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Malalai Joya

di Maresa Galli

Numero 199 - Maggio 2019

Attivista, politica, scrittrice, Malalai Joya lotta contro il potere dei talebani in Afghanistan e, soprattutto, si scaglia contro i “signori e criminali di guerra”...


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Attivista, politica, scrittrice, Malalai Joya lotta contro il potere dei talebani in Afghanistan e, soprattutto, si scaglia contro i “signori e criminali di guerra” che siedono in parlamento accanto a lei, nella provincia di Farah dove è nata. Malalai era poco più che una neonata quando i russi invasero l’Afghanistan (1979). Vive con la sua famiglia fino all’età di vent’anni in campi profughi, in Iran e poi in Pakistan. Rientrata in Afghanistan, eletta in parlamento, lotta al fianco delle donne e combatte senza tregua le ingiustizie e la violenza. Dopo il crollo del regime talebano, Malalai diviene delegata della Loya Jirga, il gran consiglio afgano che deve ratificare la Costituzione e, in seguito, è eletta alla Wolesii jirga come rappresentante della provincia di Farah. In parlamento chiede la parola, mettendo in discussione “la legittimità e la legalità dell’assemblea che - afferma - vengono messe in dubbio dalla presenza dei criminali che hanno ridotto il nostro Paese in questo stato. -taglio- Sono le persone più contrarie alle donne. Dovrebbero essere condotti davanti a tribunali nazionali e internazionali. Se anche potrà perdonarli il nostro popolo afgano dai piedi scalzi, la nostra storia non li perdonerà mai”. Da quel fatidico giorno l’attivista è oggetto di continue minacce di morte e di attentati. È stata anche espulsa dal parlamento. Costretta a vivere sotto scorta, può vedere suo figlio di cinque anni raramente, pagando così il prezzo più alto al proprio impegno politico e umanitario. Denuncia la corruzione, la violazione dei diritti umani, la “guerra al terrorismo” della coalizione occidentale, l’occupazione militare, la crescente disoccupazione che colpisce oltre tredici milioni di persone che rischiano di morire di fame. Soprattutto combatte l’accresciuta violenza contro le donne, come dimostrano le spose bambine, i matrimoni forzati, gli stupri, le frustate e le lapidazioni che avvengono ogni giorno. Malalai è anche abile scrittrice, come dimostra con la sua opera “Finché avrò voce”, che racconta il suo impegno militante. Donna straordinaria, spiega che i cambiamenti radicali richiedono molto tempo. -taglio2- Intenzionata, nonostante tutto, a non abbandonare il suo paese, sogna il riscatto del suo popolo, che in passato non ha mai accettato l’occupazione di forze straniere. E confida nell’impegno del popolo, degli studenti universitari, dei partiti democratici. Spera in “tutti coloro che si battono per la giustizia nel mondo, inclusi gli Stati Uniti, contro la crisi economica, contro gli interventi militari”. Questo è il messaggio che rivolge al mondo, la lotta per il rispetto dei diritti umani, per la giustizia e per la pace. A chi dice che oggi le donne in Afghanistan sono libere risponde: “le donne sono libere di chiedere l’elemosina per le strade protette dal burqa; sono libere di prostituirsi per sfamare le loro famiglie; sono libere di vendere i figli per non vederli morire di fame; sono libere di suicidarsi per affrancarsi da umiliazioni, miseria e disperazione. Questi sono i fatti, il resto è solo polvere negli occhi del mondo”. Una grande sfida, certo, ma di sicuro la coraggiosa Malalai non è sola nella grande battaglia di civiltà per l’affermazione dei diritti dei più deboli, lotta che conduce con ardore, sulla propria pelle, al fianco di miglia di attivisti nel mondo.





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