornate tematiche. La globalizzazione ci ha abituati quasi ad essere in pace con noi stessi nel vedere il mondo come un insieme dove tutto funziona nella misura in cui i problemi non toccano noi in prima persona. Di grande attualità quindi appare allora il monito di Papa Francesco ai governanti della terra “a non arrendersi al cinismo e alla globalizzazione dell’indifferenza”. E diventa imperativa e forte la profezia di Papa Francesco lanciata con l’enciclica “Laudato sii”. Una vera sfida per i prossimi decenni che comunque richiederà prese di posizioni personali e collettive. “Laudato sìi”, guarda la terra come “casa comune” da proteggere e preservare, ma cambiando lo stile di vita e operando in difesa integrale dell'ambiente e della vita di tutti i popoli. E la solidarietà verso i più deboli che lottano per la fame e per una vita dignitosa, che migrano e cercano rifugio resta la precondizione fondamentale per la costruzione di una pace duratura e di un mondo accettabile ed equo per tutti. Allora quell’inno che appare anacronistico “Noi siamo il mondo, noi siamo i bambini”, può forse rinnovare la speranza di poter cantare davvero che “C'è una scelta che stiamo facendo, stiamo salvando le nostre stesse vite, vero che renderemo il giorno migliore semplicemente tu ed io”.


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