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Lucio Corsi

Nuove avventure

di Sacha Lunatici

Numero 260 - Maggio - 2025

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In attesa di vederlo sul palco dell’Eurovision, guardiamo più da vicino il fantastico mondo di Lucio, fatto di emozioni sempre nuove, immagini surreali e ispirazioni improvvise


C’è chi alla musica affida la voce e chi, come Lucio Corsi, ci mette anche l’immaginazione, l’estetica e il coraggio. Partito da un piccolo angolo della Toscana, ha saputo costruire un universo personale fatto di immagini poetiche, visioni surreali e canzoni che somigliano a racconti. -taglio- Il grande pubblico lo ha scoperto al Festival di Sanremo, dove con “Volevo essere un duro” ha conquistato il secondo posto e il Premio della Critica Mia Martini. Un risultato che ha messo in luce la sua originalità e la capacità di raccontare la fragilità con ironia e profondità. Ora lo attende il palco internazionale dell’Eurovision Song Contest 2025, che si terrà a Basilea dal 13 al 17 maggio. Dopo la rinuncia di Olly, sarà proprio Lucio a portare il tricolore in Europa. Una sfida che accoglie con lo spirito libero e anticonvenzionale che lo contraddistingue, mescolando musica, teatro e immaginazione in una proposta fuori dagli schemi. Lucio, a Sanremo sei arrivato secondo. Te lo aspettavi? “Sperarlo sì, ma non era affatto scontato. Sentivo che il pezzo aveva una forza speciale, mi rappresentava completamente. L’ho portato sul palco con grande convinzione, perché volevo che fosse una presentazione autentica di me al pubblico del Festival. E il risultato ha superato ogni aspettativa. Il secondo posto, insieme al Premio della Critica, sono stati una gioia enorme. E poi condividere il podio con Olly e Brunori Sas, due artisti che ammiro tanto, è stato davvero emozionante.” Durante la serata delle cover hai sorpreso tutti duettando con Topo Gigio. Com’è nata questa trovata? “Volevo qualcosa che lasciasse il segno, qualcosa di fuori dall’ordinario. Quando ho scelto di reinterpretare “Nel blu dipinto di blu”, mi è subito venuto in mente Topo Gigio. È un personaggio legato a quell’epoca, e la sua prima apparizione fu proprio nel 1958, con la voce di Modugno. Mi sembrava un modo tenero, giocoso e anche un po’ surreale per omaggiare un pezzo iconico della musica italiana.” Anche i tuoi look sono sempre un racconto visivo. Ti fai aiutare da qualcuno o decidi tutto da solo? “Ogni scelta estetica parte da me. Non ho uno stylist, mi piace curare tutto in prima persona. L’abito non è solo un abbellimento, ma un’estensione del messaggio. Quando salgo su un palco, voglio che ogni dettaglio – dalla musica al vestito – contribuisca a creare un racconto. Seguo l’ispirazione del momento, ciò che sento e ciò che desidero comunicare. E naturalmente ne parlo anche con il mio team e con Tommaso.” Parliamo proprio di Tommaso Ottomano. Siete una coppia artistica molto affiatata. Cosa vi unisce? “Con Tommaso c’è un legame profondo, fraterno. La nostra amicizia e collaborazione durano da sempre. È uno dei pochi con cui riesco davvero a scrivere, a creare in simbiosi. Quando ho pensato alla mia avventura sanremese, non potevo immaginarla senza di lui. Condividere le tappe importanti con le persone che ti sono state accanto fin dall’inizio è qualcosa di fondamentale.” E la tua famiglia, che parte ha avuto nella tua crescita artistica? “È sempre stata dalla mia parte, ma con un equilibrio raro. Hanno capito subito che per me la musica non era un gioco, ma una scelta di vita. Mi hanno sostenuto con discrezione, senza mai forzarmi. La sera della finale ho chiamato mio padre e lui era a spasso con il cane… mi ha fatto sorridere. Ma la vera tifosa è nonna Milena. È orgogliosissima di me, e sapere che la rendo felice è una delle gioie più grandi.”

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