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Nicola Samorì

di Joanna Irena Wrobel

Numero 207 - Febbraio 2020

Alla scoperta di uno dei più dinamici, apprezzati e richiesti artisti italiani contemporanei


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Una originale maniera di prediligere le contaminazioni, una profonda conoscenza delle antiche tecniche pittoriche, una perpetrata incoscienza come mezzo indispensabile per osare, sono i segni distintivi dell’arte di Nicola Samorì (1977, Forlì). Uno dei più dinamici, apprezzati e richiesti artisti italiani contemporanei, si è formato all’Accademia di Belle Arti di Bologna. -taglio- Pittore, scultore, incisore, accorda in una maniera singolare, una straordinaria potenza espressiva, strettamente legata all’estetica teatrale e scenografica dell’arte rinascimentale e barocca, alla gestualità incontrollata dell’Informale. La sua ricerca stilistica parte dallo studio minuzioso delle tecniche e dei medium pittorici adoperati dagli artisti del Cinquecento e del Seicento, dove luci ed ombre fanno da padrone e dove la figura umana diventa unico protagonista. Samorì sviluppa un modo personale di relazionarsi con le opere del passato, sabotando coscientemente tutti i codici, pensabili e riconosciuti, con incursioni che sanno di cesura e rifiuto totale, o con gli interventi minimi e, a dir poco, inspiegabilmente gentili. I suoi lavori, sia le composizioni pittoriche, che le sculture, testimoniano la persistenza di una forte impronta dell’inattuale nell’arte contemporanea. Il dialogo, tra il passato e il presente non è sempre pacifico e il confronto diventa, costantemente, più critico e serrato. Nicola Samorì indaga, ininterrottamente, l’azione del tempo sui “classici” dell’arte, sul nostro reale rapporto con il passato, sui luoghi di conservazione e fruizione come musei, sul ruolo dell’arte in generale, come componente vitale della crescita di ogni individuo. Le opere dell’artista romagnolo spesso vengono esposte nelle maggiori pinacoteche in contrappunto al passato, con l’obiettivo preciso di stimolare un dialogo e sollecitare una profonda riflessione. Molti lavori creano un insieme di “opera in opera”: dove i manufatti vivono di una continua e durevole osmosi, che le costringe a imitare la sostanza dell’altra, in una perpetua compenetrazione della pittura nella scultura e viceversa. L’arte del Samorì è basata sulla grande perizia pittorica, che diventa un elemento primario e indiscutibilmente valido del suo operare. Dalla pittura su tavola (o tela) all’affresco, dalle lastre di rame alle pietre dure, amalgama e integra varie peculiarità materiche con risultati inediti ed insperati.-taglio2- La pittura si avvicina alla scultura, acquisendo una tridimensionalità attraverso gli interventi sulla superficie pittorica. La scultura tende a liquefarsi, nel tentativo di smaterializzarsi, annullando la propria forza e forma. Dalla dissoluzione alla rinascita, passo dopo passo, si fluttua in una continua ricerca interiore e retorica, provando di cancellare ciò, che già esiste, per infondere una vita nuova con una parziale distruzione di quanto precedentemente creato. Le opere del Samorì pur basandosi sulla tradizione, la trasformano, la reinterpretano con interventi violenti e radicali: abrasioni, forature, asportazioni di alcune parti pittoriche. Gesti tormentati, repentini, non calcolati, danno vita a delle immagini inedite e ad una nuova espressività caratterizzata da un linguaggio prettamente contemporaneo. Molti dipinti sono popolati da figure con visi indefiniti, inesistenti, spesso sfregiati o cancellati, dissolti o diluiti. Gli esseri senza volto vogliono essere una prova di captare il logorio delle immagini classiche, spesso fossilizzate nei musei impolverati e condannate, inesorabilmente, a svanire presto nella memoria umana. Una sorta di provocazione silente, nello sforzo di stimolare una rilettura contemporanea della storia dell’arte, spezzando un usuale e, fin troppo elementare, filo della consueta narrazione. L’ultimo viaggio creativo di Nicola Samorì è dedicato a Napoli, alla sua storia, alle stratificazioni del tessuto urbano, dimenticando gli aspetti conservativi ed esaltando la forza continua di trasformazione e di rigenerazione. Nei recenti lavori dell’artista romagnolo, gli elementi naturali del territorio campano, come lapilli, terrecotte, terra vulcanica, giocano il ruolo delle materie primordiali. La loro addizione in una coesistenza non occasionale, fa nascere opere di grande impatto visivo. Un percorso emozionale dall’antico al contemporaneo, attraverso i miti e la storia, immaginando il Vesuvio come materia base della città, che con le proprie colate pervade le strade e il suolo, disseminando le tracce, che inesorabilmente diventano parte integrante della terra che calpestiamo.





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