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Realtà o finzione, questo il dilemma

di Lucia De Cristofaro

numero 178 - Giugno 2017

Secondo Elon Musk, amministratore delegato della Space Exploration Technologies Corporation, viviamo quasi sicuramente in un universo simulato, ovvero la probabilità di essere in una realtà oggettiva è di uno su un miliardo.


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Sempre secondo Musk, dovremmo tutti sperare che ciò sia vero, perché nel reale non simulato potremmo avere un arresto della civiltà a causa di un evento calamitoso con la cancellazione della società intera. L’unico rifugio sarebbe proprio la realtà simulata. Le visioni di Musk possono farci sorridere, ma inizia a farsi strada nella nostra società l’idea raccontata da tanti film di fantascienza, di una realtà virtuale che soppiantando il vissuto concreto potrebbe cambiare i destini del mondo. Ciò può portarci ad una immaginaria società altamente spaventosa, dove si concretizzano, anche se virtualmente, quadri dispotici contrapposti a quelli utopici. Una distopia che ha trovato il suo spazio nella letteratura, nelle opere teatrali e nei movie, apparendo come opere di avvertimento che mostrano tendenze estrapolate sino a conclusioni apocalittiche in un futuro prossimo appartenente al genere cyberpunk, in cui sono usate le regole della distopia per delineare mondi dominati dalle corporazioni high-tech in cui i governi nazionali stanno diventando sempre più irrilevanti. -taglio- Se da una parte abbiamo fans della tesi di Musk dall’altra abbiamo un vero coro contro il visionario Elon. Infatti non sono pochi quelli che sottolineano, ironicamente, che… “una mela simulata non può nutrire”, considerando negativamente l’idea che la nostra vita si svolga in una simulazione ancestrale creata da una civiltà futura che vive a 10.000 anni di distanza da noi. Di fatto un film già visto quello paventato da Musk, ricordiamo infatti tutti Matrix dei fratelli Wachowski ( 1999) o ancora prima il del Doctor Who (1976) e potremmo continuare ancora e una filosofia già ascoltata che ha i padri addirittura nell’antica Grecia, che si poneva già allora la domanda: “Il mondo in cui viviamo non è altro che un sogno?” e ancora: “Quello che crediamo essere il vero mondo in realtà non è nient'altro che un insieme di ombre distorte di oggetti veri proiettate sul muro.” -taglio2- Probabilmente credere in una possibile realtà simulata e/o virtuale significa per l’uomo avere una possibilità di fuga da una realtà concreta in cui non riusciamo più a ritrovare noi stessi, non riusciamo a guardare al futuro con speranza, non riusciamo più a relazionarci positivamente con gli altri. Ecco perché probabilmente ci appare accattivante poter vivere una non vita in cui ci sentiamo liberi di essere fuori da qualsiasi schema, da qualsiasi norma sociale dove esercitare una libertà senza confini, che di confine invece ne paventa spesso uno solo ed essenziale, il mancato rispetto per l’altro, la cancellazione di ogni vivere civile. Chi siamo veramente, cosa realmente ci circonda? Dilemma senza soluzione… ai posteri l’ardua sentenza.





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