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Parole e opere

di Maresa Galli

Numero 236 - Dicembre-Gennaio 2023

Manlio Santanelli presenta “Variazioni Senza Tema” al Teatro San Ferdinando, il suo nuovo libro corredato dalla mostra di Carmine Luino


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Manlio Santanelli ha presentato il suo nuovo libro, “Variazioni senza tema. 10 racconti” (Caracò editore) al Teatro San Ferdinando di Napoli. Ha moderato l’incontro la giornalista e autrice Katia Ippaso, con letture degli attori Federica Aiello, Stefano Jotti e Fabio Cocifoglia, interventi di Nino Daniele e Yvonne Carbonaro. Il volume è illustrato da Carmine Luino, curatore della mostra delle sue opere che corredano il volume, “Dieci racconti X Dieci illustrazioni”,-taglio- visitabile al teatro di piazza Eduardo De Filippo fino al 6 gennaio 2023. La prefazione è di Maria Teresa Chialant. Storie grottesche, surreali, nello stile di Santanelli dalla formidabile lingua sapiente, inventiva e immaginifica, che trasporta il lettore in altri mondi, con un piacevole straniamento, facendogli compiere un salto tra realtà e fantasia. I suoi dieci, irresistibili racconti partono da una “piazza della divaganza” per stupire con esiti inimmaginabili, mai banali o scontati, grazie ad una lingua coltissima, nuovissima, ricca di neologismi, polisemie e calembour. Ne “Il fachiro Burhma” e “Il rumore della città” si legge il suo rapporto con Napoli, con la sua storia delle origini, con la sua Repubblica Napoletana, con il suo popolo e con la plebaglia, per comprendere la perdita della sua armonia. Il teatro dell’assurdo è immaginabile nei racconti “Il pertuso” e “Liberalità”, dai risvolti tragicomici, imprevedibili, dove esplode l’elemento perturbante di freudiana memoria. E “attori non protagonisti” sono le lumache “da corsa”, l’anaconda e la mangusta, i volatili che cambieranno le scelte di vita dei coniugi Colletta. La letteratura cara a Santanelli, lettore bulimico a appassionato, è quella dei contemporanei, dei classici e degli autori sudamericana, “che hanno fatto della loro dimensione fantastica la loro base realistica”, afferma il drammaturgo. Nel capitolo sull’anaconda (“Un necessario trasloco”) Santanelli si diverte a contaminare Napoli con l’Amazzonia, con la sua esotica foresta… Fortemente simbolico è “La cabala (o come non sottovalutarla)”, l’ultimo capitolo che richiama alla memoria la psicoanalisi e lo stadio dello specchio, dove il bambino che si riflette nello specchio riconosce la propria immagine e prende coscienza di sé. In questo racconto l’autore non parla di creazione ma di annullamento. Perdere l’immagine di sé è la punizione, per gli uomini, per aver osato sfidare la divinità, affetti da inconsapevolezza, con la separazione dolorosa del tempo mitico e felice dell’infanzia, di ungarettiana memoria. -taglio2- Nello specchio si legge la dissoluzione dell’umano fagocitato dall’immaginazione del presente che pian piano divora memorie, sogni, possibilità di nuove rappresentazioni. Esilarante il capitolo su “Il pertuso”, su un episodio che occorre a Cenzina la “zarallara” finita in un cunicolo stradale. Pompieri, monache “clausurate”, folla partecipante sono gli altri protagonisti del delizioso episodio mica tanto dell’assurdo!... E i suoi racconti possiedono un altro elemento, quello musicale, e possono essere letti come dieci sonate o come un’unica opera sinfonica, un’avventura sensoriale e fonetica grazie a parole inventate che conducono in territori inesplorati. “Non ho nessun messaggio da comunicare!”, sottolinea con la consueta ironia lo scrittore che privilegia, al raccontare storie, il “come”, la forma del racconto che apre sempre a nuove forme, in una sorta di hegelismo imperfetto nel quale tesi e antitesi non si ricompongono in una sintesi. “Lavoro sull’ironia – afferma – sull’ìlaro-tragedia, da pessimista radicale e illuminista miscredente, come lo definisce con affetto e stima Nino Daniele, riconoscendo che il suo è un inno alla vita, come il suo rapporto con Napoli fatto anche d’amore. Nelle piacevolissime pagine si legge lo spessore del drammaturgo, la sua fine scrittura (ogni parola, virgola, pausa è pesata, fa la differenza) di stampo europeo, pinteriana, kafkiana, borgesiana, che ama scuotere l’ovvietà dell’esistenza con le sue forme ipostatizzate, riportandone a galla il perduto senso del tragico che abbiamo rimosso dalla coscienza e dalla cultura. Con ironia, col gusto del paradosso, con calviniana leggerezza. Santanelli sta già dedicandosi e nuovi racconti, alla maniera del Basile, con altri pastiche linguistici, per incantare con le parole che trasformano anche un condominio in un luogo altro, cambiando di segno oggetti e situazioni del quotidiano, interessato “a quel viaggio misterioso di cui si conosce solo l’andata, non il ritorno”.





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