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Massimo Proietto

di Tommaso Martinelli

Numero 265 - Novembre - 2025

Nel suo nuovo romanzo “Chi vive d’amore” il giornalista e scrittore, Vicedirettore di Rai Sport, racconta una storia che unisce le sue più grandi passioni, tra coraggio, riscatto e la voglia di non arrendersi mai


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Un romanzo che parla di calcio, ma che in realtà racconta molto di più: l’infanzia difficile di un ragazzo, le prove della vita, la forza dei legami, il coraggio di rialzarsi e la capacità di non smettere mai di credere nei propri sogni. -taglio- Chi vive d’amore di Massimo Proietto e Antonio Barracato, pubblicato da Edizioni Minerva, è un libro che mette insieme passione sportiva e valori universali, capace di emozionare chiunque, anche chi del calcio conosce poco o nulla. Ad aprire il volume è la prefazione di Federica Cappelletti Rossi, presidente della Divisione Serie A Femminile Professionistica Figc, che sottolinea la capacità degli autori di raccontare una vicenda capace di appassionare e commuovere senza forzature emotive, toccando corde profonde e universali. Albatros ha incontrato Proietto, Vicedirettore di Rai Sport, giornalista e Cavaliere al Merito della Repubblica per riconosciute qualità professionali. Come nasce l’idea del libro “Chi vive d’amore”? “L’idea nasce dal desiderio di raccontare una storia che unisse due passioni: quella per lo sport e quella per la vita vera, con le sue cadute e i suoi riscatti. Volevamo mostrare come il calcio possa essere molto più di un gioco: un linguaggio universale, capace di trasformarsi in scuola di coraggio, lealtà e speranza. Chi vive d’amore nasce così, dall’urgenza di tornare a parlare di sentimenti autentici in un mondo dove tutto corre veloce, e dove spesso ci si dimentica quanto contino l’amicizia, la solidarietà e l’amore per ciò che si fa. Dentro un campo si concentrano infatti la fatica, le sconfitte, i momenti di svolta, la gioia della squadra, la solitudine del rigore: tutto ciò che forma un essere umano. Abbiamo voluto restituire al calcio la sua anima originaria, quella che non ha nulla a che fare con i riflettori o il denaro, ma con l’educazione, la lealtà e la solidarietà. Per Paolino il pallone diventa il mezzo attraverso cui affrontare il dolore e ritrovare se stesso. In fondo “Chi vive d’amore” è proprio questo: la storia di un ragazzo che, giocando, impara a vivere.” Com’è stato scrivere un libro a quattro mani con Antonio Barracato? “Un’esperienza umana bellissima. Con Antonio c’è stato un incontro prima di tutto umano, poi artistico. Lui viene dal mondo della poesia e della letteratura, io da quello del giornalismo e dello sport, ma ci siamo riconosciuti nella stessa sensibilità. Abbiamo unito linguaggi diversi: la sua scrittura più lirica, più emotiva, e la mia più concreta, legata al ritmo del racconto e della cronaca. È stato come giocare una partita insieme: ognuno con il proprio ruolo, ma con un unico obiettivo comune. E credo che questa armonia si senta tra le pagine, perché Chi vive d’amore è un libro nato davvero “di squadra”.” Qual è il messaggio che ti piacerebbe arrivasse al pubblico? “Vorrei che il lettore sentisse che la vita, anche nei momenti più duri, merita sempre fiducia. Paolino attraversa il dolore, ma trova nel calcio e nell’amore per gli altri la forza di rialzarsi. Il messaggio è proprio questo: nessuna sconfitta è definitiva, se c’è un sogno da inseguire e qualcuno con cui condividerlo. -taglio2- Mi piacerebbe che chi legge ritrovasse un po’ di sé in questa storia: la voglia di ricominciare, il valore della squadra, il potere dell’amore come motore di riscatto. È un romanzo che parla di sport, sì, ma soprattutto di umanità.” La prefazione è firmata da Federica Cappelletti… “Siamo felici e onorati che Federica Cappelletti Rossi abbia accettato di scrivere la prefazione. La sua sensibilità, il suo percorso umano e professionale, la rendono la persona perfetta per introdurre questo romanzo. Nelle sue parole c’è tutto lo spirito del libro: la forza dell’amore, la lealtà, il valore educativo dello sport. Federica ha saputo cogliere il senso profondo della storia di Paolino, legandola a una visione del calcio che è anche un modo di vivere: passione, impegno, altruismo. La sua presenza dà al libro un ulteriore valore, perché lo colloca dentro una dimensione autentica, umana, non solo narrativa.” Come riesci a conciliare i tuoi impegni di vicedirettore di RaiSport con quelli di scrittore? “Non è semplice, ma è proprio la passione a rendere tutto possibile. Il lavoro in Rai mi porta a raccontare lo sport ogni giorno, a viverlo da vicino, e questo mi regala un osservatorio straordinario sull’animo umano. Scrivere per me è un’estensione naturale di quel racconto: è passare dalla cronaca alla narrazione, dal fatto reale all’emozione. Quando ami davvero ciò che fai, trovi il tempo e l’energia per far convivere tutto. In fondo, il giornalismo e la scrittura hanno lo stesso obiettivo: raccontare l’uomo, attraverso le sue sfide, le sue vittorie e le sue fragilità.” A livello umano e professionale, in futuro quali altri traguardi ti piacerebbe raggiungere? “A livello umano, mi piacerebbe continuare a costruire progetti che abbiano un senso, che lascino qualcosa di buono. Mi interessa sempre più raccontare storie che parlino di solidarietà, di valori, di speranza concreta. A livello professionale sogno di portare avanti sia il lavoro giornalistico che quello letterario, magari con nuovi romanzi che continuino a intrecciare sport e vita. Ma soprattutto vorrei che il mio percorso restasse fedele a ciò che mi ha spinto a iniziare: l’amore per le persone, per la verità delle loro storie, e per quel “gioco infinito” che è la passione di vivere.”





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