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Parlare chiaro

di Pasquale Matrone

Numero 236 - Dicembre-Gennaio 2023

Che vuol dire fedeltà, puntualità, cautela, giustezza, rigore critico e metodologico nelle scelte linguistiche


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Mirare alla chiarezza, quando si parla. Sempre. Tanto più quando lo si fa in pubblico, sia dal vivo che attraverso i media. Le parole servono a fare luce sui fatti, a rappresentarne senso struttura e connotazioni. Operazione, questa, delicata, che richiede adeguata e propedeutica acquisizione di competenza lessicale, grammaticale, sintattica, retorica... Acribia verbale, innanzitutto. -taglio- Che vuol dire fedeltà, puntualità, cautela, giustezza, rigore critico e metodologico nelle scelte linguistiche. A scanso di equivoci, va sottolineato altresì che il termine retorica non rimanda a quell’operazione artificiosa, povera di sostanza, fondata su pose formali, vuote, prive di corrispondenza con valori reali: tattica mistificatrice che, servendosi di banali luoghi comuni, tende a confondere l’uditorio per condizionarlo e dirigerne la volontà a proprio piacimento... Essa, al contrario, è l’arte di parlare e scrivere con esattezza e senza enfasi, da usare non per ingannare bensì per istruire, persuadere, dilettare e commuovere. Ne consegue che l’oratore onesto, conscio della valenza etica sociale e politica del suo ruolo, non improvvisa, bensì si prepara: esplora con diligenza e rigore il tema da trattare; individua lo stile appropriato (umile, medio o alto) e i ragionamenti utili a illustrarlo; dispone, -taglio2- in sequenze funzionali prove e documenti; sceglie il linguaggio adatto alla questione e al pubblico; memorizza i punti nodali del suo intervento; si allena, infine, sui toni e i gesti da usare per raggiungere il suo scopo. Gli ingredienti adatti a rendere la comunicazione lineare ed efficace sono: la coerenza; l’assenza di ambiguità; l’attitudine a dire la cosa giusta al momento giusto; la consapevolezza degli effetti psicologici delle parole; l’uso sorvegliato e sobrio di metafore sempre mirate a rendere visibili i fatti narrati e a stimolare l’immaginazione; l’impiego moderato dell’ironia; la capacità di dare al tutto il ritmo e i tempi necessari a tener viva l’attenzione, senza annoiare con digressioni autoreferenziali o superflue; il rispetto della durata prevista; l’abilità di suscitare nella gente il desiderio di continuare ad ascoltare; la consuetudine di concentrare nel finale, riassumendoli per sommi capi, i passaggi più significativi e avvincenti del proprio intervento. L’oratore, mosso dalla voglia di comunicare e dall’intenzione di farlo in modo leale, rivela di aver ben compreso che parlare chiaro vuol dire usare la parola solo a sostegno della verità, del bene, della giustizia e, quindi, della felicità di tutti





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