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Quale futuro…

di Lucia de Cristofaro

Numero 218 - Marzo 2021

Memoria rivolta al passato


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Chi conserva una memoria storica, o almeno cronologica, dei fatti anti Covid19, ha consapevolezza che prima del Virus non eravamo poi messi così bene, basta ricordare che l’ONU, già nel 2015, aveva sentenziato che il mondo aveva solo quindici anni di tempo, ovvero il 2030, -taglio- per consegnare alle generazioni future un mondo vivibile e non destinato a deteriorarsi inesorabilmente verso il 2050, anno più anno meno. Oggi i Friday for future, le proteste di Greta Thunberg per il surriscaldamento globale, di Green Peace e tanti altri, ci sembrano lontane, così come anche abbiamo accantonato i ben 17 obiettivi da raggiungere a livello globale della famosa Agenda 2030 delle Nazioni Unite: al primo posto c’era la “povertà”, al secondo la “fame” e al terzo proprio quella “salute e benessere” che adesso ci troviamo ad affrontare a livello mondiale a causa della pandemia. Tutte problematiche importanti per le quali, fissato dagli scienziati il punto di non ritorno al 2030, non abbiamo poi molto tempo per agire ognuno per la sua parte e salvare il pianeta, l’unica casa che abbiamo nella nostra galassia. E allora ricominciamo a ripensarla la nostra “normalità”, perché indossare delle mascherine in modo quotidiano è di sicuro ben poca cosa rispetto a tutto il resto del lavoro che dobbiamo affrontare. Se per “normalità” continuiamo a intendere poter inquinare senza fregarsene di quello che succede, pensando che i nostri piccoli gesti quotidiani non influenzino il globo, ebbene allora abbiamo un concetto sbagliato di cos’è vivere. Ancora non è stato stabilito se la causa del Covid 19 è stato davvero il pipistrello, ma nel suo espandersi, nel suo colpire inesorabilmente tutti,-taglio2- è stato di certo aiutato dalle polveri inquinanti, da città sopraffollate e soffocate dallo smog, da stili di vita che non permettono più di “respirare”, e questo anche prima della mascherina, a causa di una frenesia quotidiana cui ognuno di noi era, ed è, soggetto. Se la negativa esperienza pandemica che siamo stati costretti a vivere ci ha fatto al minimo riflettere sulla strada accidentata che avevamo intrapreso, iniziamo a pensare seriamente di cambiare rotta e non perché lo dice la scienza, ma perché ce lo “suggerisce” la natura intorno a noi, che nel periodo del primo lockdown, si è disintossicata dalle fabbriche e dagli scarichi di qualsiasi tipo. Abbiamo tutti potuto osservare i fiumi storicamente inquinati ritornare ad acque limpide e l’aria diventare finalmente quella che i più avanti con l’età ricordano di aver respirato nella loro giovinezza. Ricominciare a pieno ritmo per risanare l’economia è più che giusto, ma credo che nessun governo debba mai più pensare di continuare come prima senza regole rigide in materia di ambiente e di sostenibilità, lavorando in ogni nazione, regione, città e contrada per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 e pensare ad un “dopo” che possa veramente dare senso alla vita, all’uomo e ad un pianeta che palpita da 4,5 miliardi di anni. Buona vita futura a tutti noi!





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