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Rita Pavone

Mai arrendersi

di Luca Guerrasio

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Dopo 55 anni di carriera la sua voce fa ancora emozionare, con una luce negli occhi che non smette di brillare, soprattutto quando guarda al futuro della musica italiana


Fu soprannominata Pel di carota per via del colore rosso della sua capigliatura. Ha pubblicato i suoi dischi in tutto il mondo, incidendo in sette lingue diverse, ed è una delle cinque cantanti italiane ad essere entrate in classifica in Gran Bretagna. Tra i suoi titoli più famosi troviamo “Il ballo del mattone” e “La partita di pallone”. Per chi ancora non l’avesse capito, anche se dubito, stiamo parlando della magnifica Rita Pavone. Di certo non ha bisogno di presentazione, facciamo un piccolo “recap” della sua carriera, sin da piccina si avvicina alla musica e a soli 17 anni, dopo anni di gavetta in diversi locali, riesce ad entrare a Studio Uno, dove riscontra un enorme successo, in Italia come all’estero. Affianca tantissimi artisti internazionali sia della scena musica sia cinematografiche, infatti parlando del suo esordio ricorda proprio Totò, il re della risata. Sole tre partecipazioni alla kermesse sanremese che quest’anno l’ha vista come esponente della giuria di qualità...

È tornata in tv grazie all’ultimo Festival di Sanremo, come componente della giuria di qualità. Quale il suo giudizio sulla musica italiana in generale?

“Negli ultimi anni il festival è cresciuto molto dal punto di vista musicale. Ed è rimasto l'ultima grande vetrina nazionalpopolare per la musica. Mi ricordo ancora i Festival senza neanche l'orchestra che suonasse dal vivo. Mi cospargo la testa di cenere, ma non conoscevo tutti i cantanti presenti in gara. Bisognerebbe conoscere meglio chi è l’autore del brano, gli arrangiatori…. Poi quando ho sentito che questi nomi, a me sconosciuti, riempivano stadi interi, allora mi son dovuta fermare e ho capito anche la qualità della musica italiana.”

Certamente merito anche di Conti, che è riuscito a portare musica di alta qualità, sia dal lato dei big sia sul fronte giovani.

“Assolutamente, Carlo è stato fantastico, ha condotto il Festival in maniera esemplare, i numeri sono dalla sua parte. Tra l’altro ho apprezzato il fatto che non si è sentita per nulla la mancanza di modelle o belle donne scendere da quelle scale. Il tutto era ricondotto alla musica e questo mi ha fatto venire in mente i Festival di Sanremo di qualche annetto fa…” -taglio- Anche se non ha partecipato a tanti Festival di Sanremo...

“Ho iniziato nel 1969 con Zucchero. Aspettavo Alex, mio primogenito, che poi sarebbe nato il 6 di agosto, quindi ero all’inizio della gravidanza, anche se tutti erano comunque molto preoccupati e non volevano mi muovessi troppo.”

Come si diventa un big, un pioniere della musica italiana?

“Si deve partire dalle piccole cose, dalla base. Esser gettati subito in alto, il rischio di caduta è altissimo, e rialzarti sarà quasi impossibile, proprio perché non sei partito dal fondo. Quindi bisogna fare tanta gavetta, che non fa mai male, un po’ alla volta si arriva in cima.” Quindi il suo consiglio è studiare, e anche tanto, per riuscire ad “arrivare”. Ma, invece, cosa serve per “restare” sempre ai massimi livelli? “L’intelligenza, fondamentale per chi fa questo mestiere: si deve amare questo lavoro che non è sempre facile, e lo posso assicurare io. Poi i tempi sono cambiati, prima vendevi milioni di copie e ti davano il disco d’oro, adesso il ‘fisico’ sta andando a scomparire. Quindi devi amare questo lavoro e dare tutto te stesso, senza mai mollare. Solo così entri nel cuore della gente e la vita è molto lunga. Se invece fai questo mestiere senza passione, diventa una cosa usa e getta, e ad un certo punto anche un po’ scocciante.”

Volendo ripercorrere le sue orme, quanto carattere ci vuole per diventare Rita Pavone?

“Ci vogliono gli attributi e io li ho sempre avuti! Forse proprio perché da bambina ho fatto la gavetta, quando ho sfondato avevo 17 anni, ma erano già diversi anni che lavoravo in tantissimi locali più che fatiscenti, con ‘bacarozzi’ nei camerini. Guarda lascia stare, è stata molto dura.”

Poi la svolta...

“Eh sì! Quando sono arrivata a Studio Uno, ho esclamato: ‘Sono in paradiso!’ Allora ho apprezzato tutto, perché mi sono guadagnato tutto quello che ho fatto. Bisogna soffrire, così come in tutti i mestieri. Tanti sono stati i giorni in cui vorresti smettere, però devi andare avanti con carattere e attributi.”

Una particolarità della sua carriera sono i concerti all’estero...

“In effetti sono stata una pioniera perché in ogni Paese cantavo nella lingua locale: esportavo me stessa in ogni Paese. Perciò ho venduto oltre cinquanta milioni di copie e mi ricordo quella sera del ‘79 allo Sporting di Montecarlo quando mi hanno premiato per i primi 20 milioni di dischi venduti, i brividi solo a ripensarci.”

In Italia recitava nei musicarelli...

“Quanto ho detestato quel tipo di film. C’è un enorme differenza tra un musicarello e un film normale. Nel film normale il regista scrive una storia e su quella storia si compone la musica. Nel musicarello è il regista che scrive la sceneggiatura sulla base del disco.” -taglio2- Ricorda il suo debutto?

“Son cose che non puoi mai dimenticare, soprattutto quando ti torvi al fianco di Totò in ‘Rita, la figlia americana’. Una persone fantastica, anche se sembrava bipolare. Un uomo tranquillo, un grande signore nel privato. E poi un comico pazzesco sul set. Una volta gli ho detto che ero sorpresa dai suoi titoli nobiliari e lui mi rispose che avrebbe anche potuto essere re ma aveva scelto di rifiutare la corona. Ed il motivo, a detta sua, era semplice: ‘Sentir bussare al camerino qualcuno che poi ti dice: ‘Maestà tocca a lei’, non mi sembrava elegante…”

Dopo gli esordi arrivarono poi i grandi successi, come “La partita di pallone” o “Il ballo del mattone”. Per un artista che interpreta brani scritti da altre persone, com’è il rapporto con i testi?

“Talvolta mi sono ritrovata a cantare brani nei quali non mi riconoscevo, così ho smesso. Poi Renato Zero mi ha invitata al concerto per celebrare i suoi sessant'anni. Andai, cantai e mi ritrovai con una voce pazzesca. Così ho inciso il disco Masters nel 2013 e non ho mai avuto recensioni così belle. Dopo 51 anni di carriera è una grande soddisfazione.”

Per lei quando una canzone è bella?

“Louis Armstrong diceva che se c'è una bella melodia, la puoi rileggere come vuoi ma rimarrà sempre bella. Io la penso esattamente così.”

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“Quando sono arrivata a Studio Uno, ho esclamato: ‘Sono in paradiso!’, e davvero per me è stato così”

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