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Luigi Spina

di Joanna Irena Wrobel

Numero 251 - Giugno 2024

Una fotografia che si mette al servizio della storia antica, delle architetture d’epoca romana, mette in luce i manufatti conservati nei depositi museali provenienti dagli scavi archeologici di Ercolano e di Pompei


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Uno sguardo che sa suggestionare e tradurre l’antico splendore in contemporaneità, una continua ricerca di bellezza mitica e rigenerativa rispetto alla transitorietà della vita umana, una profonda conoscenza dei materiali e del mezzo fotografico, si traducono nelle straordinarie opere di Luigi Spina (1966, Santa Maria Capua Vetere, Caserta). -taglio-Un fotografo raffinato di fama internazionale, dotato di uno straordinario talento, autore di immagini che hanno il dono di trasmettere atmosfere, riti, suoni, sospiri del mondo antico. Da oltre due decenni, Spina va a caccia di scatti inediti, di luoghi noti ed altri talvolta, poco conosciuti, si addentra nei depositi dei musei alla ricerca di tracce di vita, che fanno comprendere e rivivere oggi, i fasti del glorioso passato. I frutti di questa costante ricerca, si palesano in 22 libri d’arte, che sono strettamente legati a numerosi progetti artistici e ad una serie di campagne fotografiche sui tesori dell’archeologia. L’ultimo di questi volumi, intitolato “Interno pompeiano” è stato decretato dal Financial Times, il miglior libro dell’anno 2024 nel settore “Architettura e design”, mentre il Premio Internazionale di Archeologia Amedeo Maiuri, di quest’anno, ha decretato Spina il miglior fotografo del settore. L’uso del bianco e del nero è alla base dell’intero processo creativo dell’artista. La sua fotografia si mette a servizio della storia antica, delle architetture d’epoca romana, mette in luce i manufatti conservati nei depositi museali provenienti dagli scavi archeologici di Ercolano e di Pompei. Oggetti di vario genere: vasi, anfore, utensili, pezzi di pane carbonizzato, diventano tracce evocative di un attimo tragico, della fine di un mondo, di una catastrofe immane. La ricerca artistica di Spina, nel corso degli anni, è sempre basata su un progetto concreto, finalizzato a comporre un libro, una sua grande passione, da sempre. I temi prediletti delle immagini scattate sono i siti archeologici, i legami tra l’arte e la fede, le tracce delle antiche identità culturali, il confronto fisico con la scultura classica. Il filo conduttore, che caratterizza tutte le opere è un costante inno alla bellezza, che non è mai fugace e temporanea. Il fotografo campano cerca costantemente di creare un dialogo con il classico, che abbia una sua forza trasversale e che non sia affatto anacronistico. Cosi, il ciclo “L’ora incerta” (2014) con le immagini cariche di una forte suggestione, restituisce alle vestigia dell’archeologia romana l’aura della visione di viaggiatori del Grand Tour, degli artisti di ogni tempo, private dello stereotipato consumismo iconografico dell’odierno turismo di massa. -taglio2-Dopo la silenziosa immersione sensitiva tra i marmi della collazione Farnese, dopo il dialogo con l’antico al Museo Palatino e alla Villa Adriana, Luigi Spina si spinge a fotografare il paesaggio archeologico italiano. Si misura con l’ingombrante eredità degli altri, inquadrando le straordinarie stratificazioni monumentali dell’epicentro dell’arte romana dei Fori Imperiali. Negli anni successivi, prosegue con una singolare rivisitazione di luoghi che appartengono alla memoria di tutti: gli anfiteatri di Pompei, Pozzuoli, Capua e il Colosseo. Un altro interessante progetto, intitolato “Matres”, è dedicato alle preziose statue in tufo raffiguranti divinità femminili, oggi conservate al Museo Campano di Capua: uniche nel loro genere e strettamente connesse con l’identità del territorio casertano, databili dal V al II secolo a.C. Dagli scatti di Spina emerge la significativa relazione delle Madri con il paesaggio, il lavoro, una forte identità culturale. Le possenti figure, sedute come in trono con infanti in grembo, diventano simbolo di un tempo idilliaco in cui l’uomo e la natura vivevano in una perfetta simbiosi. I capolavori scultorei di Canova, i bronzi di Riace, trovano nelle fotografie di Luigi Spina una nuova luce. L’artista riesce a mettere in risalto ogni dettaglio della corposità dei materiali, sublimando il momento in cui la materia, primigenia e oscura, s’illumina nel fragore e nell’esaltazione della creazione. Le affascinanti sequenze di volti, labbra, muscoli danno vita ad un lento movimento di pieni e di vuoti, di ritmi e di pause silenziose. Gli ultimi lavori dell’artista campano, attualmente in mostra al Castel Sant’Angelo di Roma, sono interamente dedicati alle Domus pompeiane ritratte al tempo del Covid. Silenzio, pace, una totale assenza delle presenze umane, fanno apparire gli interni delle case come avvolte in un impalpabile velo di mistero e di magia. Immagini, che ci restituiscono l’anima della città morta ridonandogli miracolosamente una nuova vita. Spina cerca di instaurare un dialogo tra l’interno delle abitazioni e l’esterno. Il tutto, immortalato in condizioni di luce naturale consente di far ammirare gli interni pompeiani in ogni ora del giorno, cogliendo il passare del tempo e delle stagioni.





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