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Quando i pezzi piccoli erano grandi

di Franco Salerno

Numero 204 - Novembre 2019

Eroi e puritani, esotici ed eccentrici: questo e molto altro era la “diversità” nella Caput mundi del mondo classico


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Nell’attuale crisi dell’area mediorientale, in cui si registra uno stato di guerra che potrebbe ulteriormente degenerare, l’Europa si sta mantenendo in una posizione di incertezza: si limita, per ora, solo a promettere segnali forti. L’Occidente, sempre fin troppo pronto a esportare democrazia, ora sembra abdicare al proprio ruolo di paciere; e il suo ruolo di riferimento per il mondo si presenta come opaco e in difficoltà, soprattutto in difesa delle comunità etniche più deboli. E invece il debole, l’altro, lo straniero sono elementi imprescindibili della nostra modernità. L’alterità, però, è un concetto che non nasce oggi. La “diversitas” era concepita nell’antica Roma soprattutto a livello etnico. Vediamone qualche esempio.-taglio- Gli antichi Greci chiamavano “barbari”, cioè “balbettanti”, i popoli stranieri e marginali, poiché non sapevano parlare il greco. Eppure da questa marginalità dello straniero nasce un immortale personaggio femminile della tragedia classica, davvero immortale, Medea. Ella, maga e straniera, figlia del Sole e di Circe, uccide i propri figli per vendicarsi del marito Giasone che l’ha abbandonata. E Seneca, che ha scritto su di lei una indimenticabile tragedia, le pone sulle labbra delle parole tremende eppur grandiose, mentre sta uccidendo i figli: “Anche quando avrò ucciso i miei due figli, sarà troppo poco per appagare il furore che mi rode! E, se nel mio grembo si nasconde ancora qualche creatura, io frugherò le mie viscere con la spada e la strapperò fuori con il ferro!”. La visione terribile dello straniero si attenua nel corso della storia imperiale, quando uno storico eccelso, Tacito, si accorge che i Germani, i “barbari” per eccellenza, vivono in una civiltà arcaica sì, ma sana e forte. I re vengono eletti dal popolo, i generali vengono scelti in base al loro valore sul campo di battaglia, l’adulterio è severamente punito, i giovani sono sprezzanti del pericolo.-taglio2- Tutto il contrario di quel che avviene a Roma, dove corruzione e affarismo regnano sovrani. Insomma, gli stranieri Germani sono quello che Tacito vorrebbe che fossero i Romani. E da questa “diversità” positiva nasce anche il gusto per i fatti straordinari, che si verificherebbero solo nell’Oriente. Plinio il Vecchio, il più grande enciclopedista del mondo antico, nel VII libro della sua “Storia naturale” ci presenta un campionario sorprendente di “diversità”. Solo in India -egli scrive- vivono uomini con la testa di cane ed altri che strisciano come serpenti ed altri ancora che, nonostante abbiano una gamba sola, sono agilissimi nel salto e altri, infine, che, pur essendo privi di bocca, riescono a vivere solo di aria. Forse, anche il grande Plinio esagerava e voleva stupire i lettori con le sue strane notizie Ma forse voleva anche farci capire come questi popoli avevano fatto della loro “diversità” la loro grandezza. E’ un messaggio che noi Europei moderni dovremmo interiorizzare e trasformare in concetto-cardine del nostro agire sociale.





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