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Resistere guardando al Futuro

di Franco Salerno

Numero 200 - Giugno 2019

Da Publilio Siro a Virgilio una serie di massime che ci invitano a sperare


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Oggi tutto sembra esser messo in discussione, perché di ogni aspetto della vita sociale e culturale sembra emergere un generico limite o una profonda crisi. Perciò problemi ambientali, sociali, politici, umanitari, legati ai diritti umani e ai principali temi etici appaiono quasi risucchiati in una fase critica che potrebbe convergere verso cambiamenti di ogni sorta. Qual è il miglior modo per resistere? La nostra nazione e l’Europa intera sono davanti ad un giro di boa: o ce la faremo o soccomberemo. Noi siamo convinti del primo esito. Perché sembra farsi capolino una lodevole tendenza: ricominciare e far progetti in grande. E, per essere rinsaldati in questa speranza-certezza, possiamo volgere lo sguardo alla cultura dei nostri Padri.-taglio- E allora innanzitutto vogliamo ricordare che la parola “crisi” (derivante dal verbo greco “krìno”) per gli antichi indicava l’atto del separare, del discernere, del valutare. Aveva dunque una accezione positiva, in quanto un momento di crisi, cioè di riflessione, può comportare un miglioramento e una rinascita, anche se proiettata nel futuro. Nella cultura latina poi molte sono le massime proverbiali che gli scrittori della capitale del mondo dedicarono a questa tesi della necessità della discussione (anche quando è rischiosa), a cui se ne collega un’altra, secondo cui il successo gioioso scaturisce dall’impegno sofferto. Vediamo alcune di queste frasi memorabili. Cominciamo da un aforisma di Publilio Siro (I sec. a. C.), autore, di una celebre raccolta di sentenze. Esso recita: “I pericoli non si vincono senza i pericoli”. Si ricorda, dunque, all’uomo che deve affrontare con coraggio i momenti difficili, senza paura di mettere in discussione un problema o una concezione del mondo. Insomma, nessun progresso e nessun cambiamento si ottengono senza mettere a dura prova la propria capacità di resistenza di fronte alle avversità della vita.-taglio2- Qualche anno dopo, durante l’epoca augustea, un grande poeta come Ovidio, vissuto a cavallo tra il I sec. a. C. e il I sec. d. C., invitò ad “osar vivere andando attraverso il fuoco e le spade”. E questo motto, per lui, valeva sia nella vita politica che nei rapporti d’amore. Perché fuoco e spada sono due simboli del rischio. Di fuoco si può morir bruciati, ma di fuoco può e deve essere alimentata la passione; e di spada si può perire trafitti, ma si può e si deve saper maneggiare metaforicamente la spada per sconfiggere avversari e avversità. E le avventure della vita, che hanno messo a dura prova la nostra resistenza, vanno ricordate come monito a noi stessi e a coloro che verranno dopo di noi. Perciò Virgilio, nel primo libro dell’Eneide, pone sulle labbra di Enea -che intende rincuorare i suoi compagni dinanzi alle difficoltà da fronteggiare- questa memorabile frase: “Forse un giorno sarà bello ricordare tutto questo”. Frase, che, Eleonora Pimentel Fonseca citò, salendo sul patibolo nel 1799 in quanto patriota della Repubblica partenopea. Lei subì dolorosamente la morte, ma fu tristemente lieta per aver vissuto un alto ideale. Insomma, le grandi gioie sono figlie di grandi dolori.





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