logo-rubriche

Poche e moderate passioni

di Franco Salerno

Numero 198 - Aprile 2019

Questo è il messaggio di Lucrezio e di Orazio che ci insegnano ad eliminare il superfluo


albatros-poche-e-moderate-passioni

“Less is more” (“Poco è meglio”) sta diventando una delle massime più diffuse di questi nostri tempi travagliati e incerti. Recentemente è stata impiegata anche per diffondere la necessità (o la moda?) di costruire (e comprare) casette di dimensioni ridottissime, addirittura di 8-10 metri, che costano poco e non danneggiano l’ambiente. -taglio-Anche uno degli ultimi rapporti di Greenpeace “Meno è meglio” evidenzia che, se vogliamo evitare gli impatti più gravi dei mutamenti climatici e rispettare l’Accordo di Parigi, dobbiamo dimezzare produzione e consumo globale di carne e prodotti lattiero - caseari entro il 2050. Gli allevamenti, infatti, determinano inquinamento del suolo, dell’acqua, in particolare con azoto e fosforo, e dell’aria, soprattutto con emissioni di ammoniaca e polveri sottili. Ma ci chiediamo: “È proprio vero che ‘Meno è meglio’?” Forse sì, se interpretiamo correttamente i classici della letteratura latina. Una rapida incursione in questo campo ci squaderna le idee al riguardo di almeno due poeti del I sec. a. C.: Tito Lucrezio Caro (98/96 - 55 a. C.) e Quinto Orazio Flacco (65-8 a. C.). Lucrezio, autore del poema filosofico De rerum natura, cercò di liberare l’uomo dalla paura degli dèi e della morte, svincolandolo dalle potenti passioni che turbano l’animo. L’amore stesso, passione nobile e fondante dell’umana esistenza, è visto come un sentimento eccessivo, che sconvolge la mente umana. Nel quarto libro, infatti, egli scrive che paradossalmente, proprio nel momento culminante del rapporto amoroso, l’amante avvinghia al suo corpo la creatura amata, provocando dolore al corpo di lei, giungendo a mordere a sangue le sue labbra, inchiodandola a sé con intensi baci: in quel momento,-taglio2- lascia capire il filosofo-poeta, l’uomo è dominato, quasi agìto, da un piacere non puro, anzi da oscuri impulsi guidati dallo strano connubio di Amore-Morte. Le passioni eccessive, dunque, anche se profondamente e sinceramente sentite, sono causa di dolore e vanno limitate e frenate: il superfluo, insomma, va eliminato. E superflue sono, per Orazio, anche le “lunghe speranze”, quelle relazionate ad un lontano e utopico futuro, come egli ammonisce nella famosa Ode del Carpe diem. “Il segreto dell’esortazione di Orazio -ha scritto Mauro Bonazzi- è tutto in questo invito a riappropriarci di noi qui e ora: non tanto vivere ogni attimo come se fosse l’ultimo, ma come se fosse il primo, riscoprendolo in tutta la sua enigmatica bellezza. Non c’eravamo e non ci saremo; l’universo intorno a noi si dispiega immenso, incomprensibile, forse privo di senso. Ma intanto noi siamo qui, senza un perché, magari, ma comunque presenti e pronti a godere di questo spettacolo che si para davanti ai nostri occhi. Siamo liberi di agire e di vivere”. Il saggio, per Orazio, è l’uomo che vive nel presente, che accetta virilmente e non passivamente lo stato reale delle cose: il suo godere non è schiavitù dei piaceri, ma è dominio sui piaceri stessi. Che vanno vissuti, ma con moderazione e controllo razionale.





Booking.com

Booking.com