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Ritorni forti

di Gaetano Magliano

Numero 236 - Dicembre-Gennaio 2023

“One Shot Reunion” è stata l'ultima imperdibile occasione per ascoltare dal vivo la storica band dei Perigeo, ed ora quel grande concerto rivive grazie alla Abeat Records


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Un evento assolutamente unico è stato quel concerto del 2019 in cui i mitici Perigeo si sono presentati sul palco di Piazza della Santissima Annunziata a distanza di diverse decadi dall’ultimo live, per una One Shot Reunion, regalando a tutti i loro fan un concerto strepitoso condito dai tanti successi del loro storico sodalizio musicale. -taglio- L’evento, oltre a restare nella memoria dei tanti presenti, lo scorso ottobre è però divenuto anche un album davvero imperdibile, pubblicato dalla ABEAT RECORDS, in cui continua la magia musicale proposta dagli storici membri della formazione, Giovanni Tommaso, Bruno Biriaco Claudio Fasoli e Tony Sidney, cui si sono aggiunti Claudio Filippini a piano e tastiere e Alex “Pacho” Rossi alle percussioni. Il Perigeo è una pietra miliare in due generi musicali diversi ma contigui: il jazz e il prog, con una punta di psichedelia che getta un ponte fra Sun Ra e i Pink Floyd. È nato tutto nel 1971 per volontà del contrabbassista Giovanni Tommaso, ed è proprio con lui che parliamo di questa inaspettata reunion, e di questo nuovo lavoro che ne celebra il successo. Iniziamo da One Shot Reunion: come e quando nasce l'idea di questo grande concerto? “Sciolsi il PERIGEO l'estate del 1977. In tutti questi anni abbiamo ricevuto diverse proposte di reunion, ma ho sempre rifiutato per mancanza di garanzie di una buona organizzazione, ad eccezione di Umbria Jazz e del Festival della Creatività del 2008 a Firenze. Nel 2018 ricevemmo da Claudio Bertini, il direttore di Musart Festival di Firenze, l'invito a partecipare alla rassegna di luglio 2019. Ricordavo di averlo conosciuto negli anni '70. Ne conservavo un buon ricordo e per questo ero fiducioso che si trattasse di una proposta seria. La fiducia è stata ripagata e ne venne fuori un evento memorabile.” Ed ora anche un album, pubblicato da Abeat Records. Nonostante la tua carriera pluridecennale, quanto ti emoziona sapere che un vostro disco è arrivato sugli scaffali degli store musicali, fisici e digitali? “Non finirà mai di stupirmi che la musica del PERIGEO circoli ancora dopo 45 anni! Dopo lo scioglimento del 1977, se qualcuno mi avesse detto che in tutti questi anni i nostri dischi avrebbero continuato a vendere in tutto il mondo, l'avrei preso per matto. Certo, si tratta di numeri contenuti, ma tanto per fare un esempio, suonare un concerto in Corea del Sud e scoprire che quell'anno la Sony aveva venduto qualche centinaio dei nostri dischi, fu una rivelazione.” Dai tuoi inizi ad oggi possiamo dire che la musica, il suo mercato ed il modo di viverla è drasticamente mutato. Tu e Il Perigeo continuate a riscuotere successo. Il segreto? “Ogni nuovo progetto musicale è frutto di meditazione e sperimentazione prima che si materializzi. Credo sia indispensabile trasferire ai musicisti che intendo coinvolgere una direzione artistica chiara e condivisibile. Se credi nella musica che proponi hai molte probabilità di comunicare con chi ti ascolta.”-taglio2- La scena musicale odierna come la vedi? “Non sono affatto pessimista come molti critici che sostengono che il jazz stia morendo. Al contrario penso che ci sia un buon fermento nel cercare nuove soluzioni e direi anche una grande libertà di abbinare riferimenti di diverse matrici stilistiche. Non mi sembra però di ravvisare nuovi stili che abbiano una connotazione così specifica come in passato. Ci vuole pazienza e buon orecchio per saper riconoscere quando e chi ci riuscirà. La storia del jazz ci insegna che spesso il riconoscimento di un musicista arriva dopo la morte.” Che ricordi hai di quei mitici anni '70, durante i quali il mondo impazziva per voi, anche più che per colleghi stranieri? “Bellissimi e indelebili. Erano gli anni del desiderio di "aggregazione". In Italia, leggermente in ritardo rispetto ad altri paesi, l'inizio degli anni '70 ha segnato la rottura della tradizione familiare "cena col telegiornale, Carosello e varietà televisivo". I giovani sentivano il richiamo di incontrarsi, conoscersi e ascoltare musica. All'inizio non importava quale stile, l'importante erano la genuinità e il feeling. Questo creò una specie di "selezione naturale" che ebbe l'effetto di alzare il livello musicale. Un cambiamento epocale! In quanto ai colleghi stranieri non posso certo dimenticare il tour europeo con i Weather Report. Aprivamo la prima parte del concerto riscuotendo gli stessi applausi che riscuotevano loro, e forse ad Amburgo anche qualcosa di più. Andò benissimo anche con i Soft Machine. Ricordo che tempo dopo vennero diverse volte ad ascoltarci. E non erano i soli della "swinging London" che non seppero resistere alla curiosità di verificare cosa suonasse questo sconosciuto gruppo italiano. Non eravamo proprio sconosciuti perché la RCA inglese aveva già pubblicato i nostri album e in quell'occasione fecero anche un'ottima pubblicità stampa e radiofonica. Ricordo Rick Wakeman, tastierista degli YES, con il suo sgargiante mantello e il grande chitarrista Jeff Beck, che alla fine dell'ultima sera venne a suonare il blues più lungo della storia, anche perché si avvicendarono un sacco di musicisti. Venne a salutarmi anche Franco Battiato.” One Shot Reunion rimarrà davvero l'ultimo concerto della vostra carriera? O possiamo sperare che il Perigeo continui a vivere oltre quanto di bellissimo è già stato fatto? “Ripensando alla faticaccia che c'è costata rimetterci insieme dopo tanti anni, direi che è improbabile, ma... non si può mai dire!”





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