La chiave è sperimentare
Ventitré anni fa iniziava il suo sogno americano, un percorso artistico fatto di prove, intuizioni e tanti successi. Dalle origini ad oggi, questo il suo personale racconto…
Marco Gallotta, artista di origini salernitane classe ’74, vive e lavora a New York da ventitré anni. La sua passione per l’arte inizia fin da piccolo, grazie al padre e allo zio. Nella Grande Mela trova la giusta ispirazione e un campo fertile per i suoi primi lavori. La sua tecnica, il papercut, e le sue idee innovative, gli daranno l’attenzione dei più importanti marchi americani e non. Marco è un artista poliedrico, che si è fatto strada grazie alla sua curiosità e alla sua voglia di raccontare e raccontarsi, di emergere. Nella sua carriera ci sono tappe importantissime, come la partecipazione alla 77esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, con “Waiting for Woody”, e collaborazioni con Chanel, Vogue, Campari, Timberland, Nike e figure come Ennio Morricone e Will Smith. Insomma, la sua carriera parla per lui, ma l’artista ha un viaggio da raccontare e il continuo ancora tutto da scrivere. Abbiamo chiacchierato con lui del sogno americano, della sua arte, della genesi delle idee, dato qualche consiglio ai giovani ambiziosi e molto altro… Facciamo un salto nel passato e partiamo dall’inizio. Come si è manifestata la tua vocazione per l’arte? “In realtà, sono sempre stato appassionato d’arte da quando ero piccolo. Mio padre amava l’arte e quando viaggiavamo visitavamo musei, gallerie, e mi ha aperto a questo mondo. Poi mio Zio era un artista e spesso lo guardavo lavorare. Attraverso loro ho capito che questa era una passione importante in me, e fin da subito ho creduto di voler far questo. Poi, quando si tratta di arte, è qualcosa che viene da dentro, per cui non è facile – se non impossibile – ignorarlo.” Proprio grazie all’arte, circa 23 anni fa, sei approdato a New York. Ci racconti di questo viaggio? “Si, a New York sono venuto per amore, in realtà. Ho conosciuto una ragazza in Europa, a Ginevra. Lei studiava a New York e mi sono trasferito con lei. Ora è mia moglie, quindi ho fatto bene (ride, ndr). Qui ho trovato una città che sognavo da anni, che mi dava tantissimi stimoli. Poi sempre in questa città ho fatto l’università d’arte ed iniziato a lavorare come freelance illustratore. E questa è la genesi della mia carriera.” Da New York in poi vanti collaborazioni di un certo livello: Chanel, Vogue, Nike, per citarne alcuni. Nonché delle produzioni che ti sono state richieste direttamente da Will Smith. Questa è senz’altro la realizzazione del famoso “sogno americano”, dell’avercela fatta. Tu ti senti così? “Si, anche se non sono ancora arrivato al capolinea ovviamente. Per me questo è un viaggio sempre in evoluzione. L’importante è non rilassarsi mai. Sono sempre alla ricerca di nuove esperienze, nuovi traguardi; in un certo senso mi sento realizzato, però anche sempre alla ricerca. Ho ancora l’adrenalina in corpo, in ogni lavoro che faccio. Questo è naturale ma non così scontato.” Guardando le tue opere si leggono contraddizioni, sovrapposizioni, giochi di colori e scomposizioni; qual è il racconto delle tue produzioni? “La mia tecnica è quella del papercutting. Le mie opere nascono sempre da qualcosa che mi ispira; spesso è la natura, l’acqua, il vento, ed hanno al centro un’idea per attirare l’attenzione dell’osservatore. Sono composte da tantissimi dettagli, perché quando vado ad intagliare pongo molta attenzione ai particolari che rappresentano un po’ la mia ricerca della verità assoluta. Cerco di andare oltre l’apparenza e di ricercare una realtà più profonda.” Gli Stati Uniti non stanno attraversando un periodo felice, quantomeno dalle notizie che arrivano oltreoceano. Gli accadimenti storici ed i cambiamenti politici, sociali e culturali, sono uno spunto di riflessione, uno stimolo o non influiscono sul tuo modo di lavorare? “Influiscono tantissimo. Io sono un po’ apolitico, in certi versi. Ma nel corso degli ultimi quattro anni della storia americana, sono anche sceso in piazza per contrastare questi movimenti. Difatti moltissimi degli ultimi episodi hanno ispirato alcune mie opere. Così come anche la situazione emergenziale che abbiamo vissuto ultimamente non può che essere stata fonte di ispirazione e stimolo, anche artistico. Il fatto di essere stati chiusi per così tanto tempo, senza poter vedere altre persone, mi ha fatto riflettere anche su cose che a volte sembrano normali, accorgendomi di come le cose possono cambiare molto velocemente. Questo concetto di base, quest’idea, ha ispirato alcune delle mie ultime opere. Ognuna nasce da un’idea, per cui sì, assolutamente, ogni dimensione sociale, politica e culturale, si intreccia con il mio lavoro.” Sicuramente ci sono molti, giovani e non, che ascolterebbero volentieri un consiglio da chi, come te, ha fatto così tanta strada… “Beh la strada è stata tanta… Io sono cresciuto a Battipaglia, vicino Salerno, ed è un posto a cui sono ancora molto legato. Questa domanda mi viene fatta spesso ed è facile dire le solite cose come ‘segui i tuoi sogni’, però sono anche consapevole che ci sono delle realtà, anche in Italia, molto difficili. A maggior ragione nel mondo dell’arte. Il consiglio che do, che è un consiglio vero – è quello che ho fatto io – è di continuare a sperimentare, di trovare idee nuove, qualcosa che ti rende unico in quello che fai, perché quella può essere la chiave del successo. È quello che ho fatto io: la tecnica del papercutting non l’ho inventata io però l’ho resa mia, aggiungendo degli elementi nuovi. Ho lavorato tantissimo sul come potermi distinguere ed essere riconoscibile. E l’altro consiglio, naturalmente, è non arrendersi mai, perché in questo campo bisogna affrontare delle sconfitte, che alla fine aiutano sempre. Ancora oggi, nonostante io abbia una carriera avviata, mi ritrovo a combattere con persone che non accettano o non capiscono. È il percorso naturale delle cose.” Quali sono, oggi, gli obiettivi futuri di Marco Gallotta? “Di continuare a creare arte, fare sempre cose che possano essere innovative. Infatti adesso sto lavorando molto anche con la tecnologia combinata all’arte. C’è sempre qualcosa che si può fare. Il mio obiettivo principale è quello di continuare la mia crescita come artista e di poter lasciare un segno positivo. Magari di essere d’ispirazione per future generazioni.”