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Senza frontiere

di Maresa Galli

Numero 189 - giugno 2018

Le sue canzoni sono un inno alla pace, alla salvaguardia dell’umanità e al futuro del mondo: Baba Sissoko si racconta


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Baba Sissoko è nato a Bamako e vive da molto tempo in Calabria. Polistrumentista, è uno dei maggiori esponenti della musica etnica. Proviene da un’antica famiglia di griot, poeti cantori e “custodi della parola” e diffonde la musica tradizionale del Mali nel mondo. Ha all’attivo prestigiose collaborazioni internazionali e prosegue incessantemente la ricerca e la diffusione delle radici della musica africana.

Può la musica rappresentare un messaggio forte di denuncia?

“La musica ‘può’ e ‘deve’ veicolare messaggi! Noi musicisti abbiamo una grande responsabilità che ci viene dall’opportunità di parlare e raggiungere, attraverso la nostra musica, un gran numero di persone! Certo la musica è anche svago, festa, socialità ma credo che un concerto sia anche l’occasione per affrontare temi e argomenti a volte scomodi ma necessari. Anche i luoghi in cui si decide di fare musica sono rappresentativi. Ad esempio, ho fatto (con il progetto “DjeliBit”) un bellissimo concerto nel gran ghetto di Rignano Garganico in Puglia! Lì vivono circa 2.000 persone abbandonate a loro stesse e considerate solo come forza lavoro a basso costo da impegnare nelle raccolte stagionali! -taglio- Eppure è stato magnifico, ci siamo divertiti e allo stesso tempo abbiamo portato il messaggio che si può far musica anche in luoghi che si finge di non vedere ma abitati da persone come noi, a cui dà gioia trascorrere dei momenti di svago. Così come non rifiuto mai l’invito a suonare negli SPRAR o nelle periferie.”

La tua musica ha fatto proprie le tradizioni griot ma guarda al futuro, contaminando diversi generi e diverse culture...

“Io provengo da una famiglia di Griot e il ruolo che la tradizione del mio Paese mi ha affidato è quello di tramandare la cultura e le tradizioni del Mali e lo faccio attraverso la mia musica. Allo stesso tempo sono un cittadino del mondo del terzo millennio e quindi la grande opportunità che ho di viaggiare grazie alla mia musica mi offre la possibilità di conoscere altri generi e altri artisti e da sempre mi viene naturale creare delle integrazioni tra la mia musica e gli altri generi. Per alcuni di essi, come il jazz e il blues, è stato assolutamente naturale dal momento che entrambi derivano dalla musica tradizionale del Mali, l’’Amadran’ che ha dato vita al blues e al jazz con la deportazione dei neri come schiavi in America; per altri generi, come il rock o la musica classica, è stato più particolare ma in fondo facile perché la ‘musica’ è una sola! Cambia il modo in cui viene declinata ma è l’unica che parla un linguaggio universale.”

Hai suonato con star del panorama internazionale, ora con quali altri artisti hai in progetto di collaborare?

“La mia ultima collaborazione è quella con il bluesman americano Mighty Mo Rodgers. Insieme abbiamo registrato in Lithuania un album dal titolo ‘Griot Blues’ e siamo attualmente in tour in Europa. Ad agosto terremo -taglio2- concerti anche in Italia.”

Sei stato ideatore del “Bamako Jazz Festival”: hai in programma nuove iniziative?

“Sì, ora che la situazione sembra essere un po’ più tranquilla in Mali, vorrei riprendere il Festival ‘Bamako Jazz’ che ha riscosso un grande successo nelle passate edizioni e che ho dovuto interrompere per i disordini in Mali. Sempre nell’ambito del ‘Bamako Jazz’, che oltre ad un festival è anche un’associazione, sono impegnato nella costruzione di un centro culturale, sempre a Bamako, che dia la possibilità a giovani artisti, sia maliani che di altri Paesi, di sviluppare il proprio talento e di confrontarsi tra loro!”

Qual è il futuro della musica del Mali? Ci può essere futuro senza memoria delle radici, della storia, della lingua dei padri?

“Il futuro della musica del Mali è nell’evoluzione restando saldi nelle radici! Non c’è futuro senza la consapevolezza di ciò che siamo e da dove veniamo. L’album ‘Three Gees’ è proprio un esempio di quello che deve essere il futuro della musica del Mali… Partire dalle radici e guardare al futuro. Il mio ruolo è quello di far conoscere la mia cultura, le mie tradizioni, la mia musica, ma farlo in modo che venga compresa dal più ampio numero di persone possibile. È per questo che dopo ‘Three Gees’, con mia madre e mia figlia, la collaborazione con mia figlia Djana Sissoko, nata e cresciuta in Italia, ci vede insieme comunicare con il pubblico. I testi li cantiamo insieme io in Bambara e lei in inglese o francese o anche italiano. In questo modo penso che il messaggio che portiamo sia completo.”





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