L’attrice ci racconta i ricordi degli inizi e di una grande carriera, oltre ai recenti successi ed alla prima dietro la cinepresa. Con un amore per l’arte che continua ad essere infinito…
La sua carriera cominciò del tutto casualmente quando, appena quindicenne, Giorgio Strehler la volle a tutti i costi nel cast della trasposizione teatrale de “Il giardino dei ciliegi”. -taglio- Da allora, la carriera d’attrice di Monica Guerritore non si è più fermata, raccogliendo enormi successi non solo a teatro, ma anche al cinema, in televisione e nell’ambito di prestigiose kermesse come Marateale e Premio Kineo. Alla vigilia del suo imminente debutto da regista di un film incentrato sulla vita di Anna Magnani, intitolato Anna, la cui anteprima si terrà alla 20 edizione della Festa del Cinema di Roma, la Guerritore – che di recente ha ottenuto consensi accanto a Giacomo Gianniotti nella discussa serie Netflix “Inganno”, dove interpreta il ruolo di una donna sessantenne che vive una seconda giovinezza grazie a una relazione con un uomo più giovane di lei – si racconta a cuore aperto. Monica, come nasce la tua passione per la recitazione? “Inizia intorno ai quindici anni, anche se non avevo nessun tipo di attitudine verso questo mestiere. D’altra parte, a quell’età non si può avere una grande attitudine verso qualcosa che non si conosce, e nemmeno si può avere consapevolezza di quel tipo di lavoro. Al massimo io potevo averne un’idea vaga. L’unica cosa che avevo era questa passione per i bei film e spesso, quando ero a casa la mattina, facevo finta di star male per poter vedere quelli che trasmettevano in televisione. Perché la televisione, una volta, cominciava alle cinque del pomeriggio e prima mandava in onda le prove di trasmissione. E queste prove consistevano proprio nella messa in onda di film tra i più belli al mondo. Ogni volta che mi imbattevo in quelle pellicole, ricordo che ero molto suggestionabile, nel senso che avevo una naturale predisposizione a entrare nelle storie. Tra l’altro, così è cominciata la mia carriera.” La tua carriera inizia con Giorgio Strehler… “Per me c’è stato sicuramente l’intervento divino di un angelo, qualcosa che mi ha portata proprio nel luogo giusto. Ho cominciato del tutto casualmente, perché un giorno di dicembre a Roma, quando frequentavo un collegio, una mia amica – che a sua volta seguiva una scuola di teatro – mi disse: “Monica, io vado a Milano a fare un provino per Giorgio Strehler, che cerca una ragazzina di 15 anni per interpretare la figlia di Valentina Cortese ne Il giardino dei ciliegi”. A quel punto le risposi che mi sarebbe piaciuto accompagnarla, perché poi da Milano avrei raggiunto più rapidamente una località dove sarei andata a sciare. Una volta giunte a destinazione, davanti al Piccolo Teatro c’erano almeno mille ragazze che aspettavano di poter entrare e ottenere la parte. A quei tempi i provini si facevano così. Di fronte a tutte quelle persone, mi resi conto che probabilmente non sarebbe mai arrivato il nostro turno e così tentai un escamotage: finsi di stare male e ci fecero passare avanti, sia me che la mia amica. Riuscimmo così ad accedere a quei provini insieme ad altre ragazze selezionate. Anche se, ripeto, io ero lì solo per accompagnarla. Ricordo ancora che indossavo scarpe da ginnastica, jeans, i capelli corti corti, un impermeabile e avevo con me la valigia, proprio come il personaggio di Anja de Il giardino dei ciliegi, quando torna da Parigi.” E poi cos’è accaduto? “Ricordo ancora una luce accecante e, a un certo punto, una voce disse: “Andate via tutti, resta solo quella ragazzina con la valigia”, che ero io. Se ne andarono tutti, anche la mia amica. A quel punto mi si avvicinò un uomo che mi chiese cosa avessi preparato per il provino. Io fui molto sincera: gli dissi che ero lì solo per accompagnare un’amica e che in quella valigia c’erano i miei indumenti per andare a sciare a St. Moritz. Non lo avessi mai detto: mi urlò contro di tutto, dicendomi che loro erano lì per fare teatro, e mi cacciò via. Naturalmente me ne andai, raccontando poi quella disavventura agli amici che raggiunsi in vacanza. La settimana dopo, però, arrivò nella mia vita un colpo di scena.” Cosa successe? “Tornata a Roma, venni a sapere che Strehler aveva pubblicato sul Corriere della Sera un appello in cui dichiarava chiaramente che non avrebbe cominciato Il giardino dei ciliegi finché non avesse trovato quella ragazzina di 15 anni di cui non conosceva neppure il nome. Io, del resto, non avevo lasciato né un numero di telefono né una fotografia. Ne parlai con mia madre, che mi consigliò subito di contattarlo, spiegandomi che Strehler era importante nel teatro quanto Riccardo Muti nel mondo della musica. Poco dopo mi ritrovai su un treno per Milano e, appena arrivata, incontrai Strehler che, salutandomi, mi chiamò con il nome di Anja, il personaggio che avrei interpretato. Da quel momento non mi sono più fermata.” Da allora, nel corso della tua carriera, hai dato vita a personaggi sempre così intensi e talvolta complessi. Come li scegli? “Mi piacciono quei ruoli che, attraverso la recitazione, possano essere umanizzati. E io cerco di farlo mettendomi nei panni dei personaggi e aiutando il pubblico a comprendere meglio le situazioni in cui si trovano. Credo che questo lavoro di umanizzazione sia molto importante, specialmente in un periodo come quello attuale in cui spesso ci si imbatte in personaggi disegnati o addirittura creati con l’intelligenza artificiale.” Dopo l’anteprima alla Festa del Cinema di Roma, a novembre uscirà nelle sale Anna, il tuo primo film da regista dedicato ad Anna Magnani. Che effetto ti fa? “Sono molto felice di essere riuscita nell’impresa. Mi spiace solo che, per concretizzare un film dedicato alla più grande attrice italiana, ci siano voluti tre anni. Detto questo, il mio non è un progetto che omaggia la Magnani, perché di omaggi lei ne ha avuti tantissimi, giustamente, attraverso libri, documentari e varie opere a lei dedicate. Il mio obiettivo era piuttosto quello di raccontare la sua vita, fatta di continui alti e bassi e di un amore che, anche quando non c’è più, non muore mai.” Oltre a dirigere Anna, nel film interpreti anche la Magnani. Come sei riuscita a calarti nei suoi panni? “Senza mai volerla imitare. Ho offerto tutta me stessa per poter arrivare a lei.” Di recente, hai ottenuto un grande successo con la serie Inganno, in cui hai interpretato Gabriella, una sessantenne che vive una passione rovente con Eros, un uomo molto più giovane di lei… “Sono fiera di aver recitato in questa serie, in cui finalmente si parla della seconda giovinezza di una sessantenne. Direi che, anche solo per questo, Inganno è rivoluzionaria, visto che le altre serie avevano finora raccontato le passioni delle quarantenni. Mi piace l’idea che tante donne, guardando il mio personaggio, possano rendersi conto che la passione non invecchia mai e che ci si può prendere tutto ciò che si vuole a qualsiasi età. Anche per questo, nella serie mi sono mostrata senza filtri e senza coprire le rughe, perché ciò che conta è l’anima e il modo in cui ti vede la persona che hai di fronte.”