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Programmare o decidere di giorno in giorno?

di Franco Salerno

Numero 242 - Luglio-Agosto 2023

Ecco le risposte che davano Seneca ed Orazio


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Programmare l’attività della nostra vita secondo scadenze stabilite e passaggi previsti oppure affrontare di giorno in giorno problemi che si presentano come improvvisi e inaspettati? E’ questo uno dei dilemmi che da sempre hanno caratterizzato la vita dell’uomo, essere razionale per eccellenza. -taglio- A rigor di logica, la programmazione può ottenere buoni risultati in quanto le azioni dell’uomo in tal modo non sono impreviste, non creano spiazzamento e dunque garantiscono un certo livello di tranquillità all’uomo che programma; dall’altra parte, il navigare a vista rende l’esistenza più bella, più varia, più originale. Insomma, siamo di fronte al viaggio in crociera da un lato e l’incursione nelle acque marine con un piccolo natante dall’altro. Per avere elementi che possano dirimere la questione ci affidiamo agli aforismi coniati dagli antichi Latini che fungono da orientamento nel gran mar dell’essere della questione. Ad esempio, il filosofo Lucio Anneo Seneca nelle “Epistole a Lucilio” (76, 34) scrive: “Il colpo di un male previsto arriva con minor forza” e, dunque, è fronteggiato meglio. In realtà, l’autore usa il participio perfetto “pre-pensato” per evidenziare l’azione razionale e cognitiva che l’uomo compie quando concepisce un piano o fornisce una risposta a un dilemma. Questo concetto di Seneca dovette suscitare interesse in Dante, il quale nella “Divina Commedia” (“Paradiso”, XVII, 25-27 scrisse, con un’operazione di transcodificazione: -taglio2- “la voglia mia saria contenta/ d’intender qual fortuna mi s’appressa:/ ché saetta vien più lenta.” Accanto alla succitata massima razionalista si può collocare un aforisma famosissimo di Quinto Orazio Flacco, che recita: “Carpe diem” (“Odi”, 1, 11, 8; traduzione “Cogli l’attimo”), a cui va aggiunto il seguito della frase (“confidando il meno possibile nel domani”). Dunque, il problema risiede nel fatto che non è concesso all’uomo di conoscere il futuro, né di orientarlo o, addirittura, di determinarlo. L’uomo può intervenire solo sulla sfera del tempo presente: ed è meglio che si abbandoni qualunque ipotesi di conoscere il futuro. Il Tempo ci sfugge di mano, come la sabbia rotola nella clessidra, come le onde si infrangono sugli scogli, come la sequenza dei giorni vola sui fogli del calendario. Lo stesso verbo usato da Orazio (“carpere”) assomma in sé molte delle riflessioni suesposte: esso è un vocabolo fortemente evocativo a livello fono-simbolico, con la “a” che indica meraviglia, con la “r” che esprime il rotolare del tempo e con la “e” che allude alla Bellezza della Vita, costituita dai ricordi del Passato, dagli attimi fuggenti del Presente e dalle speranze del Futuro.





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