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Remo Girone

Icona senza tempo

di Silvia Giordanino

Numero 246 - Dicembre-Gennaio 2024

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Dall’ennesimo successo di “The Equalizer 3” accanto a Denzel Washington, uno dei più grandi attori italiani ci racconta di sé, del suo modo di “fare cinema” e di lottare. Sempre e comunque


Nell’ultimo periodo (o forse sarebbe meglio dire negli ultimi anni) è impegnatissimo tra nuove produzioni (hollywoodiane e non), spettacoli teatrali e tantissimi progetti che lo vedono sempre eccelso interprete ed autore. -taglio- Riusciamo tuttavia, con caparbietà e fortuna, ad intercettare il grande Remo Girone in una pausa delle prove per un importante evento artistico in occasione della festa nazionale di Monaco (MC), che lo vede protagonista insieme al tenore Jonas Kaufmann, al direttore d'orchestra Sir Antonio Pappano ed al regista Davide Livermore. Teatro, cinema e televisione: da dove iniziamo? “Dal cinema, per The Equalizer 3, uscito quest'anno con Denzel Washington e la regia di Antoine Fuqua, ambientato nel Sud Italia. Io interpreto il ruolo del medico Enzo Arisio, ma non svelo altro... Un successo: tanti spettatori in tutto il mondo e il conseguente rendimento economico: la pellicola è costata 70 milioni di dollari e mentre stiamo parlando risulta un incasso di oltre 187 milioni di dollari. Ho partecipato a tanti film come protagonista o in altri ruoli. Parlando di pellicole americane, citerei La legge della notte del 2016 di e con Ben Afflec e Le Mans '66 del 2019 con la regia di James Mangold, dove interpreto Enzo Ferrari. Per concludere l'argomento direi che per il grande schermo ho lavorato in diversi posti nel mondo e, ovviamente, molto in Italia.” È d'accordo sul fatto che il cinema italiano stia vivendo una rinascita? “Sì, è vero. Il COVID aveva bloccato un po' tutto, ma se pensiamo a due esempi recenti e significativi come C'è ancora domani, l'ultimo film diretto e interpretato da Paola Cortellesi e a Grazie ragazzi di Riccardo Milani con Antonio Albanese, ci rendiamo veramente conto del valore di prodotti artistici che però, per limiti di diffusione dovuti alla lingua, all'ampiezza di distribuzione e al volume di investimenti, non potrà mai raggiungere gli incassi delle pellicole d'oltreoceano.” Parlando di TV non possiamo sottrarci all'indimenticabile cattivo della serie “La Piovra”, Tano Cariddi. “Effettivamente quell'interpretazione in una serie di grandissimo successo mi ha dato una notorietà mondiale. Pensi che ero in Russia a recitare in ‘Zio Vanja’ di Čechov e dopo lo spettacolo una ragazza è venuta in camerino per ringraziarmi, spiegandomi, in un italiano perfetto, che è stato grazie alla serie TV ‘La Piovra’, che in Russia è stata trasmessa in lingua originale con il voice over in russo, che aveva imparato la nostra lingua e aveva deciso di approfondirla. A proposito del piccolo schermo, in generale, posso dire comunque che ho fatto davvero tantissimi bei film e ruoli, sia in Italia che all'estero.” Lei però nasce come attore di teatro. Parliamo de “Il cacciatore di Nazisti”, sua ultima e apprezzatissima interpretazione? “Con grande piacere. È basato sugli scritti e sulle memorie di Simon Wiesenthal con testo e regia di Giorgio Gallione. Io interpreto, appunto, Wiesenthal, che dopo essere sopravvissuto all'Olocausto, ha dedicato il resto della sua vita a individuare i criminali di guerra assicurandone oltre mille alla giustizia. Tra questi c'era anche Carl Silberbauer, responsabile dell'arresto di Anna Frank. La sua confessione, confermata dalle altre SS, screditò l'aura di falso che era stata attribuita a ‘Il Diario di Anna Frank’ da parte dei nazisti sopravvissuti, dei loro figli e dei loro simpatizzanti. La tesi che ‘Il Diario’ fosse un'invenzione arrivava fin nelle scuole. È uno spettacolo che mi ha dato grande soddisfazione. Ha richiesto una preparazione molto impegnativa poiché si tratta di quarantacinque minuti di monologo, ma ne è valsa la pena perché riguarda fatti che non bisogna dimenticare e il pubblico ne è stato così coinvolto da commuoversi.” Passando alla sfera personale, sappiamo che nel 2014 ha affrontato e vinto una grande battaglia, se la sente di parlarcene? “Rispondo volentieri a questa domanda perché parlare del cancro, di quanto sia importante la prevenzione e di non trascurarne i sintomi è quello che si impara con l'esperienza diretta. Sono stato operato dal Professor Pagano per un tumore alla vescica con una tecnica particolare: avevo, ovviamente, paura, ma l'ho fatto e tutto è andato bene. Dopo sarei dovuto partire per girare un film a Budapest e dissi al dottore che avrei rinunciato al lavoro che mi stava aspettando. Invece mi stimolò a non smettere di portare avanti i miei progetti. La chemioterapia è stata pesante, ma è passata ed è solo un ricordo.” È importante la sua testimonianza anche perché può così aiutare tante altre persone ad affrontare questa malattia che solo a pronunciarne il nome fa paura… “È vero, è così. È stato proprio il Professor Pagano che mi ha chiesto di farlo. Sono diventato una sorta di testimonial, l'ho fatto in sedi di pubblica diffusione ma anche più private, come, per esempio nello stesso ospedale dove sono stato operato per fare coraggio a un signore che doveva subire il mio stesso intervento, oppure in un teatrino di Roma al termine di uno spettacolo in cui recitavo poesie e ovunque lo ritenessi utile.” Prega? “Guardi, io ho un rapporto con la fede ‘a corrente alternata’. Prego talvolta, ma non vado mai a messa. Entro nelle chiese vuote, sono un ateo con momenti di fede. Ho avuto un'educazione cattolica, ma non mi interessa la Bibbia. Quando ero giovane praticavo il Tai Chi ed ero interessato al Buddhismo. Vivo in un sano e razionale dubbio. Mi piace Spinoza che sostiene che Dio è Natura.” Qual è il segreto di un rapporto così duraturo e saldo con sua moglie, l'attrice Victoria Zinny? “Siamo sposati da tanti anni e un matrimonio, a mio parere, deve avere una solida base di stima reciproca e di grande rispetto. Inoltre stiamo insieme il più possibile, lei mi segue quando io sono via per lavoro e io faccio altrettanto per lei. Pensi che, pur non essendo cattolico praticante, come già detto, dopo la malattia, mia moglie ed io, che eravamo già sposati civilmente, abbiamo deciso di sposarci in chiesa. Per questo passo è stato importante l'incontro con Don Andrea, un prete simpaticissimo che durante la predica riusciva a far ridere la gente. Durante il nostro matrimonio religioso c'è stata la partecipazione di amici e parenti e una grande commozione.”

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