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Peace Culture

di Lucia de Cristofaro

Numero 230 - Maggio 2022

Guardando gli scenari della guerra in Ucraina, alle porte di una Europa del 21esimo secolo, sembra di fare un viaggio nel tempo ritrovandosi a metà novecento, quando altri carri armati, altre bombe innescarono quella che leggiamo nei libri di storia come Seconda Guerra Mondiale


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Guardando gli scenari della guerra in Ucraina, alle porte di una Europa del 21esimo secolo, sembra di fare un viaggio nel tempo ritrovandosi a metà novecento, quando altri carri armati, altre bombe innescarono quella che leggiamo nei libri di storia come Seconda Guerra Mondiale. -taglio-A 77anni dalla fine di quella guerra, tante guerre hanno ucciso milioni di persone, guerre lontane dalla vecchia Europa e che apparendoci circoscritte non hanno preoccupato i governi. E’ la conferma che l’umanità non riesce a cancellare dalla propria storia e dalla propria contemporaneità la parola, che solo a sentirla fa raggelare il sangue: “GUERRA”. Pubblichiamo in questo numero un lungo reportage di una giornalista e scrittrice ucraina, Tatiana Gudima, la sua voce unita alle altre voci di chi ancora adesso, mentre scriviamo, continua a vivere sotto i bombardamenti, o di chi è stato costretto a lasciare tutto per mettersi in salvo, non ci può lasciare indifferenti. Così come non ci può lasciare indifferenti il fatto che la guerra attualmente in atto è il risultato di una aggressione di una superpotenza, che attacca con atroce violenza una nazione libera e democratica. Da più parti si sentono opinionisti che giustamente inneggiano alla pace, ma non si è ben capito se questa pace la si vuole solo perché preoccupati di poter essere colpiti a nostra volta e quindi la resa dell’ucraina sarebbe un sospiro di sollievo o perché non si può tollerare che uno Stato possa di punto in bianco pensare di occupare e iniziare una guerra con un altro e quindi è necessario sì sedersi ad un tavolo di pace, ma con una strada ben precisa da percorrere che faccia da garante allo Stato aggredito. Molte sono, poi, le discussioni sulle sanzioni da applicare certamente, sempre per i “ben pensanti”, ma senza sconvolgere la nostra economia, perché di problemi proprio non ne vogliamo. Ecco che ritorna la solidarietà condizionante, ovvero siamo solidali, ma se dobbiamo fare sacrifici per qualcun altro, beh! Siamo poco propensi. I “buonisti”, poi, quelli che supportano gli artisti e gli sportivi russi, che in questo momento stanno anche loro subendo le sanzioni di non partecipazione ad eventi artistici e sportivi, non riflettono, secondo me, ma è solo un pensiero a voce alta, sul fatto che Putin non ha aggredito l’Ucraina, in modo feroce, uccidendo una popolazione inerme ( i video e le foto grazie ad un mondo globalizzato li abbiamo visti tutti quasi real time) a nome proprio, con un esercito personale, ma lo ha fatto in qualità di , -taglio2-presidente della Federazione Russa, che guida dal 7 maggio 2012 al suo quarto mandato (non consecutivo), avendo ricoperto precedentemente la carica dal 1999 al 2008, ed essendo stato anche primo ministro dal 1999 al 2000 e di nuovo dal 2008 al 2012. Ciò significa che l’aggressione è in nome del popolo russo. Ecco che ci chiediamo, perchè: Valery Gergiev ( direttore d’orchestra licenziato dall’Orchestra di Monaco), Daniil Medvedev, Andrey Rublev, Karen Khachanov e Aslan Karatsev (Tennisti esclusi dai tornei internazionali), come tanti altri cittadini russi che vivono in Occidente ( diversi già lo hanno fatto), non dichiarano la loro dissidenza all’aggressione e alla guerra, perché non protestano quotidianamente davanti alle ambasciate del loro paese la Russia, per mostrare chiaro il loro grido contro la guerra, contro il genocidio che sta avvenendo in Ucraina. Troppo facile dire che l’Arte e lo Sport sono estranee alla politica, esse sono vissute da uomini e donne che vivono nel loro tempo e devono esprimere la loro opinione e non possono essere considerate vittime innocenti di una politica che non gli appartiene. All’indomani dell’aggressione, quasi ignorati dai media occidentali e chiaramente del loro paese, oltre 4000 intellettuali e artisti russi, coraggiosamente, sottoscrivevano un appello contro l'invasione del presidente Vladimir Vladimirovich Putin in Ucraina, dal titolo: "Se solo non ci fosse guerra!". Tali intellettuali affermavano: "Alla Russia non serve una guerra contro l'Ucraina e l'Occidente. Nessuno ci minaccia, nessuno ci attacca. La politica che promuove la guerra è immorale, irresponsabile e criminale, e non può essere proclamata in nome del popolo russo. Questa guerra non ha obiettivi legali o etici, i cittadini russi sono ostaggi di un avventurismo da gangster che ha travolto la nostra politica estera...". E allora è arrivato il momento che le voci dell’altra Russia si inizino ad alzare, si aggiungano ai quattromila per diventare milioni e dire, così al mondo intero, che Putin non è la Russia e gridare a gran voce la parola “PACE”.





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